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Carlos Passerini per il ''Corriere della Sera''
Ricchissima, bellissima, spietatissima. La Premier non perdona nessuno, nemmeno chi è stato capace di vincerla due volta a fila. Right or wrong, giusto o sbagliato, queste sono le regole del gioco. Alle quali nessuno si può sottrarre, nemmeno Pep Guardiola, il tecnico che forse più di chiunque altro ha aiutato il campionato inglese a diventare ciò che è diventato, vale a dire il migliore torneo del pianeta. La verità è che, Premier o non Premier, alla fine contano i risultati.
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Il pari contro il Newcastle ha fatto sprofondare il Manchester City a 11 punti dal Liverpool. Una voragine. Vero che siamo solo a inizio dicembre, e che il tempo per coprire quella distanza non mancherebbe, ma l' impressione è che i Reds di Klopp andranno fino in fondo. Il calcio, lo sport, è sempre una questione di motivazioni: il Liverpool non vince il campionato dal 1990, chiaro che la testa ce l' abbia lì. Difficile molli, il titolo pesa troppo.
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Allo stesso modo la testa del City, dopo le due Premier vinte, non può che essere rivolta alla Champions, il vero obiettivo di stagione, la grande ossessione di Pep, che dai tempi del Barcellona non l' ha più vinta. Col risultato che in campionato i Citizens stentano. Probabilmente però nemmeno Guardiola poteva immaginare che i suoi tifosi sarebbero arrivati addirittura a chiedere la sua testa.
È quanto sta accadendo. La protesta è esplosa come mai prima d' ora. Il catalano, che mai era partito tanto male in carriera, è finito nel mirino di gran parte della tifoseria. C' è ovviamente il solito inevitabile hashtag, senza il quale ormai una protesta popolare non è tale: #PepOut. Le critiche social sono feroci: «Sono 10 anni che tifo City ed è dura twittare una cosa del genere, Guardiola sta rovinando il mio club e le nostre tradizioni: licenziatelo prima che sia troppo tardi, la sua carriera gliel' ha costruita Messi. Per favore, unitevi a me #PepOut». Questo è un messaggio morbido.
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C' è chi fa notare i 170 milioni spesi solo nell' ultima estate. Spesi però male, evidentemente. Manca un grande stopper. La difesa che non funziona è una delle chiavi della crisi: 16 gol incassati, più di uno a gara, troppi per puntare davvero in alto.
Guai anche in attacco: Aguero è infortunato e Gabriel Jesus è in crisi. Chissà se Ryanair prenderà in giro di nuovo Pep su Twitter, come fece nel 2017, dopo una sconfitta 4-0 con l' Everton, con una vignetta pubblicitaria: «Scappa da Manchester a sole 7,99 sterline», con la faccia del catalano sull' aereo lowcost che decolla. Non scappò. E poi vinse due volte il campionato. Ora però la situazione è peggiore.
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La Premier è compromessa. «E invece non è finita, il campionato è ancora aperto, lotteremo fino all' ultimo secondo» ha commentato lui dopo il 2-2 col Newcastle. Di certo però inizia a mostrare i segni della pressione. In questi tre anni e mezzo a Manchester si è ingrigito, quasi imbiancato. Anche vincere invecchia. Il suo contratto - 20 milioni di euro netti annui - scade nel 2021. E poi? «Ho due anni di contratto con il City, se non mi mandano via a calci, resterò» assicurava lui nel giugno scorso. Ma da allora qualcosa forse è cambiato, sussurra chi gli sta vicino.
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