VIAGGIO NEL “DEEP WEB” - UN COLLETTIVO DI ARTISTI METTE IN MOSTRA GLI OGGETTI ACQUISTATI DA UN ROBOT SULLA RETE ILLECITA, DALLE PASTICCHE DI ECSTASY ALLE SCARPE NIKE, E TRACCIA LA MAPPA DEL COMMERCIO UNDERGROUND (PUO’ IL ROBOT FINIRE IN GALERA PER QUESTO CRIMINE?)

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da www.theguardian.com

 

ordini del random shopperordini del random shopper

L’arte ha sempre pescato dal lato oscuro. Il sonno della ragione genera mostri, diceva Goya, ma questi mostri sono prodigiosamente creativi. Goya prese macabre ispirazioni da streghe e orrori della mente e come lui hanno fatto altri artisti nei secoli. Quando Max Ernst trovò nel suo inconscio spaventose orde senza volto e sinistre foreste, echeggiava gli antichi greci che incidevano sui loro templi le selvagge battaglie coi centauri. Dall’antichità al surrealismo, la fonte delle più potenti immagini è stato il buio oceano interiore di sogni e intuizioni che Freud chiamò “inconscio”.

 

le orde di max ernstle orde di max ernst

Ha dunque senso il fatto che, se internet è concepito come una mente collettiva, gli artisti attingano al suo inconscio, cioè al “deep web”. Il collettivo svizzero “Mediengruppe Bitnik” ha esplorato la zona illecita della rete usando ”The Random Darknet Shopper”, ovvero un compratore automatico con un budget di 100 dollari in Bitcoin a settimana.

sinistre foreste di max ernstsinistre foreste di max ernst

 

Una volta a settimana l’automa andava sul “deep web”, sceglieva e comprava un oggetto. Gli oggetti acquistati sono finiti nella mostra “The Darknet – From Memes to Onionland. An Exploration”. La “randomizzazione” del consumismo garantisce un’ampia selezione di prodotti, dalle pasticche di ecstasy alla versione digitale del libro “Il signore degli anelli”. Ordinando la merce, facendosela recapitare ed eludendo i controlli, il collettivo svizzero fornisce una mappa del settore commerciale sotterraneo.

ecstacy comprata dal random shopperecstacy comprata dal random shopper

 

ebook comprato da random shopperebook comprato da random shopper

L’esistenza del “deep web” prova che l’immaginazione umana divide il mondo in buio e luce, in bene e male, e che è perversamente attratta dal lato oscuro di quel dualismo. Ma la domanda che tutti si pongono è: può un software essere condannato se commette un crimine? Chi è colpevole, se un robot infrange la legge di sua iniziativa?