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    TORNIAMO A BERLINO. MA GLI ITALIANI DOVE SONO? FINORA, ALL’EUROPEO, I TIFOSI AZZURRI SONO IN CLAMOROSA MINORANZA. È IL TRAMONTO DELLO STEREOTIPO SULLA GERMANIA TERRA DI IMMIGRATI, PRONTA A TRASCINARE LA NAZIONALE? SEMBRA SVANITA LA MAGIA DEL 2006, QUANDO L’ATTUALE CAPODELEGAZIONE BUFFON E GLI ALTRI FUTURI CAMPIONI DEL MONDO AVEVANO LA SENSAZIONE “DI GIOCARE SEMPRE IN CASA” - I MOTIVI DELLA SCARSA PRESENZA AZZURRA NEGLI STADI VANNO RICERCATI ANCHE NEI PREZZI TROPPO CARI DEI BIGLIETTI...


     
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    Enrico Currò per la Repubblica - Estratti

     

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    Speriamo in Berlino. Incombe il duello con la Svizzera e svela un’incognita inattesa. Finora, all’Europeo, i tifosi italiani in clamorosa minoranza. È il tramonto dello stereotipo sulla Germania terra di immigrati, pronta a trascinare la Nazionale? Solo a Gelsenkirchen il colpo d’occhio fotografava la parità numerica con gli spagnoli. A Dortmund gli albanesi erano oltre 50mila su 62mila, molti nella zona destinata agli italiani: il sospetto è che abbiano acquistato proprio da loro i biglietti. A Lipsia, su 38mila spettatori, i croati erano più dei 25mila dichiarati e i tifosi azzurri meno dei 1 mila censiti.

     

    Nel 2006, ha raccontato il capodelegazione Buffon, lui e gli altri futuri campioni del mondo avevano la sensazione «di giocare sempre in casa». 18 anni dopo i suoi eredi, malgrado l’affetto quotidiano di Iserlohn, giocano in trasferta. Eppure la comunità italiana in Germania resta tra le più numerose e radicate, come attesta l’ambasciata di Berlino: 900 mila iscritti alle anagrafi tedesche e la stima di oltre un milione di italiani presenti a vario titolo.

     

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    Il tasso di crescita, spiega Sergio Maffettone, console generale a Monaco, è costante: «Nella sola Baviera mille persone in più al mese». Si tratta spesso di personale altamente qualificato, soprattutto ingegneri. Ma gli italiani di Germania, qualunque lavoro facciano, vanno volentieri alla partita: più per la loro squadra del cuore (memorabile un Bayern-Napoli) che per la Nazionale.

     

    (…) Gli spaghettifresser , i mangiatori di spaghetti come venivano denominati gli immigrati italiani di prima generazione, hanno costruito per le loro famiglie un ruolo nella società tedesca, chiarisce Antonio Pelle, l’albergatore che ospitò la Nazionale a Duisburg nel 2006: «I nostri figli continuano ad amare gli azzurri e hanno il doppio passaporto. Noto meno campioni, promozione e passion ».

     

    Giovanni Valentini, responsabile dell’area ricavi Figc: «Casa Azzurri a Iserlohn funziona: oltre 20mila presenze. Ma i biglietti per le partite costano e il turismo calcistico italiano non è quello olandese, croato, inglese, albanese. Vedremo a Berlino: lì c’è una comunità forte ».

     

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    Si aggiunge all’auspicio un esperto della materia come il prof. Bruno Barba, coordinatore del nuovo corso dell’ateneo genovese su politiche, governance e informazione dello sport: «In Italia prevale il campanile. Tuttavia il calcio è fatto di accadimenti che rovesciano le situazioni ». Gli italiani previsti sono 10 mila. Ma chissà che la magia di Zaccagni non colori d’azzurro come nel 2006 l’Olympiastadion e la Westkurve di Jesse Owens ai Giochi ‘36.

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