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    “STO PER UCCIDERE MIO MARITO, HO UNA TANICA DI BENZINA” - LA STORIA DI UNA DONNA DI CASAL BRUCIATO, A ROMA, CHE ALLERTA I CARABINIERI DOPO AVER GIRATO TUTTO IL GIORNO CON UNA MAZZA DA MURATORE E UN COLTELLO NELLA BORSA - LA DONNA HA RACCONTATO DI ESSERE ESASPERATA PER LE VIOLENZE DOMESTICHE: IL MARITO, CHE LA PRENDEVA A CALCI NEL SEDERE E LE URLAVA “INFAME”, LA COSTRINGEVA A DORMIRE IN MACCHINA DOPO AVER…


     
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    Adelaide Pierucci per “il Messaggero”

     

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    Va in giro per un giorno con una mazza da muratore e un coltello infilato nella borsetta per uccidere il marito, ma alla fine viene arrestato lui. Dietro al pianificato assassinio del coniuge, ideato da una casalinga di Casal Bruciato, si è scoperto poi che c'era una storia di esasperazione, di offese e botte. Per il marito violento così è scattato l'arresto per maltrattamenti in famiglia. Mentre la mancata omicida è potuta tornare finalmente libera in casa.

     

    Non è stato un intervento di routine quello eseguito dai carabinieri giovedì pomeriggio in un condominio di Casal Bruciato. La chiamata arrivata alle due del pomeriggio al centralino era chiara: una casalinga voleva ammazzare il coniuge. Era stata proprio lei a chiamare: «Sto per uccidere mio marito. Ho una tanica di benzina, una mazzetta e pure un coltello». Una pattuglia si è precipitata in via Sebastiano Satta dove ha trovato una donna intenta a picconate il portone di una palazzina, con l'intenzione di salire in casa e accoltellare il marito.

     

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    «Lo voglio ammazzare. Se non mi arrestate lo ammazzo di sicuro». Dopo averla convinta a lasciare le armi e a farsi accompagnare in caserma è emersa un'altra storia. La donna aveva dormito fuori casa dopo l'ennesima lite. Era capitato più volte di restare a dormire in macchina dopo essere stata picchiata e trascinata per i capelli.

     

    Ma stavolta prima di uscire ha infilato nella borsetta delle armi, un piccolo pugnale e una mazzetta di ferro. Il giorno prima nell'appartamento della coppia era arrivata la polizia. I vicini, avvertiti pianti e urla, avevano dato l'allerta. Ma quando gli investigatori hanno bussato alla porta la signora ha ridimensionato i fatti: «Una lite come tante, discussioni di coppia». Non era vero. Una bugia dettata dalla sottomissione, da mesi di soprusi.

     

    LE AGGRESSIONI

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    Pochi giorni prima, l'8 settembre era stata portata via in ambulanza dall'appartamento coniugale. Il marito di 46 anni afferrandola per i capelli le aveva sbattuto più volte la testa sul tavolo della salone. Ma anche domenica era stata offesa e maltrattata. Ogni volta però aveva scelto il silenzio.

     

    Solo per l'episodio dei primi giorni di settembre aveva ammesso al pronto soccorso, dove le sono stati riconosciuti dieci giorni di prognosi per trauma cranico, di aver ingoiato calci, minacce e umiliazioni. «All'ultimo pestaggio ho deciso di andare via da casa», ha precisato. «Prima di uscire però ho messo nella borsa il coltello e la mazza. Prima che mi uccide lui, lo ammazzo io, ho pensato». Il piano era quello.

     

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    La telefonata dove annunciava l'omicidio è stata così interpretata come un gesto estremo di esasperazione, una richiesta di aiuto. «I maltrattamenti - ha spiegato la donna - sono cominciati dai primi di gennaio, da quando lui è finito agli arresti domiciliari per un problema di droga». «Hai le allucinazioni, sei una infame», le ripeteva lui, allungando schiaffi in faccia e calci al sedere. L'arresto sollecitato dal pool antiviolenza della procura ora è al vaglio del giudice.

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