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    C’ERA UNA VOLTA…BAMBI – TARANTINO RIVELA IL SUO TRAUMA INFANTILE: "BAMBI È STATO LA MIA ESPERIENZA MEDIATICA PIÙ TERRIFICANTE. NON POTEVO IMMAGINARE QUELLA SEQUELA DI DISGRAZIE: SANTO CIELO! COSA STAVO GUARDANDO?" – POI PARLA DI ‘C’ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD’ (“E’ UN FILM SUL FARE I FILM”) E DELLA INTENZIONE DI MOLLARE IL CINEMA DOPO IL DECIMO FILM: “VOGLIO SCRIVERE E DIRIGERE LAVORI TEATRALI” - VIDEO


     
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    Paola Zanuttini per “Il Venerdì di Repubblica”

     

    Visti i tempi ridotti, preferisce che le dia poche risposte lunghe o tante risposte brevi?».

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    Faccia lei, Mr. Tarantino. Basta che siano buone. Avvolto in una camicia esotica quanto il mogano dei suoi capelli - neanche uno bianco, a 56 anni - Quentin Tarantino affronta impavido e pragmatico il tritacarne delle interviste per il lancio europeo di C' era una volta a... Hollywood (in Italia dal 18 settembre): un' esclusiva brevissima per ogni Paese.

     

    Il suo nono film racconta tre giorni del 1969 - l' 8 e il 9 febbraio e poi la notte fra l' 8 e il 9 agosto - di Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), attore di serie televisive western che negli anni Cinquanta se la passava meglio, e della sua controfigura Cliff Booth (Brad Pitt, ottimo) amico fedele e factotum. In una Hollywood che cambia faccia e valori, Rick si sente alla deriva, il suo agente (Al Pacino) gli consiglia di andare a girare spaghetti western in Italia e la cosa non gli tira su il morale. Lo rallegra molto di più scoprire che i suoi nuovi vicini a Cielo Drive, su a Bel Air, sono la coppia del momento, Polanski-Tate: magari un po' di glamour e fama ricadranno anche su di lui, basterebbe l' invito a un party in piscina.

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    Roman non c'è quasi mai, ma Sharon (Margot Robbie) sì. E anche deliziosamente incinta.

    La critica angloamericana sostiene che questo sia il film più personale di Tarantino e lui ha dichiarato che è il più vicino a Pulp Fiction perché racconta di due protagonisti che incrociano moltissimi altri personaggi fra le mille luci di Los Angeles.

     

    Naturalmente aleggia la strage di Cielo Drive: Tate, tre amici e un passante sterminati dalla Manson Family Ma cominciamo dalla fine. Che è l' argomento tabù, quindi fondamentale. Qui si sfiora lo spoiler, ma evitando la collisione. E Tarantino, con le dovute cautele, ne parla volentieri.

     

    Da alcuni anni lei flirta, a modo suo, con l'happy ending: una conversione ai buoni sentimenti?

    «Non esageriamo, però è vero. Sono sempre stato e continuo a essere allergico al lieto fine, ma non se è trasgressivo. E questo, poi, è davvero un lieto fine? Per certi versi sì, ma per altri è tristissimo».

     

    Stavolta, e già in Bastardi senza gloria e in Django Unchained, lei ha dato una salutare raddrizzata alla Storia, sviluppando l' irresistibile equazione cattivi=scemi. Ma, oltre lo schermo, quanto può il cinema modificare, se non il passato, almeno il presente?

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    «Sì, c' è questo elemento in comune, infatti li considero una trilogia. Naturalmente un film non può cambiare la realtà, ma può influenzarla».

     

    Quest' inversione di rotta è connessa a una tardiva rielaborazione del suo trauma infantile con Bambi, l'unico film nella storia del cinema che l' ha veramente spaventata?

    «Oddio, non credo. Ma devo ammettere che Bambi è stato la mia esperienza mediatica più terrificante: le pubblicità mostravano un cerbiatto con gli amichetti e non potevi avere idea della tragedia cui stavi andando incontro».

