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Giulio Cardone per la Repubblica
Gli occhi arrossati di chi si è goduto la notte romana, la leggerezza di chi non ha più niente da dimostrare. «Sono una persona fortunata, ho realizzato i miei sogni. E qui ritrovo tanti amici, da Maradona a Totti, nella Partita della pace voluta da Papa Francesco (stasera all’Olimpico, ore 21.15, diretta Raiuno). È importante aiutare gli altri, come le persone di Amatrice colpite dal terremoto. In Italia mi volete bene, è un piacere tornare qui».
Ronaldinho, per lei l’Italia è il Milan. E sta cambiando padrone.
«Difficile immaginare un Milan senza Berlusconi. Ma la vita va avanti, le cose cambiano. Di sicuro è complicato giudicare senza conoscere le situazioni».
Però lei il calcio lo segue ancora?
«Guardo un po’ di tutto, ma non reggo più una partita intera: mi annoio. Mi accontento degli highlights. E a quello italiano preferisco il calcio spagnolo, più tecnico ».
Ma al Milan dei cinesi una bandiera in società la consiglierebbe?
«Maldini sarebbe stato un grande dirigente. Lui è la storia del Milan, ha sangue rossonero nelle vene, conosce tutto di quel club».
Lei a 36 anni si diletta con le esibizioni, Totti invece a 40 gioca in A.
(ride) «Fa bene, io sono felice di quello che faccio, immagino anche lui lo sia. È uno dei piu grandi della storia del calcio».
Ma se tanti calciatori importanti continuano a giocare fino a tarda età, significa che il livello si è abbassato?
«No, significa che gente come me, Totti e Del Piero nasce una volta ogni 50 anni».
Boateng dice che lei, quando ha voglia, è più forte di Maradona e Pelè.
«Ma lui è un amico, abbiamo giocato insieme nel Milan, non vale...».
Il tridente del Barcellona con Eto’o, Messi e Ronaldinho era più forte di quello con Messi, Suarez e Neymar?
«Per me si equivalgono. L’attacco del mio Barcellona era eccezionale, ma io mi diverto molto a veder giocare anche questo Barça. Luis Enrique è bravissimo a gestire il gruppo, è uno dei migliori allenatori del mondo. Iniesta, Suarez e Neymar danno spettacolo sempre. E Messi merita un altro Pallone d’Oro».
Neymar è il suo erede?
«Non è il mio erede, è un mio amico».
Sembra che, come talenti e qualità della nazionale, l’Argentina abbia superato il suo Brasile.
«Non sono d’accordo, il Brasile sforna giovani talenti ogni anno. Come l’Argentina, certo, ma non in misura inferiore. E alcuni sono pronti per la serie A».
In effetti c’è curiosità sul mistero Gabigol, acquistato dall’Inter.
«Perché mistero? Lui ha un fiuto del gol eccezionale, è giovane, farà la storia del club nerazzurro».
Gabriel Jesus sembra più pronto.
«Da gennaio giocherà nel City, ha tecnica e fantasia. Ma approdare in Europa lo farà crescere. Qui si gioca un calcio totalmente diverso, è un altro pianeta, bisogna cambiarementalità e adattarsi in fretta».
Gerson della Roma sta faticando.
«Ho giocato con lui nel Fluminense, con il sinistro fa quel che vuole. Ma ai giovani brasiliani bisogna dare il tempo di ambientarsi, non è facile cambiare tutto».
Felipe Anderson alla Lazio alterna alti e bassi.
«Lui è uno di quei calciatori che piacciono a me perché ha tecnica, velocità e potenza. È completo, non gli manca niente».
E a Ronaldinho cosa manca?
«Nulla, ho vinto tanto e giocato in grandi club, non ho rimpianti. Avevo degli idoli e il giorno dopo magari me li ritrovavo accanto in allenamento, da Ronaldo a Rivaldo, da Romario a Roberto Carlos. Fenomeni. Anche per questo dico che sono fortunato. Ma è stato bello anche giocare con chi aveva caratteristiche totalmente diverse, come Puyol e Gattuso: ci completavamo».
Da grande farà l’allenatore?
«Non ci penso proprio, non è nelle mie corde. Continuerò a fare questa vita, invece: a giocare finché ce la farò».
Il Napoli ha perso Milik, cerca un attaccante. Si candida?
«Quella di Sarri è una squadra forte e mi piace molto, la città è affascinante, ma ormai sono troppo vecchio».
Lo scudetto sarà di nuovo della Juve?
«Le concorrenti sono valide e a me divertono le sorprese: non è detto che i bianconeri vinceranno di nuovo».
Se nella Partita della pace ci sarà una punizione dal limite, la batterà lei o Maradona?
«Decide lui».
E poi alza le braccia come ad arrendersi a chi è considerato perfino più grande di Ronaldinho Gaucho, uno che, come ha raccontato Boateng, prima della partitella dichiarava nome e cognome dei giocatori cui avrebbe fatto almeno un tunnel. E lo faceva, a tutti.
Ronaldinho
la croce di Ronaldinho
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ronaldinho balon de oro
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