BARBARA LEZZI 1
Annalisa Cuzzocrea e Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
Nicola Morra chiede udienza a Beppe Grillo per essere graziato, Barbara Lezzi annuncia di volersi candidare nell' organo collegiale nascente, Matteo Mantero sostiene che non c'è più un capo che lo può cacciare, ma nel frattempo alla Camera alcuni deputati - mentre i senatori respingono l'espulsione appena annunciata - concludono i loro interventi in dissenso sul governo Draghi con una frase che è un messaggio in codice: «L'alternativa c'è».
nicola morra foto di bacco (1)
Cosa vogliono, i 51 ribelli del Movimento, tra contrari, astenuti e assenti non giustificati (30 alla Camera, 21 al Senato)? Fare causa in tribunale, proporre ricorsi al Senato e alla Camera, restare nel gruppo - e nel partito - nonostante abbiano violato la decisione assunta dagli iscritti su Rousseau e il chiaro volere di Beppe Grillo? Il presidente della Commissione antimafia ha sentito Lorenzo Borrè, storico legale dei ribelli grillini. Si aggiorneranno la prossima settimana, però, perché nulla è ancora deciso.
ALESSANDRO DI BATTISTA DICE ADDIO AL M5S DALLA CUCINA
Un'altra possibilità c'è ed è quella di andare, tutti, sotto un nuovo simbolo e creare nuovi gruppi. Sarebbero abbastanza numerosi da avere fondi autonomi e un'agibilità politica nuova riservata da regolamento alle opposizioni. E guarda caso, alle sette di sera, Alessandro Di Battista che da fuori guarda crescere la rivolta, decide di intervenire su Instagram segnando la strada: «Ci sono cose da dire. Scelte politiche da difendere.
Domande a cui rispondere e una sana e robusta opposizione da costruire», scrive, dando appuntamento per una sorta di intervista social alle 18 di domani.
ANTONIO DI PIETRO ELIO LANNUTTI
Per chiudere scrive «coraggio», ed è come se chiamasse alle armi i deputati che stanno per votare a Montecitorio, spingendoli verso il no. Di fatto, verso un Contro-Movimento che agisce da settimane dentro la pancia del M5S, ma che potrebbe diventare un' altra cosa ora che Beppe Grillo ha chiarito che «i grillini non sono più marziani».
Il Garante ha infatti provato a intervenire in due modi: la notte tra mercoledì e giovedì ha dato mandato a Vito Crimi di espellere per direttissima tutti coloro che votavano in dissenso rispetto alla decisione assunta a maggioranza su Rousseau. Dopo, ha scritto un post che era come l'urlo lanciato a Napoli due anni fa, all'ultima Italia a 5 stelle, quando davanti alle reticenze per l'accordo di governo con il Pd aveva chiuso il suo discorso con un liberatorio vaffa.
DAVIDE CASALEGGIO ALESSANDRO DI BATTISTA
«Oggi, alle 21:55 la sonda Perseverance atterrerà su Marte - scriveva nel pomeriggio - alla stessa ora la Perseveranza atterrerà su un altro Pianeta. La Terra. Più precisamente alla Camera dei deputati. I grillini non sono più marziani».
Sulla terra però non tutti vogliono seguirlo. Non intende farlo Davide Casaleggio, che lo dimostra tentando di ostacolare con ogni suo atto - attraverso Rousseau - la nuova strada di Crimi e compagni. Così questa storia diventa, prima di tutto, un parricidio. Nel pronunciare i loro no, gli eletti dei 5 stelle stanno rinnegando il garante. Che lo facciano i nuovi arrivati Pino Cabras e Francesco Forciniti non fa impressione. Che quei No arrivino da Lezzi, Morra, Di Battista, cambia invece tutto.
giuseppe conte beppe grillo luigi di maio
Ai vertici M5S si parla di un'offerta fatta direttamente da Antonio Di Pietro proprio all'ex deputato: «Prenditi il simbolo dell' Italia dei Valori», avrebbe proposto l'ex pm a "Dibba".
Solo dopo, sono intervenuti gli intermediari. Il senatore Elio Lannutti, l'ultimo segretario Idv Ignazio Messina, che da due giorni si nega al telefono ai cronisti. Non è detto che tutto vada in questa direzione. Che se anche al Senato nascesse un gruppo con quel simbolo, vi finiscano dentro tutti i fuoriusciti.
LUIGI DI MAIO PAOLA TAVERNA
Matteo Mantero, Doriana Sarli, Wilma Moronese, sono più vicini a Sinistra italiana che ai neosovranisti in stile Raduzzi o Villarosa (astenuti, per ora). «È più facile aggregare il dissenso che il consenso», dice passeggiando in cortile il vicecapogruppo M5S Riccardo Ricciardi. Ricorda una cosa vera: che tutte le volte che ci hanno provato, i fuoriusciti, sono finiti in mille rivoli. E però stavolta è diverso. Escono in tanti, tutti insieme.
Di Battista non scioglie del tutto la riserva, non lo fa mai, ma è lì a coccolarli e a dire loro bravi. Questo cambia molto, forse tutto. E Giuseppe Conte? L'ex premier rimane sullo sfondo ed è, per paradosso, il punto di riferimento di entrambe le fazioni. Di chi resta e ha provato a formare un intergruppo con Pd e Leu per dare una cornice al suo impegno. E di chi va e, come Rosa Alba Testamento, dice in aula con gravità che il suo governo è finito per un complotto e che Conte era «scomodo per le sue virtù».
paola taverna
Con chi starà, l'ex premier, con chi come il deputato Devis Dori vede in Draghi «la consacrazione del neoliberismo, dell'Europa a tutti i costi e il primato della finanza sulla vita delle persone»? O con Fico, Grillo, Di Maio, Taverna, Patuanelli, Lombardi, Crimi. Il nuovo esecutivo lo ha appoggiato, la sua scelta dovrebbe averla fatta. Resta l'ultimo passo: quello da fare dentro il Movimento. Scegliendo quale.