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    1. ‘’STAR WARS’’ ALLA CASA BIANCA! TRUMP COME DART FENER! L'ELOGIO DELL'OSCURITÀ! 2. STEVE BANNON, LO STRATEGA DI THE DONALD: “L'OSCURITÀ È UN BENE. CHENEY. DART FENER. SATANA. QUESTO È IL POTERE. AIUTA QUANDO LORO (I LIBERAL E I MEDIA, NDR) SI SBAGLIANO, QUANDO LORO SONO CIECHI E NON VEDONO CHI SIAMO E QUELLO CHE STIAMO FACENDO” 2. “NON SONO UN NAZIONALISTA BIANCO. SONO UN NAZIONALISTA ECONOMICO. LA GLOBALIZZAZIONE HA SVENTRATO LA CLASSE OPERAIA USA E CREATO IL CETO MEDIO ASIATICO. ORA DOBBIAMO IMPEDIRE CHE GLI AMERICANI RESTINO FOTTUTI. SE RIUSCIREMO, OTTERREMO IL 60 PER CENTO DEI BIANCHI E DI NERI E LATINOS. RESTEREMO AL GOVERNO 50 ANNI”


     
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    Michael Wolff per La Repubblica

     

    BANNON BANNON

    Q uando a fine estate incontrai nel suo ufficio alla Trump Tower Steve Bannon, allora neo-nominato stratega della campagna di The Donald, mi parlò del successo sorprendente che il suo candidato avrebbe avuto fra le donne, i latinos e gli afroamericani, oltre che tra i lavoratori bianchi. Il 15 novembre, all' indomani della sua promozione a chief strategist, consigliere strategico alla Casa Bianca, sono tornato a trovarlo. Mi ha accolto con un «Te lo avevo detto».

    TRUMP- FENER TRUMP- FENER

     

    E pensare che il muro di protezione dei liberal verso Trump si basava sul fatto che il candidato repubblicano era troppo disorganizzato e privo delle sfumature necessarie a gestire una corsa elettorale. Opinione confermata quando a capo della campagna in agosto venne nominato proprio lui, il direttore dello strano e oltraggioso Breitbart. Quel Bannon che oggi è diventato la persona più potente del nuovo staff alla Casa Bianca. Il buco più nero in cui i democratici potessero cadere. «L' oscurità è un bene», dice lo stratega: «Dick Cheney. Dart Fener. Satana. Questo è il potere. Aiuta quando loro (credo che per "loro" intendesse i liberal e i media, ndr) si sbagliano, quando loro sono ciechi e non vedono chi siamo e quello che stiamo facendo».

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    Lui, d' altronde, è l' uomo delle idee. Se il trumpismo dovrà rappresentare qualcosa di intellettualmente e storicamente coerente, sarà compito suo dargli un volto. Ma per i liberal è un personaggio poco rassicurante e difficilmente comprensibile. Nato in una famiglia operaia, dopo il liceo si è arruolato in marina, si è diplomato al Virginia Tech, ha frequentato l' Harvard Business School, ha lavorato per Goldman Sachs, è diventato imprenditore a Hollywood e infine ha trovato un suo ruolo nel mondo delle grandi cospirazioni conservatrici di destra a capo del colosso mediatico Breitbart News Network.

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    Ciò che sembra essergli rimasto delle sue radici operaie e democratiche è un'irreparabile acredine di classe. Che lo spinge a pensare che il partito democratico ha tradito la classe operaia. «La forza di Bill Clinton - dice - stava nel sfruttare le persone senza istruzione. È con loro che si vincono le elezioni».

     

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    Allo stesso modo anche il partito repubblicano ha tradito l' elettorato operaio negli anni di Reagan. Insomma i lavoratori, sono stati traditi dall' establishment che lui definisce «la classe dei donatori». È questa la base nel malinteso che ha portato i liberal a credere che la retorica di Donald Trump lo avrebbe condotto alla sconfitta invece che alla presidenza. E che porta Bannon a respingere l' etichetta di razzista a lui affibbiata: «Non sono un nazionalista bianco. Sono un nazionalista. Un nazionalista economico. La globalizzazione ha sventrato la classe operaia americana e creato il ceto medio asiatico. Ora dobbiamo impedire che gli americani restino fottuti. Se riusciremo, otterremo il 60 per cento del sostegno dei bianchi e il 40 per cento di quello di neri e latinos. Resteremo al governo 50 anni».

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    Ecco perché Hillary ha perso: «I democratici hanno parlato solo con "i donatori", i loro finanziatori. Persone che hanno società che fatturano nove miliardi di dollari ma danno lavoro solo a nove persone. Hanno perso di vista la realtà. Il nostro è invece un movimento populista dove gira tutto intorno al lavoro. Io premo per un piano infrastrutture da mille miliardi di dollari. Sarà elettrizzante come gli anni Trenta, più grande della rivoluzione di Reagan dove conservatori e populisti, saranno uniti in un movimento nazionalista economico».

     

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    È dal fallimento dell' establishment che viene l' ascesa di Bannon. «La bolla dei media è solo il simbolo ultimo di quello che non va in questo Paese» continua. «Sono una cricca di persone che parla tra loro e non ha nessuna fottuta idea di quel che accade. Un circolo chiuso dal quale Hillary Clinton ha attinto informazioni e fiducia. Permettendoci di fare breccia».

     

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    Il suo trionfo, d' altronde, non è solo sull' establishment liberal, ma anche su quello conservatore, rappresentato, nel mondo dei media, da Fox News e dal suo proprietario Murdoch. «Hanno frainteso le cose anche peggio degli altri», dice Bannon. «Rupert non ha mai capito Trump, lo considera un radica- le. Io no».

     

    Una convinzione che gli ha dato forza quando è subentrato a Paul Manafort nella direzione di una campagna elettorale che tutti già consideravano perdente. La sua intuizione è stata decisiva: più la campagna elettorale pareva in caduta libera più quello poteva essere il binario giusto. Tanto più Hillary disertava i comizi per corteggiare i suoi finanziatori, tanto più Trump arringava folle sempre più vaste, 35-40 mila persone alla volta.

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    «Qualcosa che gli riesce d' istinto», spiega Bannon. «È diretto, non usa il gergo della politica, comunica in modo viscerale. Nessun democratico ha ascoltato i suoi discorsi con attenzione e quindi nessuno ha capito che il suo messaggio economico era potente». Per questo quando tutti gli uomini di Trump pensavano che solo un miracolo potesse salvarlo, Bannon continuava a ripetere che «Hillary non ce l' avrebbe fatta». Convinzione che ora lo porta a essere una delle due teste pensanti della Casa Bianca: insieme a Reince Priebus, nuovo capo dello staff, incaricato di far arrivare i treni in orario, mentre lui, chief strategist, avrà l' incarico di delineare la visione, la narrativa e il piano d' azione del Presidente.

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    Un potere complicato che dovrà fare i conti con le ambizioni e le stranezze di Trump, un presidente che non ha mai ricoperto incarichi elettivi, l' agenda di una famiglia influente e le manovre di un partito dove molti lo hanno osteggiato. Una corte complessa dove Bannon dovrà giocare d' astuzia per realizzare il suo piano di rilancio del lavoro da mille miliardi di dollari. Non a caso di sé dice: «Sono Cromwell alla corte dei Tudor».

     

     

     

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