     

    L'incendio della foresta, la morte della madre, il rito di passaggio...

    «Non potevo immaginare quella sequela di disgrazie: santo cielo! cosa stavo guardando?».

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    Negli States C' era una volta a...Hollywood ha avuto il miglior debutto tra tutti i film di Tarantino. La critica anglosassone, salvo rare eccezioni, lo ha molto apprezzato, quella francese perfino adorato. In molti hanno gridato al capolavoro. Ma gli italiani no.

     

    A gran parte dei recensori nostrani quest'ode a un cinema e a un tempo perduto, ambientata in quella linea d'ombra fra lo star system e la New Hollywood, fra il sogno americano e il brusco risveglio, non è piaciuta tanto E quella impeccabile, ossessiva, amorosissima ricerca di dettagli per ricostruire un'epoca ha suscitato più insofferenza che tenerezza e nostalgia.

     

    È stata tirata in ballo la necrofilia della cinefilia.

    «E che cosa vuol dire?»

    QUENTIN TARANTINO A ROMA PER PRESENTARE C ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD QUENTIN TARANTINO A ROMA PER PRESENTARE C ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD

     

    Forse che lei ama tutta la roba che non c' è più.

    «O forse è la solita accusa: tutto quello che faccio è pastiche. Ma la necrofilia non ha una sua vita, né un battito cardiaco, mentre i miei film quel battito ce l' hanno eccome».

     

    È già partita la gara a scovare ed elencare le citazioni, gli easter eggs, cioè le sorprese nascoste, i riferimenti, insomma tutta quella messe di preziosità, cianfrusaglie e detriti sedimentati nella sterminata memoria cinematografica e televisiva di Tarantino. Film e serie ormai dimenticati, piccole star che hanno smesso di brillare da oltre mezzo secolo, mode e suoni che nessuno ha nobilitato come vinta insomma, quel cumulo di conoscenze e ricordi che per alcuni non produce nient' altro che pastiche e per altri invece irresistibili e sontuose meraviglie.

    quentin tarantino foto di bacco (6) quentin tarantino foto di bacco (6)

     

    Secondo lei, quanto è connessa la memoria al talento e all' intelligenza?

    «Tenendo conto del fatto che una grande e buona memoria può trarre in inganno ed essere scambiata per intelligenza, credo che sia comunque un prerequisito per essere uno scrittore di qualità. Ne hai bisogno per ricordare persone della tua vita, i loro modi di dire. Magari a 15 anni avevi un professore con un suo intercalare che risaliva al Midwest e da quello sviluppi un personaggio: un tipo con cui non hai parlato per anni adesso ti parla e ti aiuta a maneggiare quel personaggio.

     

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    Molte cose riversate nel film io le ho viste negli anni Sessanta e Settanta quando i film restavano in sala per un anno. The Wrecking Crew, il film che Sharon/Margot va a vedere chiedendo l' ingresso gratis alla bigliettaia del cinema perché lei è una delle interpreti, l' avrò visto a 8 anni, non l' ho mica cercato in rete.

     

    L'ho visto perché sapevo chi era Dean Martin, che mi piaceva tantissimo, soprattutto nelle commedie con Jerry Lewis. Da The Wrecking Crew, tradotto in italiano in modo assurdo, Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm, ho preso ispirazione per scrivere la parte di Margot: c' erano assonanze, rimandi, possibilità di sviluppare situazioni».

    brad pitt in c'era una volta a hollywood brad pitt in c'era una volta a hollywood

     

    È legata a un ricordo personale di Tarantino quella scena quasi commovente con Margot Robbie che, in stivali plasticosi bianchi, mini in tinta e dolcevita nero già diventati icona, guarda il film, ma soprattutto le reazioni del pubblico alle sue gag (cioè quelle vere di Sharon Tate). Agli esordi, il giovane Quentin chiese di entrare gratis nel cinema che proiettava il suo film. Perché era il regista, lui.

