Enrico Franceschini per “la Repubblica”
theresa may
A un mese di distanza i segni del terremoto sono sotto gli occhi: la Gran Bretagna ha un nuovo premier, un nuovo governo e una nuova politica economica, preannunciata da un nuovo ministro del Tesoro per affrontare una possibile recessione.
Gli ottimisti ribattono che, trenta giorni dopo il voto a favore di Brexit nel referendum sull’Unione Europea, la Borsa di Londra non è crollata, anzi cresce, e non è cominciato il finimondo: perfino Mario Draghi, annoverato fra le Cassandre della vigilia, deve notare la «capacità di recupero dei mercati finanziari di fronte all’incertezza » generata dalla decisione del Regno Unito di uscire dalla Ue. Ma i campanelli d’allarme suonano a oltranza. E non soltanto per i sudditi di Sua Maestà.
La prima conseguenza del voto per Brexit si è vista nei palazzi di Westminster: David Cameron si è dimesso e al suo posto è subentrata Theresa May, che ha sostituito George Osborne come ministro del Tesoro con Philip Hammond.
Osborne medesimo, all’indomani del referendum, aveva già segnalato la fine della sua politica della rigida austerità e dei tagli a oltranza per azzerare il deficit entro il 2020; Hammond lascia capire che il prossimo budget potrebbe portare più spesa pubblica e tagli fiscali per evitare una crisi economica; e la neo-premier parla di «strategia industriale» a beneficio degli esclusi della globalizzazione.
MAY E MERKEL A BERLINO
Nei suoi primi incontri May ha ripetuto a Angela Merkel e Francois Hollande che «Brexit significa Brexit»: pur schierata nel referendum per rimanere nella Ue, non è chiaro se manterrà con Bruxelles neppure un accordo per restare almeno nel mercato comune.
Promette che il divorzio da Bruxelles sarà “un successo”, la nuova premier, ma intanto l’indice Pmi sull’attività economica è crollato al livello più basso dal crack globale del 2008, l’indice dei servizi cala in modo analogo e la sterlina ha perso – dal 23 giugno, giorno del referendum – l’11 per cento contro il dollaro e il 9 contro altre valute.
THERESA MAY E L INCHINO ALLA REGINA ELISABETTA
L’indice Ftse 100 del London Stock Exchange ha chiuso venerdì a 6730, la quota più alta in quasi un anno, ma la Borsa tiene, secondo gli analisti, nella speranza di stimoli all’economia da parte della Banca d’Inghilterra. E ce ne sarà bisogno, avverte Chris Williamson, capo economista di Makrit, prevedendo che avanti di questo passo nel terzo trimestre 2016 l’economia entrerà in recessione.
Del resto anche la Bce ritocca al ribasso (sia pure solo dello 0,2 e 0,1 per cento) le previsioni di crescita per l’eurozona nel 2017 e 2018, a conferma che i campanelli d’allarme innescati da Londra suonano per tutti. L’effetto reale di Brexit, insomma, si capirà dopo l’estate.
MAY