Fulvia Caprara per "la Stampa"
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I fan adoranti preferiscono scandirne il nome «Ti-mo-thée Ti-mo-thée». Il regista che lo ha inventato, Luca Guadagnino, lo chiama Timmy, e non smette di tesserne le lodi. Ovunque vada nel mondo è accolto da ovazioni, tifo da stadio, folla che assedia l'albergo in cui dorme. Dopo l'apparizione all'ultima Mostra di Venezia, con la schiena nuda e l'abito di seta rosso fuoco, ha occupato copertine di magazine e pagine di siti di tutto il mondo.
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Adesso, mentre è impegnato nelle riprese del secondo capitolo di Dune e mentre del suo film Bones and all (Leone d'Argento per la regia alla Mostra) si dice già che sia in odore di Oscar, Timothée Chalamet svela, con i suoi sguardi liquidi e allusivi, con l'aria da bambino ferito che potrebbe vendicarsi in qualunque modo, come ha fatto a trasformarsi nel cannibale più romantico della storia del cinema: «Il film è principalmente una vicenda d'amore, concentrata su personaggi che vivono nell'America Anni '80, in piena epoca reaganiana, quando ai cittadini statunitensi era stata fatta una promessa che poi non è stata mantenuta.
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Nel Midwest in cui si muovono i due protagonisti tante persone si sono ritrovate abbandonate, con ferite che ancora oggi hanno conseguenze. Lee e Maren sono giovani che combattono per trovare se stessi, il cannibalismo li separa dal resto della società, nel loro amore cercano il modo per essere accettati».
Per diventare Lee, accanto a Taylor Russell (Maren), diretto ancora da Luca Guadagnino, dopo il trionfo di Chiamami col tuo nome, Chalamet, doppio giro di perle al collo e pullover oversize pieno di cuori neri, spiega di essersi guardato intorno: «Credo che tutti in questi ultimi due anni, durante i periodi di lockdown, abbiano provato la sensazione dell'isolamento, dell'essere tagliati fuori. Ho capito che potevo esplorare il panorama di questo racconto proprio dopo aver sperimentato le chiusure che il Covid ci ha imposto».
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Quell'esclusione, quel senso di lontananza «sono stati terribili per tutti, ma ancor di più possono esserlo per due ragazzi come Maren e Lee che lottano per sapere chi sono in un mondo che forse, senza di loro, potrebbe essere migliore».
Nella metafora di Bones and all (nei cinema dal 23 con divieto ai minori di 14 anni), scritto da David Kajganich e basato sul romanzo omonimo di Camille DeAngelis, l'attore ritrova tracce evidenti di timori legati alla condizione giovanile attuale: «Basta pensare a quello che sta succedendo al pianeta, al problema del riscaldamento globale, alle scelte irrazionali di tanti governi che sembra vogliano tornare al passato dando spazio all'autoritarismo e celebrando l'individualismo».
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Insomma, non c'è da stare tranquilli, e la voglia di mordere potrebbe prendere il sopravvento: «Viviamo un'era in cui è facile sentirsi diversi». L'unica terapia, l'unico modo per sfuggire al senso di oppressione, potrebbe essere l'amore: «Sì, l'amore ti rende libero, ma è anche quella casella che, nella vita reale, non riesci sempre a sbarrare. L'amore è un desiderio profondo che ti accompagna, quello per cui tante persone lottano una vita intera, e questo è strano, perché tutti dovrebbero sentirsi degni di essere amati».
L'intesa con Luca Guadagnino è un sogno divenuto realtà, sia per il regista che per l'attore (ambedue ospiti di Fabio Fazio, stasera a Che tempo che fa): «Ho letto la sceneggiatura nel settembre del 2020 - dice il primo - a pagina 45 appare il personaggio di Lee, a pagina 47 avevo capito che l'unico Lee possibile era Timothée.
Ho detto subito che avrei fatto il film solo se lui ci fosse stato. Sentivo che nel mio rapporto con Timmy, nel fatto che questo fosse il mio primo film girato in America, c'era il segreto di qualcosa che mi interessava fare».
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Stessa, totale sintonia, per Chalamet: «Non sarei mai stato in grado di fare quello che ho fatto finora se non avessi incontrato Luca. Tutte le difficoltà, i provini, i rifiuti, tutto è stato superato quando Luca mi ha fatto il regalo di scegliermi per Chiamami col tuo nome.
Per me è un mentore, un grande amico, una figura molto importante nella mia vita, ha un ritmo artistico che mi coinvolge, è una roccia, mi auguro che potremo fare ancora tante altre cose insieme».
Con il pubblico dei ragazzi Guadagnino ha un rapporto speciale: «Non posso parlare di giovani come di una categoria generica, penso però che a un certo punto della vita si sia costretti a confrontarsi con parti di se stessi che non si conoscevano ed è interessante vedere come ciascuno viva questi momenti. Spero che guardando il film il pubblico giovane si senta più preparato ad affrontare lo sguardo dell'altro».
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Il desiderio, aggiunge il regista, è «il tema di tutti i film» e Chalamet concorda: «Credo che, specialmente quando si è adolescenti, i giudizi esterni possano infiltrarsi nella psiche, proprio mentre si ha voglia di abbandonarsi all'innamoramento. Così è più difficile riuscire a lanciarsi dalla scogliera con fiducia, magari, vedendo Bones and all, qualcuno ci riuscirà».
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