Marco Giusti per Dagospia
Favola di Sebastiano Mauri
Oh, il mélo americano anni ’50. Jane Wyman, Dorothy Malone, Douglas Sirk. Quanto ci hanno segnato questi mélo dai colori meravigliosi e le loro protagoniste dalla sessualità repressa pronta a esplodere da un momento all’altro… Tutto questo troverete in questo stravagante, colto e assolutamente soprendente Favola di Sebastiano Mauri, trasposizione cinematografica ultrasperimentale di una pièce che Filippo Timi ha scritto e portato a teatro assieme a Lucia Mascino per ben cinque anni.
Favola di Sebastiano Mauri
Un lavoro, quindi, già ben rodato che trova sullo schermo una nuova vitalità grazie alla fotografia del grande Renato Berta, direttore della fotografia di tanti film di Jean-Luc Godard e Jean-Marie Straub, di scene e costumi da grande mélo americano anni 50 e una regia assolutamente non prevedibile che non solo asseconda la voglia di stravaganza del progetto, ma cerca di muovere il tutto verso una sorta di commedia assurda che mantenga però una sua struttura colta e contenuta.
Favola di Sebastiano Mauri
Filippo Timi è Miss Fairytale, sorta di Jane Wyman, armata di fucile, chiusa in casa in attesa del marito, che divide il suo tempo con Lucia Mascino, una Doris Day con occhiali che sembra anche lei provenire da un film Universal anni ’50. Su tutto domina una non precisa sessualità di Miss Fairytale che prenderà vita in un finale che non è quello della commedia, e che non riveleremo.
Ma tutta la commedia poggia non tanto sullo sviluppo della storia tra le due protagoniste, quanto sulla loro messa in scena della donna, della sua sessualità repressa mediate dalla visione del cinema americano alla Douglas Sirk. Non per tutti i gusti, evidentemente, ma Timi e Mascino sono superbi e molto divertenti e la regia di Mauri affettuosa e rispettosa della follia del tutto. In sala per soli tre giorni, 25, 26 e 27 giugno.
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