Stefano Livadiotti per “l’Espresso”
ANTONELLA MANSI
La voce è stata messa in giro nelle scorse settimane. E ora circola con insistenza nei corridoi del palazzo romano della Confindustria. Dice che il presidente Giorgio Squinzi, 72 anni, potrebbe decidere di non portare a termine il mandato, in scadenza a maggio 2016. E, soprattutto, che in quel caso mister Vinavil lascerebbe il suo posto alla fedelissima Antonella Mansi, oggi nella nutrita squadra dei vice presidenti.
Non è vero niente. Basta prendersi la briga di compulsare lo statuto di viale dell'Astronomia: in base all'articolo 11, se il numero uno in carica molla per qualsiasi motivo allora deve essere convocata entro quattro mesi un'assemblea per la nomina del suo successore. E, nel frattempo, la reggenza va al vice presidente più anziano. Quella della Mansi presidente è una bufala, insomma. Intanto, però, ne è nato un caso.
Senese trapiantata in Maremma, single, 41 anni da compiere, look finto casual e tacchi da condono edilizio, Mansi è soprannominata dai colleghi "la saputella". «In questi mesi mi è tanto mancato un palcoscenico», si è lagnata con un collega nel maggio 2012, appena ottenuti i galloni di vice presidente nazionale dopo essere rimasta senza incarichi confindustriali dal novembre precedente, quando aveva lasciato la poltrona di capo degli imprenditori toscani.
MATTEO RENZI E ANTONELLA MANSI
A termini di regolamento interno, la Mansi non si capisce neanche tanto bene come possa rivestire l'attuale ruolo. Per un motivo molto semplice: di fatto, non ha una sua azienda. È solo figlia dell'azionista di minoranza di una piccolo-media impresa di Scarlino, in Toscana. Suo padre Luigi, un ex manager dell'Eni, insieme a due colleghi ha rilevato nel 1997 dal colosso petrolifero la Nuova Solmine (quella dei fanghi rossi), primo produttore italiano di acido solforico con 75 milioni di fatturato (bilancio 2013).
Oggi l'azienda fa capo alla SolMar, una Spa dove Luigi Mansi e i suoi due soci detengono ciascuno il 18,33 per cento del capitale, che per il 45 per cento è in portafoglio alla Socesfin controllata dalla lussemburghese Finsevi, di cui è presidente l'italo-argentino Vittorio Paoletti. Secondo i detrattori, che non mancano nonostante lei cerchi in ogni modo di piacere davvero a tutti, la Mansi non è dunque un imprenditore.
Antonella Mansi
Paradossalmente, non può vantare neppure il merito di aver direttamente contribuito all'elezione di Squinzi, dal momento che all'epoca non faceva parte della giunta, il parlamentino confindustriale che designa all'assemblea il presidente. Eppure mister Vinavil la coccola come una figlia. E, appena nominato, lesto l'ha chiamata in squadra. Il principale titolo di lei, raccontano acidi nei corridoi di viale dell'Astronomia, è ancora una volta quello di figlia.
Luigi Mansi è infatti vice presidente della Federchimica, feudo storico di Squinzi: i due hanno lavorato fianco a fianco e con il tempo sono diventati buoni amici. Con queste credenziali, quando ha fatto il suo ingresso in comitato di presidenza, per giunta con una delega di peso come quella sull'organizzazione, la Mansi è stata accolta con il sopracciglio alzato dai colleghi, che nei primi mesi per dispetto l'hanno relegata a tenere il verbale delle riunioni. Lei ha masticato amaro, ma ha fatto finta di niente. E ha cominciato a tessere la sua tela di pubbliche relazioni, scendendo a Roma almeno una volta alla settimana, quartier generale nel mondano Boscolo Exedra, un hotel cinque stelle nel cuore di Roma. Ben sapendo che al resto avrebbe pensato mister Vinavil.
RENZI MARCEGAGLIA SQUINZI
Come è puntualmente avvenuto alla fine del 2014, quando le discrete insistenze del presidente di Confindustria all'indirizzo di un big del mondo creditizio hanno aiutato la Mansi a ottenere alla fine un posto come consigliere indipendente in Alitalia. Un copione già andato in scena all'inizio di settembre del 2013.
