CAMBI: L'EURO SCIVOLA SOTTO 1,12 DOLLARI DOPO DRAGHI
(ANSA) - L'euro scivola sotto gli 1,12 dollari, a 1,1190, perdendo oltre un centesimo da 1,1218 della chiusura di ieri. Pesano le parole di Mario Draghi secondo cui ulteriori tagli dei tassi restano fra le opzioni a disposizione della Bce, e il quantitative easing (Qe) ha ancora spazio.
BORSA: DRAGHI SPINGE EUROPA, MILANO CORRE CON ENEL
(ANSA) - Le Borse sono state rivitalizzate dalle parole del presidente della Bce, Milano (+1,14%) e Parigi (+1,18%) sono le migliori ma anche Londra guadagna lo 0,5% e Francoforte lo 0,78%. Più arretrata resta Madrid (+0,4%). Salgono i futures sugli indici S&P 500, Nasdaq 100 e Dow Jones lasciando immaginare un avvio in rialzo della Borsa americana. Sul listino milanese prende la rincorsa Enel (+3,04%) e rimbalzano tutti i titoli dell'energia che avevano sofferto ieri. Italgas guadagna il 2,8%, Snam il 2,4%, Eni l'1,2% insieme alle utility come Hera (+2,04%), A2A (+3%). Resta pesante Stm (-2,2%).
MARIO DRAGHI E GIOVANNI TRIA
SPREAD BTP SOTTO 250, AI MINIMI DA APRILE, DOPO DRAGHI
(ANSA) - Lo spread fra il Btp decennale e il bund scivola sotto i 250 punti base, a 246, segnando il minimo dallo scorso aprile. Mario Draghi, il presidente della Bce, ha detto che ulteriori tagli dei tassi restano fra le opzioni disponibili, che che il quantitative easing (Qe) ha ancora spazio.
Mario Draghi ribadisce e rafforza il messaggio dell’ultima riunione: la Bce è pronta a intervenire con tutti gli strumenti a sua disposizione se l’inflazione resterà al di sotto degli obiettivi come è ormai quasi certo. Strumenti che includono nuovi acquisti di titoli di Stato, finanziamenti a basso costo alle banche e persino un possibile taglio dei tassi di interesse.
Ampio spazio per un nuovo Qe
MARIO DRAGHI JENS WEIDMANN
«Il programma di acquisto di asset (il quantitative easing, ndr) ha ancora uno spazio considerevole», ha detto il presidente della Bce al simposio delle banche centrali a Sintra in Portogallo. «Ulteriori tagli dei tassi e misure per mitigare qualsiasi effetto collaterale continuano a far parte degli strumenti a nostra disposizione». «In assenza di un miglioramento, al punto che sia minacciato il ritorno di un'inflazione sostenibile ai livelli desiderati, sarà necessario un ulteriore stimolo».
In arrivo trimestri deboli
«Guardando in prospettiva, i rischi per l'outlook rimangono orientati al ribasso e gli indicatori per i prossimi trimestri puntano a una debolezza persistente», ha aggiunto Draghi nel suo discorso introduttivo al Forum Bce on Central Banking. I rischi che sono stati presenti per tutto l'ultimo anno - ha aggiunto Draghi - in particolare i fattori geopolitici, la crescente minaccia del protezionismo e le vulnerabilità dei mercati emergenti, non sono scomparsi e continuano a pesare in particolare sul settore manifatturiero.
20 anni di euro draghi moscovici dombrovskis
«Nelle prossime settimane - ha aggiunto - il Consiglio direttivo delibererà in che modo i nostri strumenti possono essere adattati alla severità del rischio alla stabilità dei prezzi. Manteniamo la capacità di rafforzare la nostra forward guidance modificando la sua condizionalità per tener conto delle variazioni negli aggiustamenti del percorso di inflazione». Questo si applica, ha detto, a tutti gli strumenti di politica monetaria. «Ulteriori tagli dei tassi di interesse e misure per mitigare eventuali effetti negativi rimangono parte dei nostri strumenti e il programma di acquisto di bond ha ancora considerevole spazio a disposizione».
Mario Draghi è negli ultimi mesi della sua presidenza, in scadenza a fine ottobre. Per la sua successione circolano diversi nomi ma ancora non è emerso un candidato favorito sugli altri. La partita della Bce si incrocia infatti con altre nomine cruciali, come quella del presidente della Commissione europea e del presidente del Consiglio europeo.
