Estratto dell’articolo di Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"
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Sara Petraglia, figlia di un celebre sceneggiatore, Sandro Petraglia, all’esordio con L’albero in anteprima alla Festa del cinema, racconta due ragazze di 20 anni «chiuse nel loro piccolo microcosmo, libere e vitali ma anche egocentriche, bugiarde e viziate». Le attrici sono Carlotta Gamba (Angelica) e Tecla Insolia (Bianca), che ha proprio 20 anni e ha scoperto «di cantare prima di parlare». Nel 2019 ha vinto Sanremo Young e nel 2020 ha partecipato al Festival ma anche interpretato in una fiction Nada da giovane.
Perché la crisi?
«Perché nella musica c’è la necessità di costruire un personaggio che è un po’ un’ossessione, il look, il business, un meccanismo pesante legato all’immagine. […]».
«[…] Non sono estremamente sociale, credo nella solitudine, in cui sono sempre stata.
Vengo da un paesino, Piombino, e le mie compagne di classe erano indifferenti a quello che facevo nella musica. Mia madre dice che era invidia, io non credo, loro non erano interessate a me e io non avevo desiderio di mostrarmi».
FRANCHINO IN FANTOZZI
Questo film è un ritratto generazionale?
«No, non lo è. Mi sono ritrovata assuefatta da quelle due ragazze e dallo stile originale con cui vengono raccontate. Dialoghi che non leggi di solito. Parlo dell’autenticità dei loro sentimenti. Mi piace la nostalgia di Bianca, mi rivedo molto in lei, a parte la cocaina. I ventenni vengono raccontati in modo superficiale, invece partecipiamo alla politica, ci mettiamo la faccia. Solo che nessuno lo dice, si dice invece che siamo confusi ma non è vero. Io non ho sfiducia verso il futuro».
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Di cosa ha paura?
«Della retorica. E di perdere le conquiste ottenute. Dobbiamo lottare per l’aborto e contro le discriminazioni. Ma per fortuna sono troppe le fonti di informazione ed è indomabile la nostra sete di conoscenza».
La giovinezza è un battito. Cosa vorrebbe che restasse?
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«[…] Vorrei avere la possibilità di commettere errori. Da sempre passo il tempo con persone più grandi di me ed è come se tutti volessero anticiparmi le stagioni della vita, vorrei essere io a governarla. Più della paura del futuro, temo che tutto finisca, vorrei trattenere le cose che amo».
[…]
L’impatto col cinema?
«Si vive una dimensione dilatata, poi tutto finisce. Ora giro Primavera di Damiano Michieletto, dal romanzo Stabat Mater di Tiziano Scarpa, sono la violinista del convento-conservatorio, che non ha identità, dove insegnava Vivaldi (Michele Riondino). Ho dovuto imparare a suonare il violino, ma so che lo farò solo per i mesi del progetto. Butterò via tutto. Sto crescendo e mi chiedo, ma è davvero quello che volevo fare?».
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