Alberto Mattioli per “la Stampa”
tosca puccini
È già tempo di prima della Scala: melomani in fibrillazione, sciure più dubbiose di Amleto sulla scelta del vestito (e no, il primo straccetto non va bene), lunghe code già consumate al freddo e al gelo per i posti in piccionaia, con relativi estatici reportage dei giornali che vi risparmiano perché tanto tutti gli anni sono uguali.
Dunque, il 7 dicembre la messa cantata operistico-mondana-politica di Sant' Ambrogio prevede Tosca, secondo una ormai consolidata alternanza Verdi-Puccini: l' anno scorso Attila, nel '20 Macbeth e nel '21, salvo contrordini del sovrintendente entrante Dominique Meyer (già, è anche l' ultima prima di quello uscente, Alexander Pereira), una nuova Bohème, a 60 anni da quella di Zeffirelli che ormai esce dagli occhi a tutti.
Sul podio sale ovviamente il direttore musicale del Tempio, Riccardo Chailly, che già una Tosca bellissima la fece a suo tempo ad Amsterdam, quella con Bryn Terfel-Scarpia che aspettava le sue vittime accarezzando un magnifico gattone (vero) come il capo della Spectre.
Questa Tosca però sarà diversa, e non solo per lo spettacolo. Chailly ha infatti deciso di eseguire la ur-Tosca, quella originale del debutto nel 1900, prima delle modifiche di quell' inesausto rifacitore di sé stesso che era il Puccio. Diverso il Te Deum che chiude il primo atto, diverso il postludio orchestrale di Vissi d' arte, diversi metronomi e fraseggi, per un' opera che tutti credono di conoscere benissimo. Ci sarà occasione di riparlarne.
La compagnia è attesissima.
chailly
Alla cantata ancor mancava la diva, che è arrivata, anzi tornata, proprio ieri. Si chiama Anna Netrebko, è semplicemente il maggior soprano del mondo, e di 7 dicembre ne ha già fatti tre: 2011 con Barenboim, Don Giovanni, '15 e '17 con Chailly, rispettivamente Giovanna d' Arco e Andrea Chénier. Al suo fianco, il derby per Cavaradossi l' ha vinto su un altro collega, più bello ma più indisciplinato, il maggior tenore italiano del momento, cioè Francesco Meli, pure lui habitué di Sant' Ambroeus. Visto che Scarpia è Luca Salsi, un' altra certezza, se non succederanno imprevisti si potrebbe dire alla Scala, come nella pubblicità, che le piace vincere facile. Va anche segnalato che nelle parti piccole ma fondamentali del Sagrestano e di Spoletta ci sono due eccezionali «cantattori» come Alfonso Antoniozzi e Carlo Bosi (Chailly, nel frattempo, ha già protestato un paio di comprimari).
anna netrebko
Infine, lo spettacolo. La squadra che vince dell' Attila non si cambia. Così la regia ritocca a Davide Livermore con la sua solita équipe, Giò Forma per le scene, D-wok per i video, Antonio Castro per le luci e quel genio di Gianluca Falaschi per i costumi.
Livermore non è solo un artista, ma un artista furbo. Sa che alla Scala in generale e alla prima in particolare occorre anche titillare l' occhio dei reperti assiro-milanesi della platea, pur senza rinunciare a fare teatro. Sarà quindi una Tosca fastosissima, cinematografica, piena di cambi di scena, in particolare nel primo atto dove al pubblico parrà di entrare in Sant' Andrea della Valle insieme con Cavaradossi & co.
anna netrebko
Le scene sono in ritardo ma, pare, stanno arrivando. Per il 7, annunciata la presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Giustamente individuato come l' unica certezza nel perenne caos nazionale, l' anno scorso ricevette un' inaspettata, lunghissima ovazione che ricordò a tutti, se ce ne fosse bisogno (e sì, ce n' è bisogno) che l' Italia si è fatta soprattutto nei suoi teatri d' opera.
PUCCINI TOSCA
TOSCA
Sandro Cappelletto per “la Stampa”
Il titolo dovrebbe essere «Scarpia», non Tosca. Perché è lui il protagonista, da vivo e anche da morto, dell' opera di Giacomo Puccini che il 7 dicembre, con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Davide Livermore, inaugura la nuova stagione della Scala. Un' ombra, un ghigno, una presenza del sigillo di Scarpia vive in ognuno dei personaggi, appare come un incubo in ogni ambiente, a ogni snodo narrativo dei tre atti.
Dall' inizio alla fine: subito, prima ancora che si alzi il sipario, con un fortissimo, a tutta forza, la musica ci informa che quell' uomo è un monstrum: il suo tema è costruito su tre gradi di una scala per toni interi, estranea all' orizzonte della musica colta europea.
