DAGOREPORT
enrico letta
Chi incontra Enrico Letta in queste ore post disfatta scopre quello che è sempre stato: un democristiano alla continua ricerca di un accordo che piagnucola: “Che potevo fare? Avevo la parole di Conte che avrebbe votato la fiducia al governo Draghi. Avevo la parola e il bacio di Calenda a fare coalizione col Pd…”.
E poi risponde alle critiche di Cacciari e Ferrara: “Mettere su un rassemblement alla francese, privo di accordi politici, per fronteggiare l’ascesa della destra a Palazzo Chigi è stato impossibile per l’opposizione dei 5Stelle”.
MASSIMO DALEMA
E l’amarezza di Enrichetto diventa tristezza nel vedere che nella Banda dei Quattro (Bettini, D’Alema, Travaglio e Casalino), cerchio magico intorno alla Pochette di Conte, brilla un esponente del partito come Goffredone e l’ex compagno Baffino che nutre livore verso i dem.
Essì: sia i tre partiti del centrodestra che quelli del centrosinistra hanno in comune che non sono d’accordo su niente. Ma il Partito Democratico, una scissione, non se la può permettere. Perché è un partito strutturato che andrà in gennaio a congresso, come prevedono le regole statuarie, e chiederà ai delegati di pronunciarsi su un ritorno con l’ex alleato Conte oppure no. Due mozione che si contrappongono e vinca chi ha più voti.
GOFFREDO BETTINI
Sul nome del successore, Letta arriccia naso-bocca-orecchi al nome del para-renziano Stefano Bonaccini, sorvola sulla Ocasio-Cortez de’ noantri, l’impronunciabile Elly Schlein, allora meglio il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci. Ma la carta coperta ha il volto di un altro sindaco: Beppe Sala.
LETTA BONACCINI BONACCINI ENRICO LETTA BEPPE SALA