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    SUPERBONUS, SUPER CAOS – PER UN CLAMOROSO ERRORE DI STIMA DEL VALORE DEI LAVORI, E PER I MANCATI CONTROLLI, SI È CREATO UN BUCO DA 8-10 MILIARDI PER LE CASSE DELLO STATO – IL MEF STRONCA IL SUSSIDIO EDILIZIO VOLUTO DA GIUSEPPE CONTE: “DISTORSIONI CHE INDEBOLISCONO L’EFFICACIA DEGLI INTERVENTI”. IL CAOS DEI CREDITI DI IMPOSTA, CHE RISCHIA DI FAR IMPLODERE IL SETTORE DELL’EDILIZIA…


     
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    Estratto dell’articolo di Giuseppe Liturri per “La Verità”

     

    GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE

    Il caos sul Superbonus 110% per l’efficientamento energetico degli edifici è stato generato da un clamoroso errore di stima del valore dei lavori e dei potenziali beneficiari, oltre che da altrettanto clamorosi buchi nel sistema dei controlli preventivi per accedere all’agevolazione.

     

    È questa la conclusione che si trae leggendo le 37 pagine che il direttore generale del dipartimento delle finanze del Mef, Giovanni Spalletta, ha illustrato giovedì pomeriggio in audizione presso la commissione Finanze del Senato. Considerando tutti i bonus edilizi, l’ultima previsione aggiornata del Mef sale a 110 miliardi complessivi, spalmati fino al 2026, rispetto ai 72 miliardi della stima iniziale. Ben 38 miliardi in più, 25 dei quali sono imputabili al Superbonus 110%, che è passato da 36 a 61 miliardi (destinati ad incrementare per tenere conto dei dati di dicembre).

     

    SUPERBONUS 110 SUPERBONUS 110

    Ma cosa è accaduto? In teoria lo strumento era quello giusto. Infatti, i tecnici hanno colto l’occasione per allargare lo sguardo a tutto il sistema dei crediti di imposta di cui, in premessa, tessono le lodi perché «consentono di determinare ex ante l’ammontare del beneficio e di monitorare nel tempo la spesa in termini di risorse stanziate».

     

    Peccato che […] ciò sia stato vero per tutti i crediti tranne che per quelli relativi ai bonus edilizi. Invece altre tipologie di agevolazioni fiscali «non consentono di determinare in via preliminare e astratta il reale “vantaggio fiscale” per il singolo contribuente e l’effettiva “spesa” per l’amministrazione».

     

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    Pur essendo una tipologia di agevolazione utilizzata in innumerevoli occasioni, anche per interventi di modesta entità, i crediti di imposta per bonus edilizi, per Transizione 4.0/ricerca e sviluppo, per investimenti nel Mezzogiorno e per i costi di energia e gas delle imprese, hanno rappresentato il 60% delle compensazioni eseguite dai contribuenti nel 2022.

     

    […] Invece, a proposito dei bonus edilizi, si apre un buco nero. Leggiamo che «i contribuenti hanno beneficiato delle agevolazioni in misura sensibilmente superiore alle attese, con conseguenti maggiori oneri rispetto alle risorse impegnate a legislazione vigente in occasione dell’introduzione delle agevolazioni» e che questi maggiori oneri determineranno minori incassi di imposte dirette, per gli anni 2023-2026, «compresi tra 8 e 10 miliardi».

     

    Giovanni Spalletta Giovanni Spalletta

    La causa? Dal Mef non hanno dubbi. «Una misura del beneficio molto elevata (comunque superiore al costo) e presidi di controllo ridotti sono suscettibili in generale di introdurre distorsioni che indeboliscono l’efficacia degli interventi». Parole che giungono a consolidare i dubbi che da tempo incombono su tutta la vicenda.

     

    Da un lato una percentuale così elevata elimina il conflitto di interessi tra committente e fornitore, elemento essenziale per la compressione della spesa. Sul punto specifico, un recente rapporto dell’Enea rileva che i costi specifici unitari di alcuni beni agevolati con il Superbonus risultano in «parecchi casi circa il doppio» di quelli finanziati con altre misure, a causa, «probabilmente anche della più elevata aliquota di detrazione».

     

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    Dall’altro l’assenza di «specifici presìdi di garanzia», come visti di conformità e l’asseverazione della congruità dei prezzi. È stato questo l’anello mancante - su cui i tecnici del Mef puntano il dito - che ha portato la circolazione non regolamentata dei crediti tramite cessioni a diventare fonte di frodi. Non le cessioni in sé. Non a caso uno dei primi interventi del governo Draghi è stato quello di introdurre l’obbligo di visto di conformità e l’asseverazione della congruità delle spese sostenute.

     

    Insomma, un disastro annunciato per i conti pubblici reso possibile da un incredibile livello di sprovvedutezza nella definizione della disciplina della circolazione dei crediti. A pensar male, ma a volte ci si azzecca, sembra quasi che chi ha concepito la norma (il Superbonus 110% fu varato dal governo Conte 2 ad agosto 2020) abbia intenzionalmente voluto affossare la circolazione dei crediti, anziché incentivarla.

     

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    Ma dai numeri forniti dal Mef emerge che la partita non è affatto conclusa. Infatti, «sulla base dell’aggiornamento al 31 dicembre 2022 risulta che sono state effettuate cessioni per il Superbonus 110% e per gli altri bonus edilizi per 58,4 miliardi di euro dei quali 6,6 sono già stati utilizzati in compensazione».

     

    Quindi i 110 miliardi hanno finora prodotto «solo» 6,6 miliardi di effettivi oneri per le casse dello Stato e sono stati oggetto di cessione per poco più della metà. Ciò significa che esiste una quota importante di crediti ancora in capo al committente dei lavori o all’impresa che li ha eseguiti. Se questi ultimi non riusciranno a compensarli con i rispettivi debiti fiscali o a cederli (che è un modo per consentire ad altri soggetti di compensarli) allora l’onere per lo Stato sarà molto inferiore rispetto ai 110 miliardi oggi stimati. E pare questa la strada prima imboccata dal governo Draghi con misure draconiane e sulla quale sta proseguendo il governo Meloni, concedendo qualche maggiore flessibilità.

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