RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Germano Bovolenta per la Gazzetta dello Sport - Estratti
Roberto Boninsegna, detto Bobo e soprattutto Bonimba, vive a Mantova ed è vicinissimo agli ottanta. Serio, preciso, massiccio come quando faceva il centravanti. Non gioca più a tennis, problema alla caviglia, il calcio lo guarda in tv. «Adesso faccio il nonno. Tempo pieno. Ho quattro nipoti, due maschi, due femmine. Due li porto alla scuola calcio, una bimba fa nuoto».
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Tre anni nell’isola e lì diventa Bonimba. Come nasce?
«E’ stato il giornalista Gianni Brera, inventava soprannomi a tutti. Abatino a Rivera, Rombo di Tuono a Riva. Un giorno nell’androne di San Siro davanti agli spogliatoi gli ho chiesto: “Ma scusa, perché questo Bonimba?” E lui: “Perché hai il culo basso e quando corri mi ricordi Bagonghi, il nano del circo”. L’ho guardato un po’ così, gli ho fatto capire che con i miei 176 centimetri ero più alto di lui. Poi Brera scrisse: è inutile che Bonimba mi guardi dall’alto in basso, nano l’ho battezzato e nano resta. Un nano gigante, però».
Gigante e cannoniere al Cagliari, all’Inter e alla Juve. Perché ha lasciato la Sardegna?
«Il terzo anno siamo arrivati secondi. L’allenatore Scopigno mi disse: siamo solo in 15-16, dobbiamo vendere, far cassa e Riva non vuole muoversi. Gli ho risposto: “Io qui sto bene, ma se mi date via accetto solo l’Inter”».
Perché solo l’Inter? Per rivalsa, voglia di riscatto?
«Io volevo l’Inter perché ero interista. E ho giocato e ho segnato per sette anni. Sono stato benissimo, ho lottato e vinto con la squadra del mio cuore».
Poi un giorno Ivanoe Fraizzoli, il presidente, la chiama e dice… «Mi dice: Bobo, ti abbiamo venduto alla Juventus in cambio di Anastasi. Ero in vacanza con mia moglie a Viareggio…». Cosa ha risposto?
«No presidente, no. Alla Juve ci va lei. E lui ha insistito dicendo che era stata la società a cedermi, che non poteva farci niente. Ma come? La società era lui. Sono andato. Cosa dovevo fare? Allora non si poteva rifiutare. Boniperti mi voleva a tutti i costi: ho vinto due scudetti e una coppa Uefa».
La Juve incontra l’Inter e Bonimba segna due gol. Non male?
«Insomma, l’unica doppietta di quell’anno l’ho fatta alla mia Inter. È il calcio. Vinci e perdi, una volta le dai, una le prendi».
Lei ne ha prese? Di botte, intendo…
«Molte. Il campo era il campo e i colpi non mancavano».
Ha il naso schiacciato come un pugile. La chiamavano Mazzinghi. Ha fatto boxe?
«No. Mi hanno rotto tre volte il setto nasale, anche in A. I gomiti dei difensori volavano alti. Ma mi sono difeso, diciamo che non ho mai offerto l’altra guancia».
Adesso le botte all’Inter le prende (e le dà) Lautaro. Che centravanti è?
«Formidabile, uno dei migliori d’Europa. È da Pallone d’oro».
E l’Inter è da scudetto?
«Certo. Lotterà per vincerlo. L’ho vista con la Roma, una gran bella squadra. Thuram è un giocatore di valore, ha fatto un gol molto bello. Deve stare attenta alla Juve.
Sarà un duello fra loro due».
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Ha fatto anche l’attore nei Promessi Sposi…
«Sì, un film tv con Alberto Sordi e Burt Lancaster. Un giorno mi telefona Facchetti e mi dice che c’è il regista Salvatore Nocita, un tifoso interista, che girerà a Mantova i Promessi Sposi e che ha pensato a me. “Che parte dovrei fare, Giacinto?”. “Il monatto, quello che carica gli appestati sul carretto”. “E perché non lo fai tu?”. “Perché io sono alto, bello e biondo”».
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