Pa. Ru. per “la Stampa”
Tutti d' accordo sull' utilità dei test sierologici per indagare su come e dove il virus abbia circolato in Italia, gli scienziati storcono il naso sul loro utilizzo per dichiarare abile e arruolato chi si appresta a riprendere il lavoro.
test sierologici coronavirus
Troppe incognite sulla loro capacità di predire chi è effettivamente immunizzato e quindi al riparo dall' infezione.
Troppi pericoli legati ai falsi positivi, che potrebbero trasformarsi in bombe biologiche a orologeria, convinti di essere coperti da una immunità che invece non hanno. Un pensiero diffuso tra gli uomini di scienza che però non ferma né le regioni né chi nei test sente profumo di business. Perché se i test sul campione di 150mila italiani per l' indagine epidemiologica sono stati forniti gratis dall' americana Abbot, altrettanto non sarà per gli altri 4 milioni che la stessa multinazionale intende distribuire in Italia.
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Dove è tutto un fai da te regionale, con Lazio e Veneto che autorizzano i test a pagamento, Toscana ed Emilia Romagna che decidono di farli a tappeto sugli operatori sanitari e altri governatori che frenano.
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Come del resto ha fatto giorni fa l' Oms, dichiarando a chiare lettere che il test sierologico non rilascia alcuna patente di immunità. A spiegare perché è il grande immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico dell' Humanitas. «Il Sars- CoV-2 - spiega - ha sovvertito le regole, perché gli anticorpi anziché intervenire subito per difendere l' organismo arrivano tardi, anche 15 o 16 giorni dalla comparsa dei sintomi. E poi in fase di malattia da Covid-19 un individuo può mostrare contemporaneamente la presenza del virus e degli anticorpi». «Sono molto preoccupato - chiosa il professore - perché i test sierologici fai-da-te possono indurre a comportamenti irresponsabili. Una persona che si sente dire di avere gli anticorpi può pensare di essere immune, può pensare di non usare più la mascherina, può pensare di trovarsi con gli amici».
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E a temerne un uso inappropriato è anche il presidente dell' Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. «I test oggi ci dicono se abbiamo gli anticorpi marcatori di un' infezione in corso o pregressa.
Ma serve conoscere anche la loro capacità protettiva.
Ognuno - spiega ancora - poi può dare falsi positivi o falsi negativi e in caso di positività è necessario fare anche il tampone». «Per questo - conclude - è importante che vengano fatti sotto guida medica e dei dipartimenti di prevenzione delle Asl», mettendo così un paletto alla corsa al business dei laboratori privati e al fai da te di molte imprese. E anche per il consigliere del ministro Speranza, Walter Ricciardi, «resta ancora da capire la capacità immunizzante degli anticorpi e durata della protezione».
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Per non parlare di un' altra incognita. Chi risulta positivo alle IgM, nonostante abbia alte probabilità di essere infetto, non ha l' obbligo di informare il medico di famiglia e il laboratorio non può comunicare l' esito alla Asl. Un' altra bomba ad orologeria da disinnescare al più presto.