FRANCESCO MANACORDA per “La Repubblica”
Qesta sera alle dieci, mentre molti italiani si staranno godendo l’inizio di un fine settimana estivo, in alcune stanze tra Londra, Francoforte, Siena e Roma sarà in corso un confronto che, nonostante il linguaggio da iniziati lo renda difficilmente comprensibile, avrà effetti su tutti noi.
LEZIONE DI ANATOMIA
A Londra l’Eba, l’Autorità bancaria europea, rilascerà allo scoccare delle 22 i risultati dello “stress test” sui principali istituti del Continente. Che cosa siano gli “stress test” lo spiega la parola stessa: prove sotto sforzo, un po’ come quelle che si fanno sottoponendo un paziente all’elettrocardiogramma mentre corre sul tapis roulant.
In questo caso, ovviamente, trattandosi di banche il test somministrato da Londra sotto sforzo prevede una situazione simulata di affanno non fisico ma finanziario: insomma — ci si chiede — che cosa succederebbe agli istituti europei se la situazione dell’economia peggiorasse (ancora) sensibilmente?
DRAGHI RENZI
I risultati, per quel che riguarda l’Italia, sono già noti: quattro grandi banche su cinque se la caverebbero bene, un’altra si troverebbe con il fiatone e comincerebbe a inciampare. La banca che arranca è il Monte dei Paschi di Siena, che come ama ricordare è l’istituto di credito più antico del mondo.
Sarà che gli anni volano per tutti, sarà che nel passato recente a Siena hanno ecceduto in stravizi creditizi, ecco però che Mps si ritrova addosso una bella quantità di crediti che i suoi clienti fanno fatica a ripagare; quelli che in gergo si chiamano “sofferenze”.
VITTORIO GRILLI jpeg
Un po’ come se l’istituto avesse addosso tanto grasso superfluo che certo non aiuta a correre sul tapis roulant. Tanto è vero che un paio di settimane fa altri medici — questa volta stanno a Francoforte e si chiamano Bce — hanno ordinato a Siena di perdere nel giro di tre anni 10 miliardi di sofferenze nette.
passera e salza
In Italia, però, non vogliono lasciarsi prendere in contropiede. Appena questa sera i puntigliosi esaminatori di Londra spiegheranno che il paziente senese è in cattiva forma, la stessa banca Mps conta di annunciare a gran voce che sta molto meglio di quel che sembri: è pronta a levarsi di dosso assai rapidamente dieci miliardi di sofferenze nette — un po’ come si fa in quelle diete miracolose da sette chili in sette giorni — e a farsi fare una bella iniezione di ricostituenti sotto forma di un aumento di capitale da cinque miliardi di euro.
Sta trattando con la Bce per farlo, mentre ieri è spuntata anche una terapia alternativa, proposta da Corrado Passera e di cui non si conoscono i dettagli.
Meno crediti di cattiva qualità addosso e più soldi in cassa sembra una ricetta sicura per il successo, ma ancora ieri sera gli uomini di Siena e i loro consulenti stavano cercando chi si accollasse i rischi di quell’aumento di capitale: non è proprio facile trovare chi metta a disposizione costosi ricostituenti se il futuro del paziente desta più di qualche preoccupazione.
UBS
Non è detto quindi che la soluzione sia positiva. Ma contiamo pure che Mps ce la faccia e che l’aumento di capitale possa partire. Il governo spiegherà che è stata trovata una soluzione “di mercato”, senza impiegare fondi pubblici.
Del resto è necessario che sia così perché se si usassero soldi pubblici per mettere in sicurezza la banca, le regole europee applicate con rigore assoluto da un’ennesima equipe — questa volta la Commissione di Bruxelles — prevedrebbero che a pagare il conto fossero anche gli obbligazionisti subordinati della banca. A Matteo Renzi questa formula non piace e si capisce perché: penalizzare gli obbligazionisti di Mps significa esporsi al rischio che gli investitori stranieri considerino le nostre banche poco affidabili; e poi un intervento con i soldi pubblici per la banca della sinistra toscana per antonomasia metterebbe lo stesso Renzi di fronte non al rischio — ma alla certezza — di attacchi politici.
SIMBOLO EURO FRANCOFORTE BCE
Se la soluzione di mercato per Mps passerà sarà un bene perché la banca riuscirà ad essere risanata senza pesare sui conti pubblici e quindi su tutti i contribuenti. Ma è anche vero che i tentativi italiani di far passare a Bruxelles una qualche sorta di aiuto pubblico per Siena — senza doversi sottoporre alle regole che prevedono sacrifici anche per gli obbligazionisti — sono andati a vuoto.
Dunque, se in futuro ci sarà un’altra crisi bancaria il precedente istituito in questo caso prevede che non ci possano essere aiuti di Stato, se non con la penalizzazione di chi ha obbligazioni n quella banca, e che si debba procedere affidandosi al mercato.
protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia 6
Quello che si può sperare — quello che il governo e la Banca d’Italia sperano — è che risolto il caso Mps la situazione delle altre grandi banche non richieda alcun tipo di intervento. Se in questi mesi le quotazioni dei nostri gruppi creditizi sono scese a precipizio è stato per la paura di un contagio: la terapia finanziaria imposta alla banca senese dovrebbe eliminare questo timore.
andrea enria large
Altri dubbi restano. Sarà davvero un’operazione “di mercato”? Da un lato è vero che l’aumento di capitale di Mps sarà garantito da una serie di banche private che — ovviamente sotto lauto compenso — si accollano il rischio nel caso l’operazione non dovesse andare in porto. Dall’altra i crediti andati a male della banca saranno rilevati da Atlante o dal suo successore Atlante 2, insomma da un fondo che vede forte protagonista la Cassa Depositi e prestiti che ha come azionista il Tesoro e coprotagonisti una serie di altre banche, assicurazioni e — da ultimo — fondi previdenziali di categoria che hanno deciso di muoversi anche a fronte di un’insistente “moral suasion” di Palazzo Chigi: una soluzione da “economia mista”, si potrebbe dire.
siena 1
Sottoposti ai test dell’Eba che paiono abbastanza penalizzanti per le nostre latitudini, rimandati a casa con le loro richieste dalla Commissione europea, costretti a dimagrimenti improvvisi dalla Bce, gli italiani si confermano pazienti esemplari. Forse dovrebbero cercare anche di avere un peso maggiore tra i tanti medici che, tra diagnosi e prescrizioni, si avvicendano al capezzale delle loro banche.