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    “LA CADUTA DI CHIARA FERRAGNI È OPERA DEI BURATTINAI CHE FINORA L'HANNO USATA” – IL FILOSOFO STEFANO ZECCHI VEDE UNA MANINA DIETRO AL CASO DEL PANDORO-GATE: “OGGI È STATO DECISO CHE LA BOLLA DOVEVA SCOPPIARE. MI RIFERISCO ALLE POTENTI REALTÀ ECONOMICHE CHE HANNO ADOPERATO L’INFLUENCER COME FRONT-WOMAN” – “PIÙ CHE UNA CADUTA, È UN'OPERA DI SOSTITUZIONE. ARRIVERÀ UN ALTRO TESTIMONIAL, PIÙ FRESCO E PIÙ GIOVANE” – “FERRAGNI È LA VANNA MARCHI DIGITALE, VENDE UNA VISIONE DI VITA. E LA ‘FLUIDITÀ’ È IL SUO GRIMALDELLO...”


     
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    Estratto dell’articolo di Federico Novella per “la Verità”

     

    spot con chiara ferragni 8 spot con chiara ferragni 8

    «Chiara Ferragni è la Wanna Marchi dei tempi moderni. È la tele-imbonitrice digitale, che però non vende solo pandori, ma una visione di vita, alimentata esclusivamente dal consumo: un mondo fatato. La “fluidità” è il suo grimaldello, con cui orientare persone fondamentalmente fragili.

     

    Insomma, è il simbolo di una tendenza drammatica, che peraltro non finirà certo con la sua caduta, perché il vero burattinaio, in questa storia, è rimasto nascosto. Per adesso, attediamo l’arrivo della prossima Ferragni, che sarà senz’altro più giovane, più fresca, forse anche peggiore dell’originale».

     

    stefano zecchi stefano zecchi

    Stefano Zecchi, filosofo ed ex professore ordinario di Estetica all’Università di Milano: lei ci crede alla buona fede di Chiara Ferragni, indagata per truffa nel cosiddetto «Pandorogate»?

    «Non ci credo. Anzi, penso sia in cattivissima fede: l’obiettivo era fare soldi a qualunque costo. Stiamo parlando di persone con centinaia di metri quadri di appartamenti trasformati in officine di comunicazione. Persone molto intelligenti, molto furbe, e anche molto ben gestite».

     

    Ben gestite?

    «Io penso che il fenomeno Ferragni si stia sgonfiando ad opera della stessa mano che l’aveva insufflato. Oggi è stato deciso che la bolla doveva scoppiare».

     

    E chi l’avrebbe deciso?

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    «Mi riferisco a quelle potenti realtà economiche che hanno adoperato Ferragni come front-woman. Sono loro i burattinai della ragazza».

     

    Addirittura?

    «Non mi spiego altrimenti questa caduta repentina degli dei della Rete, se non per via dell’improvviso voltafaccia di alcune grandi entità economiche che d’improvviso hanno sottratto l’appoggio».

     

    Ma è davvero una «caduta degli dei»?

    «Più che una caduta, in realtà è una gigantesca opera di sostituzione. Vedrete, arriverà presto un’altra Ferragni, un altro testimonial. Più fresco, più giovane, con nuove idee, magari anche più smaliziato dell’originale».

     

    E il gioco ricomincerà?

    «È anche per questo che le grandi aziende sono state le prime a scaricare Ferragni quando le cose cominciavano a mettersi male. È la dura legge del capitalismo».

     

    chiara ferragni e i pandori della balocco chiara ferragni e i pandori della balocco

    […]

     

    E Fedez?

    «Per lui vale lo stesso discorso. È un ragazzo cui auguro con tutto il cuore di superare i suoi problemi di salute. Però anche lui è stato utilizzato come personaggio finché si è potuto: ha lanciato messaggi alla politica, ha portato avanti dal palco di Sanremo le sue battaglie sui diritti civili, ma oggi la sua reputazione è consumata, non serve più».

     

    Sembra uno scenario quasi complottistico…

    «Certamente dietro tutti quei follower, cioè quei consumatori, c’è una partita economica molto importante. Chi controlla quella massa gestisce milioni».

