Andrea Pasqualetto per il Corriere della Sera
TINTO BRASS
Quadri e libri ovunque, due gigantografie di natiche e, al centro del tavolo, un grande fallo in legno.
Nessun dubbio: siamo a casa di Tinto Brass. Ci accompagna Ronny, il maggiordomo filippino che indica sorridendo il fondo del salone. Ancora qualche passo in mezzo a vecchie cassapanche illuminate da lampade di ogni tipo ed ecco spuntare, fra cuscini e telefoni, un uomo in pigiama. È lui. Seduto in un angolo del sofà, il sacerdote del cinema erotico italiano ci studia dai famosi occhiali con montatura rossa. Brass sembra piccolo, magro, quasi indifeso.
E il sigaro?
«Come?».
caterina varzi tinto brass
Non fuma più il sigaro?
«Ah sì Caterina dove sono i sigari?».
Caterina è Caterina Varzi, un tempo ricercatrice universitaria e avvocato con la passione della psicanalisi, oggi assistente premurosa di Brass. Dopo averla adocchiata nello studio legale di una società di produzione cinematografica, il regista l' ha voluta nel 2009 come protagonista di un cortometraggio, Hotel Courbet , eleggendola «musa ermeneutica» e seducente compagna di vita. Un legame che ha messo radici sotto altre forme dopo il 16 maggio 2010, quando Brass è stato colpito da un ictus che gli ha cancellato di colpo la memoria. Da allora lei è diventata «l' indispensabile, generosa, forte, amabile Caterina. Mi ha fatto rinascere».
In che senso?
«Mi ha riportato alla vita e alla memoria quando ero finito e pensavo di buttarmi giù dalla finestra dell' ospedale».
Cosa le ha fatto cambiare idea?
«La finestra.... era troppo alta - sorride -.
Caterina mi ha fatto tornare quello che ero. È la mia Circe paziente. E poi è molto, molto sexy» e indica le gigantografie delle natiche.
SERENA GRANDI E TINTO BRASS
Ah, è lei quella? Sembra Serena Grandi
«È lei, è lei, non vedi i nei?».
Quando vi sposate allora?
«Fra pochissimo: il 3 agosto, qui a casa mia.
Quattro testimoni e noi, una cosa intima. Sarà la felice conclusione della mia esistenza».
Conclusione!? Vorrà dire ripartenza
«Ripartenza ma anche conclusione perché quando io non sarò più in grado di badare a me stesso Caterina sceglierà per me la cosa giusta.
Le consegno la chiave della mia vita, sicuro che lei la girerà al momento giusto».
Eutanasia?
«Sì, voglio essere libero di decidere come morire, prima di perdere la dignità. Abbiamo un patto molto forte che vogliamo suggellare nel matrimonio. Se mi venissi a trovare in una condizione grave e irreversibile è giusto staccare la spina. E lei potrà decidere il nostro ultimo viaggio insieme».
caterina varzi
Che tristezza. Svizzera?
«E perché no?».
L' intervista inizia nel modo più imprevisto e drammatico. Caterina ascolta, sospira, cerca di interpretare e spiegare: «Diciamo che sarà un matrimonio simbolico». «Come simbolico?!
- insorge Brass dal suo angolo facendo volteggiare il sigaro - Il nostro è un matrimonio vero, cosa stai dicendo?». «No no, d' accordo - lo tranquillizza lei - diciamo che è anche una forma di legittimazione del mio ruolo al tuo fianco, necessaria perché tu possa disporre del tuo futuro». Il regista ha 84 anni ed è terrorizzato dalla solitudine, dal futuro, dal rischio di «diventare un vecchio patetico». Caterina è il suo porto sicuro, la sua pace.
Diranno che dietro c' è qualche interesse...
«Al contrario di quello che qualcuno pensa, lei non avrà ricchezze per il semplice fatto che non ho proprietà. La cosa più preziosa è il mio archivio, che è importante per il mio lavoro».
Al di là dell' eutanasia, ha qualche altro progetto, magari più allegro?
caterina varzi tinto brass
«Se riesco faccio Ziva (protagonista femminile di un film mai girato, ndr ), storia di amore e di guerra, di pacifismo che vince su tutto. È ambientato in un' isola della Dalmazia, Seconda guerra mondiale. Ziva sorride, seduce, unisce soldati nemici. È il femminile, è l' anima bella del mondo, è la speranza che può fare della guerra un tabù. Poi potrei rimontare Caligola, me l' ha chiesto Kelly Holland della Penthouse».
Amore, pacifismo, speranza. Parla come Zeffirelli...
«La vera trasgressione oggi è l' amore, che io vorrei raccontare attraverso un erotismo gioioso, più ammiccante alla pace fra uomini e popoli che alla pornografia senza mediazione estetica. Il porno spiccio ormai è ovunque e a portata di tutti».
