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    “HO UNA MALATTIA INCURABILE: L'AMILOIDOSI (IN PRATICA, LE PROTEINE SI DEPOSITANO SU CERTI PUNTI VITALI E BLOCCANO IL CORPO). HO PERSO 40 CHILI IN UN ANNO, NON RIESCO PIU’ NEANCHE A BERE IL VINO” – OLIVIERO TOSCANI CONFESSIONS: “STO PROVANDO UNA CURA SPERIMENTALE. E PENSO A UN VIAGGIO IN SVIZZERA. POTREI CHIAMARE IL MIO AMICO CAPPATO. NON HO PAURA DI MORIRE. HO VISSUTO TROPPO BENE, SONO VIZIATISSIMO. NON HO MAI AVUTO UN PADRONE, SONO SEMPRE STATO LIBERO. NON HO PIÙ VOGLIA DI FOTOGRAFARE, MI SONO LIBERATO DI TUTTO: È QUESTA LA BELLEZZA” - "COSA MI FA ARRABBIARE? LA MELONI CON IL SUO VITTIMISMO! UNA CHE NON SA DIRE “SONO ANTIFASCISTA” COS’È? NON SONO CAPACI DI GOVERNARE, NON HANNO…”


     
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    Elvira Serra per corriere.it - Estratti

     

     

    Oliviero Toscani, come sta?

    oliviero toscani oliviero toscani

    «In un modo come non sono mai stato prima. Sto vivendo un’altra vita. Vengo da una generazione, quella di Bob Dylan, dove eravamo forever young, il pensiero di invecchiare proprio non c’era. Fino al giorno prima di essere così, lavoravo come se avessi 30 anni. Poi una mattina mi sono svegliato e all’improvviso ne avevo 80».

    Quando è successo?

    «Un po’ prima di un anno fa. Alla fine di giugno mi sono svegliato con le gambe gonfie, ero in Val d’Orcia. Ho cominciato a fare fatica a camminare. All’ospedale mi hanno diagnosticato un problema al cuore. A fine agosto sono andato a Pisa al Santa Chiara e da lì al Cisanello, dove avevamo deciso la data dell’operazione al cuore, intorno al 20 settembre».

     

    oliviero toscani oliviero toscani

    E invece?

    «È venuto a trovarmi il mio amico Francesco Merlo con suo cugino, cardiologo al Giovanni XXIII di Bergamo: un medico incredibile. Mi ha fatto andare su da loro per altri esami e hanno subito chiamato il dottor Michele Emdin a Pisa, specializzato nella malattia che pensavano avessi: l’amiloidosi. In pratica le proteine si depositano su certi punti vitali e bloccano il corpo. E si muore. Non c’è cura».

    Lei però si sta curando.

    «È una cura sperimentale, faccio da cavia. A ottobre ho anche preso una polmonite virale e il Covid, mi hanno tirato per i capelli. Penso di essere stato anche morto, per qualche minuto: ricordo una cosa astratta di colori un po’ psichedelici. Quando sto male e ho la febbre riesco a immaginare cose fantastiche... In un anno ho perso 40 chili. Neppure il vino riesco più a bere: il sapore è alterato dai medicinali».

     

    (…)  Tra la mattina e il pomeriggio si alternano due sessioni di fisioterapia, prima con Doriano, poi con Alessandro. Toscani indossa una maglietta del Mit di Boston, dove ha insegnato comunicazione, e una collanina di perline nere e azzurre che gli ha fatto il nipote. Si muove con le stampelle, sul petto il pacemaker sporge come una medaglia al valore. Parla con fatica.

    oliviero toscani oliviero toscani

     

    Nell’autobiografia «Ne ho fatte di tutti i colori» scrive che nella tragedia c’è la bellezza. Dove la trova, nella sua personale tragedia?

    «Mi viene da ridere: la bellezza è che non avevo mai pensato di trovarmi in questa situazione, è una nuova situazione che va affrontata. La bellezza è che non ti interessano più patria, famiglia e proprietà, la rovina dell’uomo».

     

     

    Per quale foto vuole essere ricordato?

    «Per l’insieme, per l’impegno. Non è un’immagine che ti fa la storia, è una scelta etica, estetica, politica da fare con il proprio lavoro».

     

    (...)

    Ha ancora voglia di fotografare?

    «No, mi sono liberato di tutto. È questa la bellezza».

    Ha paura di morire?

    «No, non ho paura. Basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo. Non ho mai avuto un padrone, uno stipendio, sono sempre stato libero».

    oliviero toscani oliviero toscani

     

    (....)

    Perché ora ride?

    «È John Lennon che disse che la vita è quello che ti succede mentre fai altro? Quando ho detto al mio amico Luciano Benetton che avevo una malattia rara lui mi ha risposto: “Oliviero, tu sei nato con una malattia rara!”».

    È venuto a trovarla?

    «Ci sentiamo due volte alla settimana, ma non voglio che venga. È impegnativa per me una roba così».

    Più di un’intervista?

    Resta in silenzio. Poi: «Quando lavoravo in Benetton i veri nemici erano i manager. All’infuori di Luciano, tutti gli altri mi odiavano. Ora mi ha detto: “Avevi ragione tu su di loro”».

     

    Si riferisce al Ponte Morandi?

    «Quella è stata una cosa schifosa. Quel Mion lì ha dichiarato di non aver detto niente per paura di perdere il lavoro! Lo prenderei a calci».

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    Campagna 1990 di Toscani per Benetton con i bambin (Credito Oliviero Toscani)

    A chi si sente più grato?

