Salvo Palazzolo per "la Repubblica"
Massimo CianciminoL'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia è tutt'altro che conclusa. La richiesta di rinvio a giudizio firmata due giorni fa per dodici fra capimafia e rappresentanti delle istituzioni riguarda quello che i magistrati definiscono "lo stralcio di un'inchiesta madre", che è grande un contenitore d'indagine ancora in corso. I pm puntano adesso ad accertare il ruolo che alcuni esponenti dei servizi segreti avrebbero avuto nel misterioso dialogo fra Stato e mafia avvenuto fra il ‘92 e il ‘94.
MARCELLO DELLUTRII magistrati di Palermo, ma anche quelli di Caltanissetta che indagano sulle stragi, provano ancora a dare un volto e un nome all'enigmatico "signor Franco", chiamato in causa da Massimo Ciancimino nelle sue dichiarazioni come l'uomo delle istituzioni che avrebbe tenuto i rapporti con i vertici di Cosa nostra.
Ciancimino junior dice di non conoscere l'identità del misterioso 007, e anche per questa ragione è stato indagato dalla Procura di Caltanissetta per favoreggiamento, proprio nei confronti di "Franco". Il figlio dell'ex sindaco risponde anche di calunnia, per aver adombrato il sospetto che l'uomo del mistero possa essere stato vicino all'ex capo della polizia Gianni De Gennaro. L'ultima indagine sul "signor Franco" riparte adesso da un cellulare, un 337. «Mi fu dato da lui stesso, nel 2005, in uno dei nostri ultimi incontri », ha spiegato Ciancimino.
MARINA BERLUSCONI IN PROCURA A PALERMO CON GHEDINICosì, la Procura e la Dia hanno provato a entrare nei misteri di quel numero. Ma per mesi, la Telecom ha risposto che l'utenza era inesistente. I pm Di Matteo e Ingroia hanno allora inviato la polizia giudiziaria a verificare tutti gli archivi della Telecom. È saltato fuori che il 337 al centro dell'indagine era stato per davvero attivato nei primi anni Novanta, dal titolare di una piccola ditta di trasporti di Roma: l'imprenditore ha spiegato di aver fatto due denunce per la clonazione del suo cellulare. Così, quello che non è stato trovato alla Telecom, è saltato fuori dall'archivio di una stazione dei carabinieri: alle denunce di clonazione erano stati allegati alcuni tabulati, che dicono di chiamate da quel 337 a utenze del Centro e del Sud America.
Antonio IngroiaIntanto, il pool di Palermo sta approfondendo anche un altro stralcio dell'indagine sulla trattativa, quello riguardante il tesoro del senatore Pdl Marcello Dell'Utri, ritenuto uno dei protagonisti del dialogo Stato-mafia. Nei prossimi giorni, i pm torneranno a citare Silvio Berlusconi come testimone: a lui vogliono chiedere il perché di quei 40 milioni di euro donati a Dell'Utri fra il 2000 e il 2012. Tante altre domande a Berlusconi avrebbe voluto fare anche il procuratore generale Luigi Patronaggio, nel nuovo processo d'appello che vede imputato Dell'Utri per concorso in associazione mafiosa.
Vittorio Mangano in tribunale nel 2000Ma il collegio della corte d'appello presieduto da Raimondo Lo Forti ha deciso che non sarà necessaria la presenza di Berlusconi in aula. Nella loro ordinanza, i giudici hanno però scritto: «La deposizione di Berlusconi, pur essendo rilevante, ma soltanto perché proviene dal soggetto che avrebbe nel tempo versato alla mafia ingenti somme di denaro, non appare né indispensabile, né tantomeno decisiva».
E questo perché i pagamenti di cui si discute nel processo, gli attentati subiti dall'ex premier, le ragioni della presenza del boss Vittorio Mangano ad Arcore sono «assolutamente comprovati nel processo avendone riferito numerosi collaboratori di giustizia e in parte lo stesso Dell'Utri». I giudici vogliono anche concludere in fretta il processo, perché incombe il rischio della prescrizione.
Marina Berlusconi, invece, non ha dubbi su Dell'Utri. Il giorno dopo la sua audizione a Palermo dice: «È evidente che anche questa storia, come tutte quelle che ci scagliano addosso da vent'anni, finirà nel nulla. Con l'unico risultato possibile: nessun collegamento con le cosche, assoluta correttezza e trasparenza. E a Palermo io sono stata vittima solo di una gogna mediatica».