
CHE NELLA TESTA DI JOHN ELKANN FRULLI L’IDEA DI VENDERE “LA REPUBBLICA”, NON È UN MISTERO. GIÀ UN…
CHE NELLA TESTA DI JOHN ELKANN FRULLI L’IDEA DI VENDERE “LA REPUBBLICA”, NON È UN MISTERO. GIÀ UN ANNO FA SI SPETTEGOLÒ DI TRATTATIVE A TORINO CON UNA CORDATA DI IMPRENDITORI E BANCHE MILANESI - ELKANN, COSÌ CHIC E COSÌ SNOB, AVREBBE GRADITO LA PRESENZA NELLA CORDATA DI UN NOME INTERNAZIONALE. ED ECCO SPUNTARE L’IMPOSSIBILE: VINCENT BOLLORÉ, PATRON DI VIVENDI E DELLA DESTRA OLTRANZISTA FRANCESE – L’ULTIMA INDISCREZIONE ACCREDITA UNA VOGLIA DI CARTA AL BOLOGNESE ANDREA PIGNATARO, SECONDO MILIARDARIO D’ITALIA - VERO, FALSO, INVEROSIMILE? QUELLO CHE È CERTO È CHE LA CRISI MONDIALE DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA STA DIVENTANDO UN ‘’DRAMMA ECONOMICO’’, CON MINACCIA DI CHIUDERE LE FABBRICHE STELLANTIS, E LA LINEA ANTI-GOVERNATIVA DI “REPUBBLICA” È UNA FONTE DI GUAI, NON ESSENDO PER NULLA GRADITA (EUFEMISMO) DAI “VENDI-CATTIVI” DELLA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI….
DAGOREPORT
Che nella testa di John Elkann frulli l’idea di vendere “La Repubblica”, non è un mistero.
Se ne parla dall’anno scorso, quando un articolo sul “Fatto Quotidiano”, accese un vespaio di voci e indiscrezioni svelando che il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari faceva gola a una cordata meneghina capitanata da Claudio Calabi, un manager di grande esperienza anche nel campo editoriale, essendo stato amministratore di “Rcs-Corriere della Sera” e “Il Sole 24 Ore”.
La notizia, che non ha mai ricevuto smentita né dal manager né dal Gruppo Gedi, venne confermata il 23 ottobre 2024 da un report di Dagospia: “Calabi ha avuto recentemente contatti con una decina tra i più doviziosi imprenditori e finanzieri italiani: siete pronti a scucire una quota di 10 milioni di euro per dare vita a una cordata?”
“I nomi contattati che circolano sarebbero: Luca Garavaglia della Campari, Giovanni Ferrero, Alessandro Benetton, Giovanni Tamburi, etc.
A quanto pare, tutti molto scettici di imbarcarsi in una avventura, una sorta di public company, che di sicuro finirebbe in un bagno di sangue (puoi anche comprarti “Repubblica” ma è un’impresa a dir poco ostica comprarsi i giornalisti di Largo Fochetti)”.
Da parte sua Elkann, pur non dichiarando pubblicamente di volersi disfare del suo impero di carta, ha negli anni ceduto gran parte dei giornali locali, “l’Espresso”, “il Secolo XIX” del Gruppo Gedi acquistato cinque anni fa dalla Cir di Marco e Rodolfo De Benedetti. E si spettegolò di incontri a Torino tra Calabi e Gianluca Ferrero, storico commercialista della famiglia Agnelli/Elkann.
Intanto restava fuori “La Stampa”, per il dovuto rispetto che la Famiglia deve portare alla città di Torino.
Secondo: Elkann, così chic così snob avrebbe gradito, bontà sua, la presenza nella cordata di Calabi di un editore-imprenditore internazionale.
Ed ecco spuntare su “il Foglio” un articolo di Stefano Cingolani che scova ‘’il collegamento internazionale’’ che l’erede Agnelli va cercando, un nome che è sabbia negli occhi per i giornalisti di Largo Fochetti: Vincent Bolloré, patron di Vivendi e della destra oltranzista francese (prima per Éric Zemmour poi per Marine Le Pen).
Cingolani aggiunge nello stesso tempo che ad opporsi all’idea di scendere in edicola in Italia si sono alzati i due figli di Bollorè, Yannick e Cyrille.
Mentre sulla cordata di Calabi, Cingolani spruzza un po’ di pepe: “Ne faceva parte anche la Lettera43 edita da Paolo Madron. Si era parlato anche di Luigi Bisignani, che però aveva smentito.
A supporto finanziario, la “Risanamento” (nomen omen), società immobiliare milanese presieduta e amministrata appunto da Calabi, il suo pacchetto azionario è per il 48,8 per cento posseduto da Intesa Sanpaolo e per il 22,2 per cento da Unicredit”.
Girano le voci e l’affare s’ingrossa: tra una telefonata e uno spiffero, con lo stesso obiettivo di Calabi, è spuntata sul taccuino di Dagospia un’altra indiscrezione che accredita una voglia di “Repubblica” al bolognese Andrea Pignataro, dotato di un patrimonio di oltre 30 miliardi di dollari (secondo solo a quello di Ferrero), che negli ultimi 20 anni con il suo gruppo Ion ha acquistato più di 30 aziende nel campo dei dati e delle tecnologie finanziarie.
JOHN ELKANN - CARLO DE BENEDETTI
Vero, falso, inverosimile? Quello che è certo è che il posizionamento anti-governativo del gruppo editoriale Gedi è una fonte di guai per l’ex rampollo di Gianni Agnelli, non essendo per nulla gradito (eufemismo) dai “vendi-cattivi” componenti della Fiamma Magica di Palazzo Chigi, che dopo l’uscita “spintanea” di Maurizio Molinari confidavano in un Mario Orfeo più “morbido” nei confronti del governo Meloni.
Avere contro l’autoritarismo di questo governo, mentre la crisi mondiale dell’industria automobilistica sta diventando un ‘’dramma economico’’, sta pesando sul portafoglio di John Elkann.
adolfo urso Jean Philippe Imparato
Se n’è avuto un segnale due giorni fa, quando, durante un intervento agli Stati Generali sull’energia organizzati da Forza Italia a Montecitorio, Jean-Philippe Imparato, responsabile Europa di Stellantis, non l’ha toccata piano: “Siamo a pochi mesi da un dramma industriale che pochi vedono. Se le cose non cambiano, chiuderemo le fabbriche”.
A questo punto: tra crisi dell’automotive e un governo che non vuole vederlo nemmeno in fotografia con i suoi golfini rosa, a che serve al tycoon di Torino possedere un giornale, gravato pure da conti in rosso Gedi ha chiuso il 2024 con 224 milioni di fatturato e 15 milioni di perdite). Insomma, urge una via d’uscita…
gianni infantino donald trump john elkann
39 vincent bollore
VINCENT BOLLORE
la repubblica
giovanbattista fazzolari giorgia meloni - foto lapresse
JOHN ELKANN CON LA FIAT TOPOLINO
john elkann scia a st moritz foto chi
JOHN ELKANN IN AUDIZIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI - FOTO LAPRESSE
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