Più stimoli di bilancio nei Paesi che possono permetterseli
Draghi ha poi mandato un messaggio ai Paesi con conti in ordine, chiedendo che vengano adottate politiche di stimolo. «Anche la politica di bilancio deve fare la propria parte. Nel corso degli ultimi 10 anni, il peso delle aggiustamenti macroeconomici è caduto in maniera sproporzionata sulle spalle della politica monetaria. Abbiamo anche visto - ha detto - casi in cui la politica fiscale è stata pro-ciclica ed è andata nel senso contrario allo stimolo monetario. Se il mix squilibrato di politiche macroeconomiche nell'area dell'euro spiega in parte lo scivolamento in disinflazione, allo stesso modo un migliore mix di politiche può aiutare a mettervi fine».
draghi
Eurozona sempre più integrata
«L'euro è stato introdotto venti anni fa al fine di isolare il mercato unico da crisi valutarie e da svalutazioni competitive che minacciavano la sostenibilità dei mercati. Era anche un progetto politico che, basandosi sul successo del mercato unico, avrebbe portato a una maggiore integrazione dei suoi Stati membri. In entrambi i casi, la visione dei nostri antenati ha ottenuto buoni risultati - ha detto Draghi - Immaginate dove sarebbe il mercato unico oggi, dopo la crisi finanziaria globale e a fronte del crescente protezionismo, se tutti i paesi europei fossero stati liberi di adeguare i loro tassi di cambio. Invece, le nostre economie si sono integrate, sono diventate convergenti e hanno affrontato la più grave sfida dalla Grande Depressione».
In questi 20 anni, ha osservato Draghi, è aumentata la convergenza fra i paesi membri e si è ridotta sensibilmente dal 1999 al 2014 la dispersione dei tassi di crescita. Questo è avvenuto in buona parte anche in virtù dell'approfondimento delle catene del valore europee, con i paesi dell'Unione Monetaria ora significativamente più integrati tra loro rispetto agli Stati Uniti o la Cina al resto del mondo.
Completare la costruzione dell’euro
VISCO E DRAGHI 05
«La maggior parte dei paesi dell'Unione monetaria - ha detto Draghi - esportano più tra loro che con Stati Uniti, Cina o Russia». Inoltre l'occupazione nell'area dell'euro ha raggiunto livelli record e in tutti i paesi dell'area dell'euro tranne uno supera il livello del 1999. «Tuttavia le persistenti debolezze istituzionali della nostra unione monetaria non possono essere ignorate se non a rischio di danneggiare seriamente ciò che è stato realizzato.
La logica suggerirebbe che quanto più le nostre economie saranno integrate, tanto più veloce dovrebbe essere il completamento dell'unione bancaria e dell'unione dei mercati dei capitali». Il cammino iniziato venti anni fa, ha concluso Draghi, è stato lungo e sebbene non sia finito e abbia portato a risultati in taluni casi non uniformi, ha tuttavia rafforzato la convinzione dei nostri popoli «che è solo attraverso più Europa che le implicazioni di questa integrazione possono essere gestite».
Risposta alla crisi con politiche di bilancio restrittive
Draghi ha infine ripercorso la risposta dell’Europa alla drammatica crisi finanziaria e poi economica esplosa dopo il 2008. Tra il 2011 e il 2013, ha detto, la politica di bilancio europea è stata restrittiva in ragione soprattutto «del bisogno di alcuni paesi di ristabilire la credibilità fiscale». «La politica di bilancio dell'Eurozona è divenuta restrittiva in risposta alla crisi del debito - ha detto Draghi - con una stretta di circa 4 punti percentuali del Pil potenziale fino al 2013, anni in cui l'eurozona è rimasta per la maggior parte in recessione».
QUANTITATIVE EASING DRAGHI
Questa risposta è stata opposta a quella data dagli Stati Uniti dove invece la politica fiscale è stata più accomodante nella fase iniziale della crisi nel 2008-09, in misura di circa il 6,5% del pil potenziale, per poi restringersi a circa il 5,5% del pil potenziale dal 2011 al 2013 quando la ripresa economica era già in atto. «L'eurozona à stata costretta su un percorso diverso dal bisogno di alcuni paesi di ristabilire credibilità fiscale - ha detto Draghi - ma in aggregato l'eurozona non aveva meno spazio fiscale degli Stati Uniti: i livelli del debito pubblico erano simili nelle due giurisdizioni. La differenza chiave è stata che la stabilizzazione fiscale negli Usa è avvenuta a livello federale mentre l'eurozona non disponeva di uno strumento fiscale centrale per agire in maniera anti-ciclica».