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    “MIA FIGLIA VIOLENTATA DA QUEI DELINQUENTI SBANDATI, DEVONO PENTIRSI, VERGOGNARSI E COMINCIARE UNA NUOVA VITA” -  L’URLO DI DOLORE DEL PADRE DI UNA DELLE VITTIME INGLESI DELLO STUPRO DI GRUPPO DI PISTICCI: "AL TELEFONO PIANGEVA, ERA SCONVOLTA. LE DICEVO: COSA È SUCCESSO? E LEI BALBETTAVA. POI… - MIA FIGLIA AVEVA UN SORRISO PIÙ LUMINOSO DELLE STELLE. ADESSO NON CE L’HA PIÙ". ECCO LA PRIMA COSA CHE LO DETTO


     
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    Carlo Macrì per corriere.it

     

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    «Pentitevi e vergognatevi per quello che avete fatto. Solo così potete aiutare le vostre famiglie, la giustizia, e attenuare in qualche modo il nostro dolore». Mister Antonio (nome di fantasia), è un padre distrutto. Cinquantacinque anni, Antonio era partito 40 anni fa da Marconia di Pisticci per raggiungere l’Inghilterra, in cerca di lavoro. Oggi è proprietario di una catena di alberghi.

     

    Lo scorso 6 settembre, sua figlia e un’amica, entrambe quindicenni, sono state vittime di una violenza per la quale è accusato un gruppo di otto ragazzi — quattro arrestati, altri 4 indagati — durante una festa privata, a Marconia. Lo incontriamo con la moglie nello studio dell’avvocato Giuseppe Rago, legale di famiglia.

     

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    Quando ha saputo quello che era accaduto a sua figlia cosa ha pensato?

    «Ero in Inghilterra, mia figlia grande al telefono cercava di raccontarmi e a malapena riusciva a parlare. Mi diceva frasi strane che non capivo. Piangeva, era sconvolta. Le dicevo: cosa è successo? E lei balbettava, senza darmi una risposta. Poi mi ha chiamato mio fratello e mi ha accennato a quanto accaduto. Mi è cascato il mondo addosso».

     

    Cinque ore dopo lei ha raggiunto sua figlia, vittima dello stupro, all’ospedale Madonna delle Grazie di Matera. Qual è stata la prima cosa che le ha detto?

    «Sii forte».

     

    E la risposta?

    «Always!» (Sempre!)

     

    Far dimenticare a sua figlia la brutale violenza non sarà facile.

    «Mia figlia è una ragazzina molto forte, energica, intelligente. Spero davvero che riuscirà a riprendersi al più presto».

    Ora quali sono le sue condizioni?

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    «Aveva un sorriso più luminoso delle stelle. Adesso non ce l’ha più».

     

    Conosceva le persone accusate di aver violentato sua figlia?

    «No. A Marconia è rimasto solo qualche mio amico d’infanzia. Tutti gli altri sono emigrati in America e in Francia e quindi i loro figli vivono là, non potevano essere quelli che sono andati alla festa».

     

    Che idea si è fatto dei ragazzi che hanno aggredito sua figlia?

    «Sono degli sbandati, dei delinquenti. Ecco perché dico loro di pentirsi, come ha chiesto anche l’arcivescovo di Matera-Irsina nella messa celebrata domenica a Marconia. Per questi giovani potrebbe essere l’occasione di chiudere con il passato e ricominciare una nuova vita. Adesso le loro famiglie, la comunità, le istituzioni devono aprire gli occhi e accorgersi per tempo del malessere che c’è in questi giovani di Marconia».

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    Tornerà ancora al suo paese?

    «Certamente. Ho avuta tanta solidarietà dai miei compaesani. Mi hanno detto: “Non devi giudicarci tutti allo stesso modo”. È una vicenda terribile, una ferita devastante: temo che non si rimarginerà mai. Da quando mia moglie ed io siamo arrivati qui, nostra figlia non ci ha mollati un attimo».

     

    Ha fiducia nella giustizia italiana?

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    «La prima cosa che mi sono sentito dire dai poliziotti quando sono arrivato in ospedale è stata: “Stia tranquillo, sarà fatta giustizia”. Mi auguro di non restare deluso. Per il bene di mia figlia spero in una condanna esemplare».

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