Guido Olimpio per il ''Corriere della Sera''
alexandr poteyev
Nome: Alexandr Poteyev. Anni: 64. Grado: colonnello. Incarico: vice responsabile del Dipartimento S del servizio esterno russo. L' agente che è scomparso due volte, il protagonista di una spy story dove nessuno vuole scrivere la fine.
Torniamo per forza all' inizio, al 2010. L' ufficiale scappa dopo aver tradito una decina di spie dormienti negli Stati Uniti. Lo hanno «esfiltrato» - come si dice in gergo - facendolo arrivare in treno prima in Bielorussia, quindi in Germania. Da qui ha spiccato il volo verso il rifugio statunitense, accolto dalla Cia e da una nuova vita. La seconda sparizione è più recente, risale al mese di luglio, quando è circolata la notizia della sua morte, sempre negli Usa.
alexandr poteyev
Una fine misteriosa che ha lasciato dubbi in chi crede sia una «coincidenza» costruita a tavolino dai maghi di Langley. In altre parole il suo decesso sarebbe un trucco per sottrarlo alla vendetta del Cremlino. Fantasie, ribattono altri, è finito sotto terra per una malattia, anche se concedono che poteva diventare un target di un' operazione «bagnata», di un omicidio. Ma c' è anche chi arriva a sostenere che Alexandr non sia mai esistito e che la sua vicenda altro non sia che un modo per coprire «buchi» o colui che davvero ha spifferato le informazioni riservate .
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In realtà la giustizia russa non lo ha dimenticato: su di lui pesava una condanna a 25 anni di prigione, sia pure in contumacia. Verdetto accompagnato da allusioni a conti da regolare. A Mosca non l' hanno presa certo bene. Poteyev ha fatto un danno immenso fornendo i nomi e dati di un network costruito con la classica pazienza dallo Svr. Coppie con figli, uomini d' affari e la bella Anna Chapman, russi che vivevano come americani e da americani in alcune grandi città. Miravano alle informazioni economiche, agli ambienti di Wall Street, al mondo degli affari. Erano dei «clandestini», con una doppia vita.
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Non li avrebbero mai beccati se il loro responsabile non li avesse fregati per poi fuggire di gran fretta usando il passaporto del fratello. Un' uscita rocambolesca accompagnata da un semplice messaggio alla moglie: «Cerca di prenderla con calma. Parto per sempre, anche se non volevo. Ma non ho scelta. Ripartirò da zero e cercherò di aiutare i ragazzi».
sergei tretyakov
Promesse che non sappiamo se abbia mantenuto. La vita dei transfughi non è mai facile, spesso sono vittime di paranoie, sono inseguiti dalle ombre. E li attende un sentiero tortuoso. Come la storia di Sergei Tretyakov, il «compagno», deceduto nel 2010 - sempre quell' anno maledetto - in Florida. Anche lui era membro dell' intelligence russa e come Poteyev è diventato una talpa degli americani, garantendo montagne di dritte sull' apparato spionistico e i miliardi lucrati all' epoca di Saddam Hussein nell' operazione di baratto cibo-petrolio.
È stata la compagna Helen a dare l' annuncio ai media dicendo che si trattava di «morte naturale». Una precisazione per evitare - aggiungeva - che da Mosca affermassero di averlo eliminato. Tutto però troppo semplice per essere accettato senza una coda di voci, dallo strozzamento a causa di un boccone andato per traverso alla grave malattia. Inevitabile. Uno 007 non può spirare in pace .
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