È stato allora che il numero uno degli imprenditori ha perorato con successo la causa della Mansi per la presidenza della Fondazione Mps con l'allora titolare del Tesoro, Fabrizio Saccomanni. Una grande occasione per la ragazza partita da Gavorrano, un paesone di 8.777 anime in Toscana, dove, lasciata la facoltà di Giurisprudenza, aveva gestito un'agenzia di viaggi prima di entrare nel 2001 nell'azienda di famiglia. Fino al momento della nomina Mps, la sua unica esperienza in quel mondo era stata la presidenza della Federico Del Vecchio, una minuscola private bank nell'orbita di Banca Etruria, gruppo molto in auge negli ambienti della massoneria toscana ma oggi commissariato.
Antonella Mansi bfcf a b ca ed ba e d
Così, i primi passi sono stati incerti. Come quando, in una memorabile intervista, ha scolpito: «Tutti i giorni ho a che fare con camionisti, trasportatori, omoni che lavorano nella logistica. Qualcuno pensava che in questa faccenda mi sarei spaventata, ma quando una donna come me per mestiere dà ordini a decine di camionisti poi non si intimorisce davanti a nessuno». Ma la Mansi è furba e ha imparato presto, anche perché in quella fase a farle da guida è stato il patron delle fondazioni, Giuseppe Guzzetti. I risultati si sono visti quando ha chiuso con abile spregiudicatezza la parentesi bancaria, dichiarandosi all'improvviso non disponibile ad accettare un secondo mandato quando ha realizzato che la vicenda rischiava di diventare un po' troppo complicata.
Antonella Mansi la chimica del potere h partb
Nel palazzone di viale dell'Astronomia il suo punto di riferimento è il responsabile del sistema associativo e del marketing, Federico Landi, un tipo piuttosto brusco e un po' bigotto, detto Cinghialone per via della stazza. Ma la Mansi coltiva buoni rapporti anche con il direttore generale, Marcella Panucci, con cui condivide la passione per certe mondanità. Tra gli imprenditori, si intende con l'ex presidente dei piccoli, Vincenzo Boccia, mentre non riesce proprio a ingranare con il compassato Carlo Pesenti.
antonella mansi E MONTEZEMOLO
Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, nominata da Giorgio Napolitano, appassionata di discoteche e musica elettronica, in politica la Mansi è volutamente sfuggente. Nel 2009 l'allora coordinatore del Pdl, Denis Verdini, le aveva proposto di correre alle elezioni regionali toscane contro Enrico Rossi. Poi il progetto è naufragato. Di sicuro, non è nelle grazie del premier e del suo entourage.
antonella mansi
Quando Matteo Renzi è salito al colle con la lista dei ministri per formare il nuovo governo e si è visto bocciare il nome dell'allora capo delle Ferrovie, Mauro Moretti, per lo Sviluppo economico i suoi uomini hanno contattato una serie di imprenditori, sollecitandoli a suggerire in tutta fretta il nome di una loro collega. Secondo quanto risulta a "l'Espresso", le indicazioni si sono concentrate, oltre che sull'ex presidente dei giovani, Federica Guidi, poi prescelta, su altre due candidate: Anna Maria Artoni, anche lei ex numero uno degli under 40 di viale dell'Astronomia e, appunto, Antonella Mansi.
Antonella Mansi e Jacopo Morelli
La prima è stata scartata perché ritenuta un po' troppo vicina al presidente del Consiglio uscente, Enrico Letta. La seconda non è stata neanche presa in considerazione: qualcuno dice che Renzi si sia legato al dito uno sgarbo ricevuto all'epoca in cui era presidente della Provincia di Firenze.
Un brutto colpo, in ogni caso, per le ambizioni della Mansi. Che nei mesi successivi, almeno a livello di immagine, ha recuperato terreno sul fronte Pd. È stato quando è circolata l'indiscrezione di un abboccamento da parte della renziana di ferro Simona Bonafè, che le avrebbe proposto di correre alle prossime regionali, sempre in Toscana. La Mansi non si è certo curata di smentire. A conferma che forse c'è del metod
Antonella Mansi