Luca Mastrantonio per "Sette - Corriere della Sera"
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Victoria De Angelis nel 2013 non poteva sapere che sarebbe diventata la bassista del più travolgente gruppo rock italiano. Né che dopo un anno incredibile di successi in giro per il mondo con i Måneskin avrebbe festeggiato il suo compleanno sul palco all’Arena di Verona dove il pubblico le ha cantato in coro tanti auguri.
Non poteva immaginare che avrebbe vinto Sanremo e l’Eurovision, e poi avrebbe suonato con quel Mick Jagger che non era riuscita a vedere al Circo Massimo, e che marchi di moda come Etro e Gucci l’avrebbero corteggiata come una top model degli Anni 90.
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Sì, nove anni fa, nella sua casa di Monteverde, a Roma, suonava già la chitarra elettrica nella stanza con i poster alle pareti. Ma quando c’era il sole prendeva per mano il suo vero amore, lo skateboard, e in tuta, t-shirt e cappello da baseball schizzava in strada.
Roba da maschi, le dicevano alcuni che non capivano. Lei se ne fregava e con gli amici Matteo e Lorenzo girava per il quartiere, ricco di sali-e-scendi, gradini, marciapiedi e rampe per salti e piroette, danzando sulla tavola con le rotelle.
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IL SUO IDOLO È LA CANTANTE KIM GORDON DEI SONIC YOUTH: «IN UN MONDO DI MASCHI HA MANDATO ALL’ARIA GLI STEREOTIPI DI BELLEZZA»
«Lo skate» ha scritto sui social «è avere una passione e un sogno. È quella cosa che, anche se cadi e ti fai male, ti fa rialzare e riprovare nonostante tutto». Su Instagram la prima foto postata, nel 2013, è di una pista per skaters mentre su Youtube, caricati nello stesso anno, ci sono video dove sfreccia per le vie del suo quartiere.
Colpisce il sorriso infrangibile, sbuca da un volto da biondo angioletto grunge. Un sorriso che quando cade rotola sull’asfalto ma non si scheggia, né si incrina quando le si rompe tra i piedi la tavola di legno che ha fatto surfare su gradini e marciapiedi. Ne recupera un’altra, si siede sul marciapiede e si mette a smontare le ruote dalla tavola vecchia e le rimonta su quella nuova.
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Felice come quando ti senti padrona del tuo sogno. Certo, non tutto quello che si rompe si può riparare, ma puoi rendere preziosa persino una ferita, se sai come fare. I giapponesi mettono foglie d’oro tra le crepe dei vasi, lei riparava il suo skateboard. A vederla suonare saltando e roteando, sembra che il palco sia il suo nuovo skatepark. Si vede da come sorride. Concentrata, indemoniata, felice.
A 8 anni suonando il riff di Smoke on the water
Victoria “Vic” De Angelis nasce il 28 aprile 2000 a Roma. Il papà Alessandro De Angelis, originario dell’Abruzzo, ha un’agenzia di viaggi a Roma. La mamma Jeanett è nata in Danimarca. Con la sorella Virginia, Victoria condivide le iniziali del nome, il guardaroba e la precoce passione per il rock, anzi per il “rokc”, come è scritto su un foglio a righe appeso sulla porta: “rokc studio”.
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In un video caricato dal padre nel 2008, quando Vic aveva 8 anni, la si vede suonare con la chitarra elettrica il riff di Smoke on the Water dei Deep Purple. In un altro video protesta, rivolta alla madre: «No, non si può fare così».
Sta studiando, non è pronta per venire ripresa. Clic, la madre spegne la telecamera. I genitori sono sempre stati rispettosi della sua volontà. Molti avrebbero preso per un capriccio il no alla divisa della scuola elementare, che prevedeva la gonna. La piccola Vic voleva essere libera di vestirsi da «supermaschiaccia», racconta: «I miei hanno capito, dando il giusto peso ai miei sentimenti». E le hanno cambiato scuola.
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La scoperta del basso: «Non l’ho più mollato»
Alle medie musicali, la folgorazione. Abbandona la chitarra: «La prof mi sgridava per la posizione. Mi ha fatto provare il basso e... non l’ho più mollato! Mi piace il suono. È un misto tra melodia e ritmo, ti dà il groove e tiene il tempo».
Così, tra gli idoli della sua epoca, da Lady Gaga a Harry Styles, e di quelle precedenti, da David Bowie a Kurt Cobain, Britney Spears e Avril Lavigne, mette al centro la bassista Kim Gordon: fondatrice dei Sonic Youth, assieme a Lee Mark Ranaldo e Thurston Moore.
Il gruppo americano, dalla fine degli Anni 80, diventa il punto di riferimento della musica alternative rock, indie e grunge. «In quegli anni il rock era un mondo maschile» spiega a Elle nel 2021. «Kim Gordon se n’è sempre fregata, ha mandato all’aria ogni stereotipo di bellezza, nel suo modo di stare sul palco c’era qualcosa di aggressivo, sguaiato, ma ha conquistato migliaia di persone attraverso il suo strumento». Il basso. E per suonarlo serve un gruppo.
