DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Paolo Rossi per la Repubblica
Roma porta fortuna. Non sempre, e non a tutti. Ma per qualcuno è stata l' epifania della propria vita sportiva.
Le statue mussoliniane nel corso della storia, hanno premiato talento e coraggio: possono confermarlo, per esempio, Ilie Nastase che trionfò al Foro nel '70. Fu il suo primo grande torneo, prova generale prima degli US Open '72. Ma altri, in quei magici anni Settanta, usarono Roma come grimaldello per aprire il Roland Garros:
Bjorn Borg nel 1974 e Adriano Panatta nel 1976. Invece Vitas Gerulaitis usò Roma per trovare ispirazione agli Australian Open che, nel 1977, si disputarono a dicembre, ultima prova degli Slam. Potremmo inserire in questa lista Nicola Pietrangeli, che si prese Roma nel '57 e Parigi nel '59, e magari aggiungere che, nel '62, Rod Laver - nella sua marcia verso il Grande Slam - non disdegnò di prendersi anche la coppa romana.
Accadrà lo stesso per Alexander Zverev detto Sascha, neo re degli Internazionali? «Il favorito del Roland Garros è Rafa Nadal, poi c' è Djokovic. Però penso che dovrei mettermi anch' io nella lista dei favoriti». Spavaldo, come può esserlo solo un ventenne.
«Quando avevo undici-dodici anni sognavo di vincere tutti gli Slam: poi ho iniziato ad essere realista quando ne avevo sedici, ma essere Top Ten a vent' anni appena compiuti no, non me lo aspettavo...».
Chi deve ringraziare, questo ragazzone che si muove come una giraffa, ha i capelli da surfista e gioca con indosso un mix di tre collane che pesano cinque chili, di cui una raffigurante il suo segno zodiacale, l' Ariete? Probabilmente quel tentato golpe in Russia del '91 che avrebbe portato all' uscita di scena di Gorbaciov.
Cosa c' entra la politica col tennis e il piccolo Sascha, peraltro non ancora nato? Quel momento storico costrinse i coniugi Zverev, Alexander sr e Irena, provetti tennisti e già genitori del piccolo Mischa, a emigrare ad Amburgo, dove sei anni dopo avrebbe visto la luce l' annunciato numero uno del mondo (Nadal dixit). Un po' come la famiglia Williams, ma al maschile, gli Zverev si sono sempre nutriti di tennis. Lui, ex Davisman e ora coach dei figli, lei maestra in campo. «Una nuova nazione, un nuovo sistema: venivamo da un paese socialista ed entrammo in un paese capitalistico, un' altra vita. Non parlavamo inglese, non parlavamo tedesco.
Abbiamo avuto bisogno di un po' di tempo». Parlavano, fortunatamente, il linguaggio del tennis. È stato sufficiente, mentre in casa l' aiuto è stato collettivo. Mischa, il fratellone, il primo baby sitter di Sascha. «Accidenti quanto era competitivo...». Ma anche lui ha avuto un ruolo decisivo, nel far scattare il magico clic. «Quando ho visto mio fratello vincere ad Halle il torneo di doppio mi si è illuminato il futuro». Era il 2008, Sascha aveva undici anni. Il destino aveva deciso.
Oggi, 2017, Zverev jr ha vinto il suo primo Master 1000, quarto torneo della carriera. Ignora i social, così come le opinioni altrui. «Ascolto solo quattro persone». I gossip non sa cosa siano: lo hanno fidanzato con Bencic, da Roma torna con la coppa e un presunto flirt con Svitolina. Lui, dai suoi (quasi) due metri, si limita a spostarsi il ciuffo biondo. Gli Slam sono il vero amore, per ora.
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