L' erotismo c' è sempre, insomma.
caterina varzi
«Io sono un erotomane, da sempre. Da quando ero ragazzino e vendevo i libri di mio padre che era vice podestà di Venezia, avvocato penalista e gerarca fascista, per andare nei bordelli veneziani. In città c' erano trenta cinema e trenta bordelli. Sono entrato in tutti, uscivo da uno ed entravo nell' altro. Motivo per cui il vice podestà, per punizione, mi spedì qualche giorno al manicomio di San Clemente. Non voleva che fossi di cattivo esempio per i miei fratelli».
Lei erotizza qualunque cosa, anche il sigaro. Come nasce questa ossessione?
«Posso immaginare che abbia influito una certa rigidità familiare. Rigidità che ha condizionato anche le mie scelte iniziali nel cinema».
Cioè?
«Il mio primo genere era più trattenuto, avevo fatto film come Chi lavora è perduto , Yankee , L' urlo , Nerosubianco Poi ho detto basta e ho liberato la mia parte erotica trasformandola in pellicola».
Quando è successo?
«La svolta è venuta con La Chiave , il mio primo vero film erotico: Stefania Sandrelli, sexy, simpatica, generosa. Fu una scelta importante. Sia per me che per la Tinta».
In che senso?
«Tinta era mia moglie (Carla Cipriani ndr ). Era lei che spiegava alla Sandrelli come recitare le scene più piccanti».
TINTO BRASS
Che rapporto aveva con Tinta?
«Complicità totale, nella vita, nel cinema, nel sesso. Lei era più disinvolta di me, diceva che le mie sceneggiature erano fin troppo pudiche. Con lei ho fatto sesso fino all' ultimo (è morta nel 2006 ndr ). Abbiamo iniziato da ragazzi, a Venezia, quando la portavo in barca nelle secche di San Giorgio. Da allora non abbiamo più smesso. Lei, io, le altre, gli altri...».
Non eravate gelosi?
«Il nostro era un rapporto libero con reciproche veloci incazzature. La Tinta non sopportava una sola cosa: che le portassi a casa. In questo soggiorno voleva che si parlasse solo di sceneggiature. Se poi il linguaggio era troppo spinto s' incazzava l' altra donna di casa, mia figlia Beatrice, che era al piano di sopra a studiare: "Ma bastaaa! Piantatela", diceva».
caterina varzi
Quante ne hanno viste questi muri?
«Tantissime: sul divano dove sei tu facevo sedere le attrici e le aspiranti. Molte mi provocavano alzando la gonna...».
E lei?
«In casa no, la Tinta non voleva. E poi qui venivano un po' tutti, Parise, Antonioni, sua moglie Enrica,...».
Ha mai avuto rapporti con le sue attrici?
«Sì, certo, ma non dirò con chi, non è bello».
Sandrelli, Serena Grandi, Francesca Dellera, Debora Caprioglio, Claudia Koll, Anna Galiena. Cosa le rimane?
tinto e tinta
«Bei ricordi. Anche se la maggior parte di loro ha preso le distanze da me dopo aver fatto il film. Mi hanno rinnegato, ma l' avevo messo in conto. Solo la Sandrelli, Serena Grandi e Anna Ammirati si sono fatte sentire anche nei momenti difficili. Anna mi viene anche a trovare».
Attrici che hanno rifiutato le sue proposte cinematografiche?
«Sì, diverse, Sofia Loren, Monica Bellucci...
Ma anche donne che non erano attrici, Loredana Bertè, Carmen Llera, Alba Parietti... Per la Loren intervenne il marito insultandomi "cos' hai in quella testa..."; la Parietti veniva, si parlava per ore e poi finiva in baruffa. Alla fine ho detto no perché sarebbe stata capace di recitare solo se stessa. Ah, avrei voluto anche la Parodi».
mostra di tinto brass al vittoriano (1)
Cristina Parodi? Non sembrerebbe il suo tipo. E per quale ruolo?
«Non ricordo ma era una mia fissa, lei che legge il tg, la gonna, le gambe e poco altro».
A quante ha detto no?
«Moltissime. Romy Schneider l' ho licenziata in tronco. Mi si è presentata con una tunica romana tutta castigata per girare una scena di Caligola. Anzi, peggio: aveva fatto cucire il costume di scena. Le ho detto, cara Romy, torna pure da dove sei venuta».
stefania sandrelli nel film la chiave
Lei ha sempre avuto l' aria del patriarca satanasso che non chiede molti consensi alle donne. Non ha mai pensato di esagerare?
«Si chiama tropismo animale. Io vado oltre solo quando sento di potermelo permettere».
Che rapporto ha con il mondo femminista?
«Pessimo, ma da qualche tempo una parte di quel movimento riconosce nei miei film dei temi di discussone. Io sto con Reich e Marcuse, l' eros come fattore deragliatore del potere. Più femminile per far crescere la società».
Ora Brass vuole il governo delle donne?
«Sarebbe un mondo migliore perché hanno più capacità di regolare i conflitti».
E a Caterina il governo della casa.
«Ma no, lei continuerà a fare la sua vita. Io a Isola Farnese e lei a Roma. Ma ci vedremo ogni giorno». «Siamo liberi», aggiunge lei. «Fino a un certo punto, Caterina».
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