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VI SIETE MAI CHIESTI PERCHÉ IN FRANCIA LE PAGELLE DEI GIOCATORI SONO PARTICOLARMENTE SPIETATE, CON VOTI COME 1, 2 O 3, MENTRE IN ITALIA QUANDO UNO GIOCA MALE PRENDE 4? - L'"EQUIPE": "DIECI È PERFETTO, 9-ECCEZIONALE, 8-MOLTO BUONO, 7-BUONO, 6-SUFFICIENTE, 5-MEDIO, 4-INSUFFICIENTE 3-CATTIVO, 2-MOLTO CATTIVO, 1-CATASTROFICO. LO ZERO È PER GLI ANTISPORTIVI O AI VIOLENTI" - I VOTI IN PAGELLA POSSONO ANCHE CONDIZIONARE I GIOCATORI IN TERMINI PSICOLOGICI: FILIPPO INZAGHI TELEFONAVA AI GIORNALISTI PER CERCARE SPUNTI PER LAVORARCI IN ALLENAMENTO, MENTRE MARADONA, DOPO UN 3,5 IN PAGELLA…
Claudio Savelli per “Libero quotidiano”
Le pagelle de L'Equipe, primo quotidiano sportivo francese, sono famose perché particolarmente spietate. È consuetudine vedere dei voti come 1, 2 o 3 che in Italia, invece, sono una sorta di tabù per i giornalisti.
Il nostro sistema di valutazione deriva da quello scolastico ed è prigioniero delle sue contraddizioni: occupa una scala da uno a dieci ma non usa gli alti né i bassi, riducendo lo scarto a disposizione a quattro voti, dal 4 all'8, e aggiungendo i mezzi voti per ripristinare un numero dignitoso di sfumature. Un controsenso. A quel punto, meglio creare un sistema di valutazione alternativo e ambizioso, in grado di offrire una visione meno banale delle partite.
In un articolo online ripreso da Rivista Undici, The Athletic ha descritto i particolari voti de L'Equipe, provando a spiegarne le ragioni e le conseguenze che possono avere sui calciatori. Perché se da un lato quel tipo di valutazione può portare valore al dibattito, dall'altro i giocatori possono risentirne in termini psicologici.
Un noto nome della Premier League, che ha preferito l'anonimato, ha ammesso che «tutti i giocatori danno importanza alle valutazioni dei giornalisti: un voto può farti arrivare perfino a dubitare delle tue sensazioni, della tua analisi critica, quindi della certezza di aver giocato bene o male».
Lorenzo Pellegrini, capitano della Roma, ha di recente spiegato che «se non leggiamo le pagelle sui giornali, le scoviamo sui social». Gigi Riva ha ricordato come la sua conoscenza con Brera, colui che elevò le pagelle a genere letterario, fosse iniziata proprio con un 5. Dagli archivi di Repubblica si legge che Filippo Inzaghi telefonava ai giornalisti per chiedere lumi sui voti: cercava spunti per lavorarci su in allenamento. Si dice che Maradona, dopo un 3,5 in pagella, attese un cronista sotto la sede di una tv privata per dirgliene quattro. Ecco perché non si va più sotto il 4, forse.
SPIETATI
Chissà come avrebbe preso un voto de L'Equipe, allora. Lionel Dangoumau, caporedattore del quotidiano, ha spiegato che «Dieci è perfetto, 9-eccezionale, 8-molto buono, 7-buono, 6-sufficiente, 5-medio, 4-insufficiente 3-cattivo, 2-molto cattivo, 1-catastrofico. Lo zero è riservato agli antisportivi o ai violenti». Spietati. «Non basta segnare un gol per avere un 8 o un 7»: è un punto chiave, questo, perché in Italia il bonus condiziona troppo il voto.
Conta più la prestazione o il gesto? Serve una riflessione visto che una cosa è certa: i giornali non rinunciano alle pagelle perché attraggono tutti: chi le scrive (i giornalisti leggono quelle dei colleghi), chi ne è oggetto (i giocatori, gli allenatori e gli arbitri) e il pubblico. Sono più semplici da capire e veloci da leggere rispetto ad un'analisi. E se il pagellista è capace, attraverso le sue poche righe si vede una partita o la si rivede da un'altra prospettiva. In tal caso, merita un 10. Altrimenti un 2 in stile Equipe.
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