Alessandra Nanni per www.ilrestodelcarlino.it
Un ferro da stiro bollente a un millimetro dalla faccia per costringerla a fare sesso con lui. «Ti sfiguro il viso» sibilava il marito mentre faceva i suoi comodi. In quei momenti, dice «ho creduto di morire». Non solo è ancora viva, ma quell’uomo, o come lo chiama Giuseppina «il nulla», è stato condannato a 4 anni di carcere per quello che le ha fatto. La Cassazione ha confermato la pena e per lui si apriranno le porte del carcere.
Che sensazione prova?
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«Erano anni che aspettavo questo momento, adesso ne ho 55. Ma non si tratta di vendetta, è cose se finalmente qualcuno mi avesse creduto. Lui diceva che non l’avrebbero mai fatto».
Botte, stupri, umiliazioni e insulti per anni. Cosa l’ha fatta stare lì?
«Ero molto innamorata di lui, ma solo dopo ho capito perché ho sopportato per tutto quel tempo, era paura. La paura di non sapere dove andare».
La violenza sessuale era la cosa peggiore?
«Era sempre la stessa violenza, e non c’è nessuno con te che può vedere cosa ti sta facendo, nessuno che ti aiuti mentre lui ti mette il cuscino sulla faccia per non farti urlare».
Quando è stata la prima volta che l’ha picchiata?
«Eravamo ancora fidanzati, mi ha dato un ceffone. In quel momento avrei dovuto capire, ma non l’ho fatto. Quando sei innamorata perdoni tutto e a quel punto entri in un vortice di cui non vedi il fondo e dove non smetti mai di cadere. Pensi che sia colpa tua, ti metti in discussione, mentre lui ti schiaccia e ti indebolisce sempre di più».
Cosa l’ha fatta reagire e trovare il coraggio di denunciarlo?
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«Ci ho messo un sacco di tempo, solo le donne che hanno passato quello che ho passato io possono capire quanto è difficile. Passavo le giornate su internet per trovare qualcosa o qualcuno che venisse in mio aiuto. Poi un giorno ero uscita dal lavoro e improvvisamente mi sono messa a piangere. Mi sono resa conto che se non avessi fatto qualcosa mi sarei suicidata, o mi avrebbe ucciso lui. Sono andata sul sito del Comune e ho trovato l’associazione Daphne. Ho chiamato e la mattina dopo alle otto ero da loro».
E che è successo?
«Che la prima sensazione che ho avuto è stata quella di essere al sicuro per la prima volta. Il percorso è stato lungo prima di arrivare alla denuncia. Ma quando mi ha messo il ferro da stiro acceso quasi attaccato alla faccia, sono corsa fuori, sono andata in ospedale a farmi medicare per le botte che avevo preso e poi dall’avvocato Stefano Caroli (nella foto piccola, ndr) per andare a denunciarlo. Il giudice l’ha subito allontanato da casa».
Alla fine ha vinto lei.
«La vittoria non sta nel fatto che vada in galera, la vittoria vera è quello che ho fatto per me stessa. Dopo tante violenze subite, sono riuscita a rimanere a galla. So di essere cambiata, adesso mi proteggo mentre prima non lo facevo, anche se non riesco più ad avere considerazione degli uomini. Ma vorrei fare un appello alle donne».
Quale?
Ho iniziato a scrivere un libro su quello che ho passato, per dire che se ce l’ho fatta io che ero completamente sola, ce la possono fare anche loro. E mi metto a disposizione di chi ha bisogno di qualcuno con cui parlare. Sono qui, se posso fare qualcosa, chiamatemi. Ma soprattutto, vi prego, al primo schiaffo andatevene».
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