A.A.A. band cercasi
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Alle medie Vic mette su una decina di formazioni. Fanno cover tipo Personal Jesus dei Depeche Mode e Gold on the Ceiling dei The Black Keys. In una di queste c’è pure Damiano David, più grande di un paio di anni. «Ci chiamavano The Third Room: suonavamo in aula 3» ha raccontato Vic al Corriere della Sera. «Facevamo metal e Damiano voleva fare cose più pop. Lo abbiamo allontanato».
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Al liceo J. F. Kennedy di Monteverde incontra Thomas Raggi, chitarrista rockettaro, e le cose si fanno più serie: cercano un cantante, spunta una ragazza, brava, ma viveva fuori Roma e non riusciva a incastrare gli impegni. Si rifà vivo Damiano: «Mi ha scritto che voleva fare sul serio: non era più una “pippa” a cantare, era migliorato».
Ethan Torchio, di Frosinone, arriva grazie a un annuncio di Victoria su Facebook. Il quartetto è al completo: carismatica voce soul e pop, chitarra di puro rock, basso punk-glam, batterista con formazione jazz.
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Provano a casa di Vic, bassista e basista del gruppo che però non ha ancora un nome. Lo trovano a metà del 2016 quando devono partecipare al Pulse Festival, contest romano per gruppi liceali. Lo vincono con una finale in cui sul palco si portano due ballerini scatenati.
«PER CONQUISTARMI NON SERVONO SOLDI NÉ ADDOMINALI. HO AVUTO AVVENTURE E STORIE DURATURE CON DELLE RAGAZZE ED È ANDATA BENE»
Il futuro della musica rock italiana
«Domenica abbiamo visto un possibile futuro della musica» scrive con acume il critico Fabrizio Galassi. All’epoca suonavano nei licei occupati, Kennedy, Mamiani e Virgilio, e nei locali Rashomon club, Bigstar... «Una delle rare volte in cui ci avrebbero pagato, 50 euro a testa» racconta Vic a Vanity fair nel 2021, «li offrimmo a quelli dopo di noi per suonare al posto loro, più tardi, c’era più folla. La visibilità vale più dei soldi. Lo pensiamo ancora».
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Su Youtube ci sono ancora le esibizioni in strada, in periferia e in centro a Roma. Già cantavano Chosen, futura hit, e le offerte finivano nel portachitarra dove c’era un cartone con Måneskin scritto a pennarello. Il nome è danese. Significa “chiaro di luna”. «Arrivò per caso, io iniziai a sparare alcune parole nella lingua di mia madre» ci raccontò Victoria, nel 2018, quando 7 intervistò i Måneskin freschi di X Factor.
«La parola suonava bene e ci piaceva anche l’idea della luce nel buio», avevano aggiunto Curiosità: il “chiaro di luna” è un cliché della poesia romantica che un secolo fa i Futuristi volevano uccidere, considerato ormai superato. Come il rock, prima che i Måneskin lo resuscitassero. Sulla Danimarca, però, serve un passo indietro.
In Danimarca vacanze istruttive
Le vacanze in Danimarca, dalla famiglia della mamma, per Victoria sono sempre state molto istruttive. «Vedevo i bambini molto più liberi, mentre in Italia le mamme sono apprensive» raccontava al Corriere nel 2021.
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«E poi in Danimarca sono più avanti rispetto a noi sugli stereotipi di genere. Sono cresciuta più aperta, ma anche papà che è italiano ha sempre avuto una mentalità aperta». Ma l’anno in cui Victoria trova la sua nuova famiglia, i Måneskin che ancora non si chiamano Måneskin, il 2015, è segnato dalla perdita della madre. Victoria non ama parlarne, il dolore è un fatto privato.
In pubblico, su Instagram, ha messo una foto della mamma che gioca a minigolf. Poi ha ricordato il primo anniversario della scomparsa con la foto della lapide, a forma di cuore, al cimitero della chiesa di Humlebæk, vicino al mare. «Ero una ragazza spensierata, mi sono ritrovata a non voler più uscire di casa» ha raccontato a Elle a proposito degli attacchi di panico.
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Il chiaro di Luna, la luce nel buio
«C’era qualcosa di rotto in me e non sapevo come ripararmi. Prima me ne vergognavo, ora non ho più bisogno di nasconderlo. Ne sono uscita grazie a una terapia, alla famiglia, agli amici. Ma è da sola che impari a gestire certe voragini».
Suonare l’ha aiutata a non farsi paralizzare dalle paure. I ragazzi del gruppo sono andati con lei in Danimarca e hanno suonato: nel giardino della zia poi per strada, in qualche pub. «Lì ci siamo conosciuti come persone, mentre prima suonavamo solo, ma senza frequentarci», ci raccontò nel 2018. Lì nascono i Måneskin. La luce oltre il buio. Un gruppo vero, eclettico, autentico, determinato.