     

    Colgo una critica al capitalismo?

    «Semmai ci troviamo di fronte a una perversione del capitalismo, che oggi si difende creando figure elitarie, le quali poi riescono ad assumere tramite i nuovi media un comando economico e culturale. Conviene rileggersi Vilfredo Pareto».

     

    STEFANO ZECCHI STEFANO ZECCHI

    Il presidente dei social media manager italiani ha scritto: «Se a seguito di questo pasticcio ti consigliano un video di ammissione in lacrime, il problema diventa irrecuperabile. Negare, negare e ancora negare, questa è la regola».

    «E qui ci vedo tutta crudeltà del capitalismo: non c’è verità dinanzi al vantaggio economico. Su quello non si può discutere. Da questo punto di vista il video in lacrime della Ferragni quasi mi ha fatto tenerezza».

     

    Al di là della beneficenza, vera o presunta, perché così tante persone decidono di acquistare il pandoro griffato Ferragni anche a prezzo gonfiato?

    «Sono giovani e meno giovani fortemente insicuri rispetto alla propria identità. Talmente deboli da dover seguire figure che culturalmente non sono nulla. Non dico che siamo ai livelli della circonvenzione di incapace, ma certamente questi influencer si rivolgono a figure molto fragili».

     

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    […]

     

    Dunque Ferragni vende identità?

    «È la Wanna Marchi dei tempi moderni, anche lei passata dall’altare alla polvere».

     

    Tra Wanna Marchi e Ferragni, però, ci sono differenze evidenti, non trova?

    «Tanto per cominciare, oggi l’imbonitore può dotarsi di strumenti molto più raffinati, eleganti e pervasivi degli sgabuzzini delle televendite nelle tv private degli anni Ottanta».

     

    E poi?

    «L’altra differenza sta nelle proporzioni della televendita: prima c’era un mercatino a gestione familiare. Oggi c’è un super-mercato a gestione manageriale, un salto di qualità».

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    Un salto verso dove?

    «Wanna Marchi si limitava a promettere bellezza, salute e amore. Ferragni invece suggerisce come ritrovare il senso della vita. Attraverso il consumo di occhiali e panettoni con il suo marchio, il follower conquista una visione del mondo, perdendo al contempo la possibilità di ragionare con la propria testa. E uno dei grimaldelli di questa operazione si chiama “fluidità”».

     

    Cioè?

    «L’idea di fluidità propugnata da questi personaggi si basa sull’assenza di fondamento, quello che filosofi come Husserl imponeva sempre di cercare. E si inserisce nella nostra mancanza di punti riferimento, nonché nella diffusa fragilità giovanile. Così diventa più facile orientarci».

     

    […] E la famiglia?

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    «Assenza di fondamento significa, in ambito familiare, il tramonto della figura del padre. Quello che dovrebbe rappresentare storia, tradizioni, radici».

     

    Un tramonto, ha scritto, che non si fa mai notte, ma diventa inesorabile decadenza.

    «Senza radici diventiamo tutti un rizoma, quell’erbetta leggera che si strappa facilmente dalla terra. Il padre, autorevole o meno, è anche colui che ti insegna a distinguere il giusto dallo sbagliato, è la figura che un giorno dovrai contestare per crescere e maturare. Indebolendosi quella figura, siamo tutti più vulnerabili. Solo l’impegno dei genitori e delle famiglie può fermare la deriva di una società che taglia le proprie radici».

     

    […]  gli influencer non fanno altro che riempire un vuoto?

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    «Effettivamente non fanno che inserirsi in un vuoto educativo, approfittandone per inculcare un messaggio perverso e drammatico: “La vita è tutto e subito”. E devo dire che questo messaggio colpisce il bersaglio: anche in politica».

     

    […]  Fedez si è lamentato per l’attenzione mediatica che si è riversata su questa vicenda. Un paradosso, per chi ha messo tutta la sua vita in piazza?

    «È una vecchia storia: tutti quelli che hanno fatto fortuna con l’esteriorità, poi quando le cose vanno male pretendono di tornare all’interiorità. Ma non è così facile. Anche ai tempi dei social, vale il vecchio detto: non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca».

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