DAGOREPORT - 'STO DOCUMENTO, LO VOI O NON LO VOI? GROSSA INCAZZATURA A PALAZZO CHIGI VERSO IL…
Paolo Ziliani per “il Fatto Quotidiano”
La verità è che dovrebbero arrivare i Caschi Blu dell' Onu, fare un blitz negli alberghi di Doha, caricare gli atleti su tutti gli aerei disponibili e riportarli a casa. Dalle loro famiglie. Sani e salvi.
A distanza di più di un secolo dai Giochi Olimpici di Londra (1908), quando il maratoneta italiano Dorando Pietri, senza più una stilla di energia in corpo, tagliò il traguardo barcollante sorretto da un misericordioso giudice di gara, emozionando il mondo prima di essere squalificato, ci volevano i criminali mondiali di atletica organizzati nel gigantesco forno a microonde del Qatar per rinverdire, stavolta in mondovisione, immagini e drammi dello sport più nobile del mondo. Anche se nessuno ne sentiva il bisogno, a parte i funzionari corrotti che hanno permesso che questo inaudito scempio avvenisse.
Proprio come Dorando Pietri, che a dire il vero centoundici anni fa aveva semplicemente finito la benzina, ai Mondiali di Doha, capitale del Qatar cui i banditi della Iaaf (Federazione mondiale di atletica) hanno appaltato l' organizzazione dei mondiali 2019, abbiamo visto in pochi giorni Jonathan Busby di Aruba, colpito da malore nel finale dei 5 mila metri, compiere gli ultimi duecento metri sorretto di peso da Braima Suncar Dabo, della Guinea Bissau, prima di tagliare il traguardo e stramazzare al suolo; abbiamo visto Sara Dossena, maratoneta azzurra ex triathlon e amante degli sport estremi, svenire al km 13 di gara ("Mi è esploso il fisico, non era una maratona, era una corsa alla sopravvivenza", ha raccontato sconvolta) al pari dell' altra azzurra Giovanna Epis, a sua volta collassata e ritiratasi come il 40 per cento delle partecipanti; abbiamo visto decine di atlete e atleti portati via in sedie a rotelle con borse del ghiaccio sulla testa perché non si corre a 37 gradi con il 73 per cento di umidità se non a rischio della vita;
perché non importa che tu sposti la data da agosto a settembre-ottobre, non importa che tu dia il via alle gare di sera o di notte, non importa che tu metta l' aria condizionata allo stadio (Khalifa, dove si giocheranno anche le partite del mondiale di calcio 2022), con tremila bocchettoni a pompare aria all' impazzata per tenere la temperatura media a 25-26° in una cattedrale pur sempre a cielo aperto. Non ci è scappato il morto, per ora; ma il rischio è altissimo, perché questa non è atletica (dove i tempi e le misure sono tutto, e qui sono impossibili da raggiungere), questo è Rollerball.
Il presidente della Iaaf è Sebastian Coe, 63 anni, inglese, leggendario mezzofondista due volte campione olimpico a Mosca 1980 e a Los Angeles 1984. Sul trono Iaaf Coe siede dal 19 agosto 2015 quando, travolto da inchieste e scandali, fu costretto a dimettersi il francese di origini senegalesi Lamine Diack, 82 anni, a sua volta ex atleta di buon livello (nel 1958 fu campione francese di salto in lungo), presidente Iaaf dopo la morte di Primo Nebiolo avvenuta nel 1999. Arrestato nel novembre 2015 per corruzione e riciclaggio (aveva incassato mazzette per coprire il doping di atleti russi), assieme a due dei suoi 15 figli, Khalil e Papa Massata, fatti assumere alla Iaaf unitamente all' amico avvocato Habib Cissè, Diack aveva messo in piedi, a detta degli inquirenti, "una struttura di governo informale che agiva al di fuori della struttura formale di governo Iaaf".
Così come gli alti papaveri della Fifa, che per denaro hanno venduto al Qatar il mondiale di calcio 2022 (si giocherà dal 21 novembre al 18 dicembre; dopo le centinaia di operai morti per la costruzione degli stadi si punta a non far morire nessun calciatore in campo), Diack fece lo stesso per i mondiali di atletica. Ma se Coe fosse un uomo tutto d' un pezzo, e davvero amasse il suo sport, di fronte a questo inferno dovrebbe urlare: "Fermi tutti, i mondiali 2019 finiscono qui". D' altronde, l' aveva già detto Sydney Pollack: non si uccidono così anche i cavalli?
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