C.L. per la Repubblica
GRILLO DINOSAURI
Ora che dalla parte del No si è schierato un movimento di popolo - quelle Sardine che hanno contribuito a sconfiggere Salvini in Emilia Romagna a gennaio e che restano l' aggregatore più innovativo della politica italiana - nel M5S si materializza lo spettro di un colpo di scena al referendum di domenica prossima. «Diciamo che consideriamo il successo un po' meno scontato, ma restiamo abbastanza fiduciosi», racconta un grillino di governo.
Tanto la situazione appare più precaria rispetto a qualche giorno fa, che ieri è tornato a farsi vivo Beppe Grillo, proprio per dare una spinta al partito del Sì. Nel post domenicale del suo blog, il fondatore scrive che «il popolo italiano potrà riappropriarsi del proprio potere, ricacciando nella foresta i dinosauri del Giurassico, destinati all' estinzione dalla cometa della riforma istituzionale». Anche se nel testo (probabilmente di qualche giorno fa) scrive che si voterà «tra due settimane» anziché la prossima.
beppe grillo luigi di maio
Nel blog i "dinosauri" vengono proprio nominati: «Casini, Giachetti, Bertinotti, Prodi, Parisi, Cirino Pomicino, Sisto, Napoli, Brunetta, Violante, Formigoni, Bonino, Zanda, Finocchiaro, Santanché, Orfini, Sgarbi, Rotondi, ecc.». Con alcuni dei diretti interessati che gli replicano: «Con il Sì arrivano nuovi dinosauri », Osvaldo Napoli (Fi); «Noi Dc siamo eterni e tu eri il nostro comico», Gianfranco Rotondi (Fi).
Anche Luigi Di Maio dà ragione a Grillo e rilancia: «Qualcuno chiama il referendum del 20-21 il referendum dell' antipolitica.
E allora come definiscono gli assenteisti i trasformisti o quelli che frequentano il Parlamento una volta al mese ricevendo stipendi da 15 mila euro? Questa è antipolitica».
E dalla tappa barese della campagna elettorale annuncia la nuova battaglia: «Il prossimo passo sarà tagliare gli stipendi dei parlamentari, come già facciamo noi del M5S». Sicuro come di spuntarla, domenica, «vedo un fronte del No molto spaccato, che ha idee confuse: c' è chi usa la paura per non fare riforme stanno girando molte falsità ».
beppe grillo giuseppe conte luigi di maio
Dalla stessa parte c' è anche Nicola Zingaretti, segretario del Pd, l' altro partito di governo. «Odio l' antipolitica ma se qualcuno sostiene con quegli argomenti una mia stessa proposta non devo fare io un passo indietro, è un progetto di riforma che può cambiare in meglio l' Italia », dice il leader Pd chiudendo la festa nazionale dell' Unità a Modena.
Da oggi si apre la settimana cruciale in vista del voto. Stop all' attività parlamentare (anche per le concomitanti regionali) e scontro tra pro e contro il taglio dei 345 parlamentari. «La vittoria del sì sarebbe solo la vittoria dei populisti e dei sovranisti, dei Salvini delle Meloni e dei Di Battista che la sapranno sfruttare ai loro fini», sostiene il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova.
LEGA DIVISA, ANCHE FONTANA PER IL NO SALVINI
Marco Cremonesi per il Corriere della Sera
goffredo bettini beppe grillo
L' ultimo è stato Attilio Fontana. Non soltanto in ordine di tempo: l' ultimo proprio. Perché da qui al referendum, di prese di posizione leghiste contrarie al taglio dei parlamentari non ce ne saranno più: Matteo Salvini ha imposto lo stop e la posizione ufficiale resta quella del Sì.
Posizione peraltro manifestata in quattro votazioni, due al Senato e due alla Camera.
Come riporta il quotidiano online Malpensa24 , il presidente della Lombardia si è espresso sabato a Somma Lombardo. Appunto per dire che voterà No al referendum di domenica e lunedì prossimi.
Il governatore parte dalla presa di posizione (anche lui per il No) di Giancarlo Giorgetti: «Quello di Giancarlo è un ragionamento logico: non si può dare un semplice taglio ai parlamentari senza altre riforme. È improponibile». La vittoria del Sì richiederebbe infatti un adeguamento di un gran numero di meccanismi di funzionamento della Repubblica, dal ridisegno dei collegi alle regole per l' elezione del presidente della Repubblica alla modifica dei regolamenti parlamentari.
Conte Zingaretti
Il governatore lombardo ha ancora il tempo di spezzare una lancia a favore del sistema elettorale maggioritario che «ha sempre funzionato benissimo». Opinione simile quella espressa ieri da Giorgetti al Festival città impresa di Vicenza: «Andiamo verso una legge elettorale proporzionale che rafforzerebbe questa dinamica disastrosa».
Poi, poco più tardi, arriva lo stop di Salvini a tutto il partito: evitare le prese di posizione in favore del No.
Salvini fino a un certo punto aveva anche preso con filosofia i liberi pensatori all' interno del suo partito: «La Lega non è una caserma». E in tutto il centrodestra la tentazione di votare No era e resta forte assai: il taglio dei parlamentari, così come arriva al voto è una battaglia soprattutto del M5S (non a caso ieri Grillo ha pubblicato un post «contro i dinosauri») e semmai del Pd. Insomma, l' eventuale sconfitta del Sì - per quanto improbabile - sarebbe un colpo deflagrante per la coalizione giallorossa e forse per lo stesso governo.
roberto maroni attilio fontana matteo salvini
E allora perché Salvini ha imposto il silenzio? Perché dopo la presa di posizione di Giorgetti, che della Lega è il vicesegretario vicario, le libere opinioni avrebbero potuto diventare diluvio. Aveva cominciato l' economista Claudio Borghi, avevano proseguito l' ex ministro Gian Marco Centinaio e l' ex sottosegretario Armando Siri, Guglielmo Picchi nonché il segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi e l' autorevole Massimiliano Capitanio.
Non bisogna grattare molto per scoprire che tutta la Lega è contraria al taglio dei parlamentari così come potrebbe risultare dal referendum del prossimo weekend. È vero: tutti o quasi tutti i deputati e i senatori della Lega l' hanno votata. Ma considerandola un pegno politico al vecchio governo gialloverde.
Ora che quello è morto e sepolto, liberi tutti? Niente affatto, intima Salvini. Perché il segretario di tutto ha bisogno tranne che di risultare, in un momento così delicato, plasticamente isolato persino nel suo partito. Le regionali saranno un passaggio decisivo anche per la leadership nel centrodestra. Che sia messa in discussione nel suo stesso partito, Salvini non può accettarlo.
fontana salvini