     

    Robbie e DiCaprio non erano ancora nati nel 1969, ma dicono che Tarantino ce li ha fatti entrare, definitivamente. Questo dell' entrare, dello stare dentro è il leitmotiv di una scena importante: sul set Rick aspetta di girare una comparsata da cattivo del West insieme a una ragazzina serissima che, anche fuori scena, non vuole essere chiamata col suo nome, ma con quello del suo personaggio per calarsi più a fondo nella parte. Una lezione di professionismo e dedizione che lascia basito il cialtronissimo Rick.

    quentin tarantino e margot robbie alla conferenza stampa di cannes quentin tarantino e margot robbie alla conferenza stampa di cannes

     

    «La piccola attrice viene da un luogo di completa purezza, recita nel modo più puro per una quantità di buone ragioni: non si preoccupa di diventare una star o della carriera o dei soldi, vuole solo interpretare altre persone, dare e prendere bene la battuta, essere l' attrice più pura che può. Se ne frega del successo, quel che conta è far bene quello che deve fare, affronta la recitazione come un sacerdote».

     

    E che cosa rappresenta?

    «Rick è nei casini, ha un sacco d' ansia e di stress e la cosa comica è che se li crea tutti da solo: ha una buona carriera, in effetti l' ha avuta, e molto migliore di tanti altri, ma non l' apprezza. È geloso di gente come Steve McQueen non perché vuole fare gli stessi film o lavorare con i registi di serie A che lo ingaggiano, ma perché vuole essere ricco e famoso come lui, con la villa sulla spiaggia di Acapulco. Questa bambina gli indica un modo puro di esistere, un modo di apprezzare quello che ha».

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    Domanda di rigore: la sua definizione personale di genere cinematografico.

    «Posso ricondurre quasi ogni film a un genere cinematografico, perché ognuno per qualche grado aderisce a un genere. La cosa divertente è che un film di Éric Rohmer è indiscutibilmente di genere rohmeriano e se fai un film alla Rohmer rientri in questo genere, ma se lo guardi non te ne accorgi, a meno che non ne veda due o tre di seguito, altrimenti sembra sempre senza genere: al Sundance festival è pieno di film così. Un genere non nasce con l' etichetta predeterminata: temi, scelta degli attori, linguaggio, scene, costumi, musiche, recitazione lo definiscono gradualmente. Poi, quel genere può piacerti o non dirti un bel niente».

     

    C' era una volta a... Hollywood va classificato come buddy movie? Una storia di amicizia maschile?

    c era una volta a hollywood tarantino c era una volta a hollywood tarantino

    «No, come un film sul fare i film. Ce ne sono scaffali pieni: da Singin' in the Rain a Effetto notte a Stuntman. Ma in effetti è anche un film sull' amicizia.

    Dopo aver lavorato un po' sui personaggi mi sono chiesto che storia volevo raccontare: ho costruito una situazione più melodrammatica per i due amici, ma poi mi sono reso conto che non c' era bisogno di storia. Questi due sono la storia: l' ambiente, il periodo e il sapere cosa sarebbe successo erano più che sufficienti. Mi sono sbarazzato di un plot melodrammatico per andare in giro qualche giorno con Rick e Cliff».

     

    Questo è il suo nono film: in passato ha annunciato che dopo il decimo si sarebbe fermato.

    margot robbie, quentin tarantino, leonardo di caprior e brad pitt margot robbie, quentin tarantino, leonardo di caprior e brad pitt

    «E rimane la mia intenzione. Voglio scrivere e dirigere lavori teatrali».

     

    Il teatro riuscirà a soddisfare la sua visionarietà?

    «Io non volevo essere tanto visionario, poi è andata così, ma col tempo sono diventato molto più letterario. Scrivere libri e testi teatrali mi sembra un' attività molto più adeguata a un uomo anziano».

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