DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giorgio Gandola per "La Verità"
«Dirà che va a guadagnare il doppio e ci saluta». La frase a mezza voce di Beppe Marotta a un amico somiglia a una bandiera bianca, a una presa d'atto accompagnata da un impotente allargamento delle braccia: Romelu Lukaku sta per andarsene, sta per chiudere in valigia i gol e il cuore, sta per preparare il post con il quale proverà ad accarezzare i tifosi nerazzurri senza risultare ipocrita.
BEPPE MAROTTA CON STEVEN ZHANG
La destinazione è segnata da giorni, Londra sponda Chelsea, il club campione d'Europa che ha messo sul piatto un contratto da 12 milioni in quattro anni per lui (oggi ne guadagna comunque otto) e 120/130 milioni per l'Inter cinese dissestata e costretta a calare le braghe.
«Lo scudetto non si monetizza ma si difende», è lo slogan degli interisti depressi, che a fine luglio si erano convinti che il sacrificio di Ashraf Hakimi sarebbe bastato. Niente da fare, Suning non può più immettere denaro nelle casse nerazzurre, è sotto scacco del governo poco liberal e molto comunista di Xi Jinping e in primavera ha commesso - per un combinato disposto di vanità e di ingordigia - l'errore letale: non vendere tutto a 750 milioni, non abbandonare una partita ormai impossibile.
Così oggi Zhang Jindong non farà nulla per tenere il suo ariete. È costretto allo spezzatino, a mettere sul mercato i gioielli di famiglia (interista) per far sopravvivere la società. E il fondo Oaktree Capital che tre mesi fa ha immesso 275 milioni nell'Inter non sembra avere molto da obiettare: per gli americani un club senza debiti è ovviamente più appetibile per eventuali compratori.
L'affare Lukaku passa sulle teste di tutti, anche su quella di Marotta. Decide il calciatore, che al di là delle dichiarazioni di facciata ha cominciato a vacillare quando ha visto Antonio Conte salutare la brigata dopo il colloquio post-scudetto con Steven Zhang. Adesso tutti comprendiamo meglio quella che fu definita una fuga da primadonna. E la successiva resa di Gabriele Oriali.
Intendiamoci, nessuno rinuncerebbe a una cifra simile a quella scritta sulla proposta da Roman Abramovich, che otto anni fa si lasciò scappare il giocatore per quattro lire e adesso deve sborsare quasi 200 milioni per riaverlo a 28 anni. Capricci da magnate russo che, a differenza dei cinesi, può disporre del proprio denaro, del premio Champions e concedersi aumenti di capitale (come la Juventus della famiglia Agnelli) per ripianare i debiti da Covid e da gestione allegra.
Anche Massimo Moratti ha avvertito qualcosa di strano nell'aria: «Sento parlare di 130 milioni, per il club una vera e propria tentazione. Ma leggo anch'io dai giornali e non ne so molto di più».
A Milano la faccenda è complicata e dentro l'Inter si vivono ore difficili. Marotta è molto arrabbiato, i cinesi gli stanno smontando il giocattolo a 20 giorni dall'inizio del campionato. È vero che 120 milioni (che potrebbero diventare 130 se verrà inserito il cartellino di Marcos Alonso) non si rifiutano mai, ma un grande manager come lui sa perfettamente che da domani mattina gli eventuali candidati a prendere il posto del gigante belga costeranno il 20% in più.
Big Rom è tatticamente insostituibile, Simone Inzaghi sarà costretto a rivedere l'assetto dell'attacco e per non rivoluzionare la squadra dovrà chiedere calciatori non troppo dissimili, in primis Duvan Zapata (che l'Atalanta valuta non meno di 50 milioni) o l'ariete della Fiorentina Dusan Vlahovic; per meno di 60 milioni il patron Rocco Commisso neppure si siede al tavolo.
Si parla anche di Andrea Belotti, che non sta rinnovando con il Torino, e del centravanti dell'Arsenal, Alexandre Lacazette. Ma lentamente ci stiamo allontanando parecchio dall'impatto devastante del partente. Quella di Lukaku è un'operazione monstre. Per l'Inter sarebbe la più importante cessione in termini economici della storia, per il Chelsea l'esborso più grande, record in Premier league.
Il centravanti belga fu ingaggiato nel 2019 per 65 milioni dal Manchester United, dopo due anni il calcolo dell'ammortamento prevede un residuo di 39 milioni. Compreso lo stipendio, la plusvalenza sarebbe di 100 milioni. Tutto questo rimane dentro l'alveo dell'affare economico, ma il ragionamento è asettico e non tiene conto di due variabili sportive da non sottovalutare: l'impatto emotivo sui tifosi (la Curva Nord ha appeso un eloquente striscione davanti alla sede: «Società attenzione, le promesse vanno mantenute») e sulla campagna abbonamenti in corso.
Nell'ultimo decennio il pubblico interista è stato quello che ha portato più denaro nelle casse societarie. E anche se la pandemia ha tagliato del 50% i posti a San Siro, una frenata emotiva è ipotizzabile. Ieri un tifoso vip come Enrico Mentana è uscito allo scoperto: «È la prima volta nella storia del calcio che una società, dopo aver vinto il titolo nazionale, vende i due giocatori decisivi e più quotati sul mercato e lascia andare l'allenatore che l'ha portata alla vittoria».
Senza dilungarsi sugli umori dei diportisti della finanza agglomerati da Carlo Cottarelli nell'azionariato popolare, a margine del probabile addio di Lukaku rimane irrisolto il problema più grande.
Dopo un'estate come questa non è folle immaginare qualche ripensamento da parte dell'ultimo fuoriclasse nerazzurro, Beppe Marotta. Per ora è il baluardo più credibile, aziendalista come sempre, ma sa interpretare gli scricchiolii. E non ci stupiremmo se a bocce ferme togliesse anche lui, da sotto il letto, la valigia.
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