ANNA NETREBKO
Un alieno, un virus che nutre e distrugge gli altri personaggi: quando, nell' ultima scena, Tosca si getta dagli spalti di Castel Sant' Angelo urlando «O Scarpia, avanti a Dio!» e dando così appuntamento al carnefice nell' aldilà per compiere la sua vendetta, l' ultima parola insiste sul si bemolle, la nota fondamentale del perfido.
pereira chailly
Tra i due amanti - lei un' attrice troppo gelosa, lui, Mario Cavaradossi, un pittore-patriota imprudente - Scarpia, il capo della polizia politica pontificia, è l' unico ad avere le idee chiare: portarsi a letto la diva, simulando il baratto tra il possesso del suo corpo e la salvezza di Mario, e eliminare l' oppositore politico: «L' uno al capestro, l' altra fra le mie braccia». Siciliano e di origine nobile, il barone conosce bene il motto, ma non lo declina al comparativo, piuttosto lo considera un' equivalenza: «cumannari» non è meglio di fottere, è fottere. Una simbiosi che la regia di Livermore sottolineerà con evidenza: durante il secondo atto, il palcoscenico sarà disposto su due livelli, sopra Scarpia brutalmente tenta di possedere Tosca, sotto Mario viene torturato e le sue urla arrivano al piano sovrastante.
la scala
Il pubblico vedrà simultaneamente le due sequenze. Livermore sta decidendo se aggiungere un ulteriore elemento destabilizzante: Scarpia accompagnato da un corteggio di suore, tutte giovani tranne una: cucinano per lui, lo servono a tavola, assistono a tutto, e la più anziana presenzia alla tortura.
meli
Quasi ci trovassimo in un romanzo del marchese de Sade, tra i sentieri contorti del sadismo e della complicità eccitante tra i poteri.
L' unica città dove il dramma originale di Victorien Sardou che ispira Puccini poteva essere ambientato è Roma. È la convivenza, a Roma consueta, tra esercizio di spiritualità, potere temporale e potere politico, a generare le pulsioni, le perversioni di Scarpia: nella scena finale del primo atto, mentre nella chiesa di Sant' Andrea della Valle si celebra il Te Deum, già eccitato da lei, esplode: «Tosca, mi fai dimenticare Iddio!».
Giacomo Puccini
Il barone - e con lui Puccini e i suoi librettisti Giuseppe Giacosa e Luigi Illica - conosce la libidine, la foia del potere, ed è il battistrada dei mostruosi personaggi creati dal teatro musicale del Novecento: «Salome, Elettra, Wozzeck: si dovrà ben trovare il coraggio, un giorno o l' altro, di nominare Tosca nella lista: l' opera debutta nel 1900 e cronologicamente verrebbe al primo posto», ha compreso, per primo, Fedele D' Amico. Il potere si esercita anche attraverso l' umiliazione fisica e morale dei sottoposti, delle sottoposte. Tosca è ambientata nel giugno 1800, dopo la sconfitta della breve esperienza della Repubblica Romana e il ritorno del governo papale, ma Scarpia è un tipo universale, perenne, ubiquo, confermando che il MeToo ha motivazioni globali.
GIACOMO PUCCINI
Allestendo, per il Maggio musicale fiorentino del 1986, Tosca nella Roma occupata dai nazisti, il regista Jonathan Miller dichiarava: «In un suo libro, Gaia Servadio narra l' episodio dell' imprigionamento di Luchino Visconti e del tentativo dell' attrice Maria Denis di liberarlo. La Denis si recò così da Pietro Koch, il capo dell' omonima banda che terrorizzò Roma in quel periodo. Alle richieste di lei, Koch rispose che avrebbe liberato Visconti se l' attrice avesse accettato le sue proposte sessuali». Episodi analoghi ovunque, sempre.
luca salsi
Anche la coscienza popolare italiana ne è ben informata: la canzone La povera Cecilia racconta di un «signor Capitano» al quale la donna di un uomo imprigionato chiede la grazia. «Vieni a dormire con me e domattina lui sarà libero», le risponde.
Giacomo Puccini
Qui, la storia si apre a delle varianti: lei accetta, ma il suo amore muore comunque; non accetta e uccide il Capitano; non vorrebbe, ma il suo uomo insiste perché acconsenta, in cambio della libertà. In Viva la libertà!
- La politica nell' opera Anthony Arblaster ricorda il carattere di «sofisticata, ossessiva crudeltà e piacere delle crudeltà di tanti regimi politici moderni» e sostiene che «Tosca è un lavoro più moderno e profetico di quanto sarebbe mai potuto diventare nella mani di Verdi».
Quando Tosca afferra il coltello col quale uccide Scarpia un attimo prima che lui la possieda, il modo in cui trova l' arma rimane ambiguo: la stava cercando oppure le è capitata per caso tra le mani? Il libretto precisa che lo scorge sul tavolo «improvvisamente», cioè fatalmente. Per una volta, il fato è dalla parte delle donne.
Giacomo Puccini