COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Paolo Ziliani per il “Fatto quotidiano”
E fu così che il Commissario finì per essere commissariato. Nel baraccone del calcio italico gli imbrogli sono ormai all' ordine del giorno; e ora che la notizia dell' inchiesta aperta sull' elezione di Miccichè a presidente di Lega, avvenuta come pare nella più totale illegalità, è diventata ufficiale, lo scenario più probabile appare il seguente:
Giovanni Malagò, il presidente del Coni che il giorno dell' elezione (19/05/18) vestiva i panni di Commissario della Lega, rischia il commissariamento del Coni e la perdita della poltrona su cui siede da sei anni; Gaetano Miccichè, presidente di Lega, rischia di essere dichiarato decaduto (o di recitare la parte dell' offeso giocando d' anticipo e dimettendosi); e in quanto ad Andrea Agnelli, presidente Juventus, e a Mauro Baldissoni, vice presidente Roma, sul loro capo pende la spada di Damocle di una squalifica.
Il tarocco della nomina di Miccichè porta in bella evidenza anche la loro firma. Come forse non tutti sanno Miccichè, proposto ai club da Malagò, era ed è ancora presidente di quella Banca Imi che ha come debitori molti presidenti ed era ed è ancora membro del cda di RCS (leggi Urbano Cairo, presidente del Torino). Essendo il conflitto di interessi di evidenza lampante, a norma di statuto avrebbe dovuto essere eletto non a maggioranza ma all' unanimità. Cosa successe invece?
Successe che Agnelli, con la benedizione di Malagò, ne propose l' elezione non a scrutinio segreto (come previsto dallo statuto) ma per acclamazione; la manovra venne sventata dai garanti Mastrandrea e Simonelli che richiamarono tutti al rispetto delle regole; venne quindi effettuato il voto segreto al termine del quale, come da verbale dell' assemblea, Baldissoni rilanciò la proposta di elezione per acclamazione; molti si dissero d' accordo e Malagò, che dell' assemblea era presidente, dichiarò eletto Miccichè e ordinò che i voti non fossero scrutinati ma sigillati in un plico e chiusi a doppia mandata nella cassaforte della Lega.
Un vero e proprio scasso delle regole. Ebbene. Sia pure fuori tempo massimo, i peones della serie A che non si riconoscono nella banda che fa capo ad Agnelli-Cairo-Baldissoni (leggi la cricca Lotito-Preziosi & company) ha denunciato alla Procura Figc l' irregolarità; a farlo è stato il presidente del Genoa Preziosi che sarà il primo ad essere interrogato da Pecoraro (dopo di lui toccherà a Malagò).
Domanda: secondo voi che nome aveva scritto Preziosi sul suo foglietto nel segreto dell' urna? Noi escluderemmo Miccichè. E in ogni caso, un solo biglietto senza quel nome avrebbe reso impossibile la nomina del sodale di Cairo a presidente. Pecoraro ha chiesto di ascoltare i file audio dell' assemblea-truffa e farà, alla fine, quel che Malagò si è rifiutato di fare in sede di votazione, chiederà di togliere il sigillo al plico dei voti e li andrà a leggere: per vedere se il nome di Miccichè figuri su tutti e 20 i biglietti.
Non fosse così, il castello di sabbia crollerebbe miseramente. Oggi i presidenti si riuniscono in assemblea per decidere se accettare o meno la ricca offerta di Mediapro per i diritti tv del triennio 2021-2024, che poi è il vero motivo del contendere. Sarà guerra senza esclusione di colpi tra i filo-Sky (Agnelli) e i filo-Mediapro (Lotito).
Col golpe-Miccichè, il coltello dalla parte del manico sembrano averlo ora i peones. Chi vivrà vedrà.
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