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Schiava e padrona di sé stessa
Quando li abbiamo rivisti per la copertina di 7, a inizio 2021, era la vigilia del Sanremo che avrebbero vinto con Zitti e buoni e dell’uscita dell’album Teatro d’ira vol. I. Nelle foto, di Olivero Toscani, il «gruppo più sexy del pianeta», come dirà poi Drew Barrymore incontrandoli negli studi del Tonight Show di Jimmy Fallon, è senza veli. Nudi, come le mamme li hanno fatti, coperti solo da un colore: Victoria si dipinse con il «colore terra, per me significa naturalezza».
In copertina Victoria era a petto nudo, come Damiano. «Perché un maschio può e una femmina no?» ribatte. Da tempo sfida Instagram che censura foto a seno nudo. A volte ci disegna sopra cuori, altre volte mette copricapezzoli, anche fatti in casa, con nastro nero a forma di X. Provocazione? Non sopporta gli ipocriti.
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«Molti ragazzi parlano di apertura» ci disse, «di rispettare le donne ma sono i primi a dire “questa è una cicciona”, “questa ha i peli sotto le ascelle”, “questa è una troia”. Una donna che ha molta libertà sessuale o molti partner o si veste provocante la si associa alla professione della sex worker per insultarla.
Così si accresce lo stereotipo delle donne per forza caste, mentre io, se sono maschio e faccio sesso con cento ragazze, sono figo. Oggi c’è un po’ di apertura in più, l’omosessualità è più sdoganata, ma in molti poi scatta la frase “sì, ok ma questa cosa non la farei mai, ti pare?”».
Fan di Game of Thrones
Il pezzo dell’album Teatro d’Ira vol. I che più sente suo è I wanna be your slave / I wanna be your master (omaggio a I wanna be your dog di Iggy Pop, con cui poi suoneranno assieme): «Voglio essere il tuo schiavo, voglio essere il tuo padrone. Mi riconosco nel dualismo degli opposti. Ognuno tende a farsi un’idea di sé e a bloccarsi lì» ci ha detto.
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«Invece si può avere piacere a pensare ed essere cose opposte, restando sé stessi. Senza forzare altri o sforzarsi per cose che puoi apprezzare dopo, ma per cui ora non ti senti pronto».
Nel video lecca una mela con delle lamette, senza tagliarsi. E mentre benedice, a modo suo, Ethan inginocchiato, sembra propendere per la padrona. Le piace che la chiamino Queen, Regina. Sul trono allestito per il lancio de Il ballo della vita nel locale di Milano, Santeria Social Club, nel 2018, era molto a suo agio sul trono. In fondo la Madre dei draghi è il suo personaggio preferito di Game of Thrones.
A girl in a band
Com’è essere l’unica ragazza in mezzo a tre maschi? «Normale» dice. «E poi per me non è importante il sesso di una persona. Conta il rapporto che ho con lei. E con i ragazzi il mio legame è fraterno». Si definisce bisessuale ma non ama le definizioni, né le incursioni nella sua vita privata. «Ho avuto un flirt con un collega molto famoso, ma non dico chi è» raccontò a Le Iene dopo Sanremo.
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«Per conquistarmi non servono soldi, cene offerte o addominali. Ho avuto avventure e storie durature con delle ragazze ed è andata bene». L’estate scorsa è stata fotografata con la presunta compagna. Ma chi vuole entrare nel mondo di Victoria, più che il gossip può leggersi Girl in a band (minimumfax) il memoir di Kim Gordon. Racconta la vita di una «ragazza in una band» che ha fatto la storia della musica, e poi le scelte di un’artista che, dopo la fine dei Sonic Youth (e della storia con Moore) ha prodotto musica, arte, moda.
Con la stilista Daisy von Furth ha creato X Girl, che ha femminilizzato l’estetica skater e riot. Chloë Sevigny era l’icona del marchio, tra i fan c’erano Sofia Coppola a Kathleen Hanna. Era un must Anni 90.
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La bodypositivity anti-panico
Il nuovo singolo dei Måneskin esce oggi, 13 maggio, e si chiama Supermodel. Per Victoria la cura dello stile fa parte del progetto Måneskin: rock fluido, incendiario, inclusivo dove per essere autentici bisogna contaminare. Lavorare sul look, mescolare i generi significa scardinare i cliché, ha raccontato a Independent, con il suo ottimo inglese.
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Può aiutare le persone fragili a sentirsi comprese e gli altri ad allargare le prospettive. L’obiettivo è stare bene con sé stessa e aiutare gli altri a farlo, è body positivity anti-panico. Senza l’obbligo di essere sempre fashion: «Trucco e vestiti mi aiutano a sentirmi meglio con me stessa, più figa» ha detto a Elle «ma ho periodi in cui vorrei stare in tuta e basta. E si può trascorrere una bellissima giornata anche struccata e coi capelli in disordine». In fondo, lo skateboard è sempre lì pronto.
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