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    “IL GRUPPO DI IVAN È ANCORA VIVO” - SUI SOCIAL SI RIACCENDE LA SPERANZA PER LA SORTE DI IVAN LUCA VAVASSORI, IL COMBATTENTE ITALIANO IN UCRAINA DI CUI NON SI HANNO NOTIZIE DA SABATO - ERA UN CALCIATORE, FACEVA IL PORTIERE IN BOLIVIA, POI UN GIORNO HA DECISO DI IMBRACCIARE IL KALASHNIKOV E DARE LA CACCIA AI RUSSI, CON IL NOME DI BATTAGLIA “AQUILA NERA” - IVAN È IL FIGLIO ADOTTIVO DI ALESSANDRA SGARELLA, SEQUESTRATA DALLA ‘NDRANGHETA A MILANO NEL 1997 E RIMASTA PRIGIONIERA DEI BANDITI NELLA LOCRIDE PER DIECI MESI, PROPRIO MENTRE STAVA ASPETTANDO L’ARRIVO DI IVAN DALLA RUSSIA


     
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    Claudia Guasco per “il Messaggero”

     

    Da sabato sera il comandante Rome non dà notizie. La sua squadra è stata attaccata durante un'operazione a Mariupol: «Il gruppo di Ivan è vivo, stanno cercando di tornare indietro».

     

    Ma negli scontri cinque soldati sono morti e quattro feriti. Non si conoscono i loro nomi e sulla sorte di Aquila nera le notizie sono frammentarie, filtrano a fatica dall'assedio della città. Il padre Pietro, settant' anni, aspetta. Un mese fa diceva: «Ivan Luca sta bene, so solo questo».

     

    Poi è stato risucchiato da una guerra non sua, il richiamo è stato irresistibile.

    Ivan Luca Vavassori faceva il portiere di calcio in Bolivia, un giorno ha postato una foto delle scarpette appese al chiodo e ha imbracciato il kalashnikov: «È una decisione difficile ma può salvare delle vite. Non lasciamoli da soli, hanno bisogno di noi», scriveva sotto il bando di reclutamento di legionari del consolato ucraino.

     

    PORTIERE

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    Ivan Vavassori, trent' anni compiuti il 20 aprile, è figlio adottivo del titolare dell'Italsempione, importante azienda lombarda nel settore della logistica, e di Alessandra Sgarella, sequestrata dalla 'ndrangheta nel cortile di casa a Milano a dicembre 97.

     

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    È rimasta prigioniera dei banditi nella Locride per dieci mesi proprio mentre lei e il marito aspettavano l'arrivo di Ivan allora bimbo di cinque anni da Elektrostal, nei pressi di Mosca. Alessandra Sgarella è morta nel 2011 e Ivan ha fatto sua la passione del padre per il calcio: Pietro è stato patron della Pro Patria fino al 2015, il figlio portiere in serie C nella stessa squadra, quindi ha giocato con la maglia del Legnano e del Bra.

     

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    Poi ha tentato il grande salto partendo per la Bolivia e allenandosi con il Real Santa Cruz, puntando a un ingaggio. Finché i russi invadono l'Ucraina e la sua visione del mondo cambia così come il diario sui social: da allenamenti, parate tra i pali e sessioni in palestra alle ricognizioni tra morti e macerie, nelle file delle brigate internazionali.

     

    «In mezzo a una foresta bruciata dai bombardamenti russi. A solo 500 metri dalla linea nemica. Senza casco ne protezioni. Senza paura. Sentinelle in azione», è uno dei suoi video. Ha annunciato la partenza per l'Ucraina il 28 febbraio: «Non voglio stare a guardare». E le ultime foto in un mondo di pace - nel salotto di casa con il cane, al ristorante, in vacanza su un quad - sono una dedica d'amore alla fidanzata Eliana: «Quando uno va in queste situazioni ha il 50% di possibilità di ritornare vivo. Lascio dietro di me qualcuno di fantastico come te».

     

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    Aquila nera, chiamato così per il nastro nero che lega al caricatore del mitra, è sparito nei feroci combattimenti a sud est del Paese e potrebbe essere stato coinvolto in un attacco russo. La notizia viene diramata in un messaggio dal suo profilo: «Ci dispiace informarvi che la scorsa notte, durante la ritirata di alcuni feriti in un attacco a Mariupol, due convogli sono stati distrutti dall'esercito russo. In uno di questi c'era forse anche Ivan, insieme con il quarto Reggimento». A sedici ore dalla scomparsa del comandante Rome, arriva un aggiornamento. «La squadra di Ivan è ancora viva - si legge - Stiamo provando a portarli indietro.

     

    Il problema è che sono circondati dalle forze russe così non sappiamo quando o quanto tempo impiegheranno a rientrare. Ci sono cinque morti e quattro feriti. La nostra squadra migliore sta provando a riportarli indietro però non sappiamo il numero dei nemici e il tipo di truppe».

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    AL FRONTE

    Aquila nera non si è mai tirato indietro di fronte ad alcuna missione. All'inizio scalpita, si sente sottoutilizzato, proprio lui che sostiene di poter contare sulla dura formazione della Legione straniera: «Avevo firmato per cinque anni ma sono uscito dopo tre». Gira i primi video con la colonna sonora di Platoon, vuole entrare in azione.

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    Si definisce «guerriero del Signore, duro di testa e difficile da gestire», non si demoralizza nonostante le armi recuperate dalle brigate internazionali siano poco più che reperti della Seconda guerra mondiale. «Ci mancano armi e vestiti per difenderci dal freddo», racconta. Malamente equipaggiato, finisce in prima linea. Viene colpito: «Primo fottuto proiettile, febbre a 39,5. Però non posso fermarmi. Domani medicine e si torna a combattere».

     

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    Esce vivo da una missione suicida: «Faccio parte della fanteria, sono un assaltatore. Siamo riusciti a rubare dei blindati russi, dei bazooka e altre armi. Abbiamo deciso di proseguire in incognito, armati di mitra kpos attaccheremo le basi del nemico. Morire vent' anni prima o vent' anni dopo, poco importa».

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