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    STOC-COLMA D’ODIO: ANCHE IN SVEZIA SCOPPIA LA RIVOLTA DEGLI IMMIGRATI


     
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    Monica Perosino per "La Stampa"

    Dal sogno svedese ci si risveglia all'alba del terzo giorno di scontri. Il Paese della giustizia sociale, della tolleranza e della politica dell'accoglienza, è sotto choc dopo tre notti consecutive di auto date alle fiamme, guerriglia urbana e un fiume di rabbia che si sta rovesciando nei sobborghi più poveri di Stoccolma, abitati per lo più da immigrati, teatro di una delle peggiori rivolte che la Svezia ricordi. Era successo già a Malmö, nel 2008: la chiusura di un centro islamico aveva acceso quattro giorni di battaglia violentissima. Sempre Malmö era stata colpita da una serie di omicidi a sfondo razziale.

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    A Stoccolma centinaia di giovani organizzati in gruppi composti anche da una sessantina di persone, hanno appiccato incendi a scuole, un centro di arti e mestieri, stazioni della polizia (accusata di brutalità) e hanno attaccato con lanci di pietre agenti e vigili del fuoco. Le violenze sono iniziate domenica nel corso di una protesta nel sobborgo di Husby contro l'uccisione per mano della polizia di un 69enne armato di un machete.

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    Le rivolte in una delle capitali più ricche d'Europa hanno sconvolto il Paese noto in tutto il mondo per la giustizia sociale e l'alto tasso di benessere, e hanno alimentato un furioso dibattito su come la Svezia stia affrontando la disoccupazione giovanile e l'afflusso di immigrati.

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    Le statistiche parlano di 170 nazionalità presenti, con una schiacciante prevalenza di Paesi segnati da guerre e lotte interne: Siria, Somalia, Afghanistan, Serbia. I richiedenti asilo nel 2012 sono stati quasi 44 mila (la popolazione totale della Svezia è di 9,4 milioni). Le percentuali di disoccupazione sono altissime: la maggior parte dei rifugiati sopravvive con i sussidi del mitico welfare scandinavo, che ora, però, comincia a vacillare. In Svezia circa il 15% della popolazione è nata all'estero, ma nei sobborghi come Husby la percentuale sale al 65%.

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    Dopo decenni di «modello svedese» e di generose prestazioni sociali, dal 1990 la Svezia ha ridotto il ruolo dello Stato, creando un rapido aumento delle diseguaglianze. Mentre gli standard di vita medi sono ancora tra i più alti in Europa, i governi non sono riusciti a ridurre sensibilmente la disoccupazione giovanile e la povertà, che hanno colpito soprattutto le comunità di immigrati.

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    Il tabloid «Aftonbladet» scrive che gli scontri rappresentano un «gigantesco fallimento» delle politiche del governo, che ha facilitato la nascita di ghetti nelle periferie. Il partito antiimmigrati, i Democratici in Svezia, è salito al terzo posto nei sondaggi in vista delle elezioni del prossimo anno, riflettendo il disagio causato dalla presenza degli immigrati.

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    «Ora tutti devono cercare di riportare la calma - ha detto il primo ministro Fredrik Reinfeldt, che ha definito gli attacchi di Husby "azioni da hooligans"-. Questi gruppi di giovani pensano di cambiare la società con la violenza, ma questo non è il modo di esprimere la libertà di parola in Svezia». Stefan Löfven, leader del partito di opposizione socialdemocratico, ancora in testa nei sondaggi, dice: «Condanniamo le azioni violente, ma dobbiamo anche iniziare a interrogarci sulle cause di quanto successo».

     

     

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