    «Ho imparato da tanta gente speciale. Sicuramente da Don Milani, da Muhammad Ali e da Bob Dylan. A volte una frase, anche di una canzone, è più importante di tanti libri. Oggi mi ha scritto uno studente inglese e mi ha chiesto se nella fotografia la parte artistica è stata alterata dal mio impegno etico. Ma la fotografia è impegno etico! A me non frega niente dell’estetica fotografica. La Guernica di Picasso ha un’incredibile estetica, ma ha soprattutto una forza sociale di memoria e impegno».

     

    Cosa le dà piacere in queste giornate?

    «Leggo, guardo in tv l’Inter e certe squadre inglesi. E poi c’è Sinner, che mi dà sollievo nella vita. Ora sono tutti gelosi e invidiosi di lui: tipico degli italiani. Imparerà presto chi sono i veri amici e chi no».

    Come lo fotograferebbe?

    «Non mentre gioca a tennis. Si vede dallo sguardo che è un ragazzo profondo. Devi fermare quell’attimo lì negli occhi, esprime onestà e capacità. Sinner non è italiano. L’italianità è Fabrizio Corona, è imbrogliona, mafiosa».

    Non è troppo severo?

    manifesto benetton by oliviero toscani manifesto benetton by oliviero toscani

    «Quando penso alla nostra reputazione storica... Siamo ricordati perché eravamo fascisti. Pensi agli americani e a cosa hanno fatto. Eppure hanno un’ottima reputazione fatta da cowboy e indiani. Noi siamo inaffidabili come Alberto Sordi».

    Cosa c’è dopo, se lo chiede?

    «Non mi interessa. Sono a posto con il padreterno, io».

     

    (...)

     

    Suo padre Fedele ha fotografato il Duce sia da vivo che da morto.

    «A quei tempi non c’era la tv, c’era il Corriere della Sera, dove lui lavorava».

    Lo ammirava?

    «Sì, non mi sono mai sentito un artista o superiore per quello che facevo. Poi figuriamoci di mio padre. Quando ho finito la scuola, nel 1965, mi sono reso conto che la fotografia di reportage era finita e che ne stava nascendo una più raffinata, nei giornali di moda e di design».

    Come le venne in mente di regalare una mountain bike a Fidel Castro?

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    «Era Benetton. Con Luciano andammo a trovarlo e suggerii di portargliene una. Lui ci chiese il perché e io risposi: “Per tornare in montagna a fare la rivoluzione”. Era carismatico».

    Ad Anna Wintour, invece, suggerì di cercarsi un bravo psichiatra.

    Ride. «Porina, faceva una pena. Ancora adesso me la fa. Poi un giorno mi chiamò e disse: “Sai che lo psichiatra l’ho trovato e me lo sposo?”. E mi invitò a cena con loro. Lavorava per il New York Magazine, abbiamo fatto tanti viaggi insieme. Poi lei è diventata famosissima e non saluta più nessuno, anche con me fa fatica».

     

    Perché tiene un cartonato della Bellucci?

    «Guardi dietro, c’è la sua dedica: è una mia foto. Mi è grata, la portai io a Parigi, aveva 17 anni. Ma lei era già la Bellucci, piena di energia».

     

    Quando è stato al mare l’ultima volta?

    «L’anno scorso, prima di ammalarmi».

     

     

    (...)

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    Cosa la fa ancora arrabbiare?

    «La Meloni con il suo vittimismo! Una che non sa dire “sono anti fascista” che cos’è? Non sono capaci di governare, non hanno nessuna scusa. Ma gli italiani sono fatti così. Guardi in America come si ribellano. In un mese viene fuori l’entusiasmo, la creatività...».

    Il momento più bello della sua vita?

    «Sono stato particolarmente privilegiato e fortunato, lo dico veramente. Già essere nato dove sono nato, con la famiglia che ho avuto, laica e libera. Poi ho avuto due sorelle maggiori super. Marirosa, in particolare, che è mancata lo scorso anno: aveva 11 anni più di me, è stato come avere una mamma giovanissima. Era un’artista, all’avanguardia, mi ha molto segnato. Anche Brunella, eh».

    Si è pentito di qualcosa?

    «Mi pento delle cose che non ho fatto, non di quelle che ho fatto. Potrei farmi incatenare, ma non perderei il senso di libertà. Ora sono come incatenato, ma sono libero di pensare come penso e di agire come penso dovrei».

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    Le dispiace che sia andata così?

    «Mi domando se non sarebbe stato meglio un problema di demenza, ma con un corpo sano. Sarebbe stato peggio per gli altri».

    I medici hanno detto quanto tempo le resta?

    «Non si sa. Certo che vivere così non mi interessa. Bisogna che chiami il mio amico Cappato, lo conosco da quando era un ragazzo. Ogni tanto mi vien voglia. Gliel’ho detto già una volta e lui mi ha chiesto se sono scemo».

     

    Ha davanti la lampada di Aladino: esprima tre desideri.

    «Eliminare l’ingiustizia, che vuol dire le differenze sociali ed economiche. Eliminare la violenza. Eliminare tutto ciò che è tossico».

    Non ne ha usato nessuno per guarire.

    oliviero toscani a scampia oliviero toscani a scampia

    «Quello è egoismo totale».

    È ateo?

    «Non sono ateo. Solo, non partecipo a tutto questo, non mi interessa il tema».

     

    Ha deciso come vuole essere salutato?

    «Non voglio un funerale. Mi portino a bruciare e via. Sono sempre stato laico, neppure i miei figli ho battezzato. Vivere vuol dire anche morire, eppure nessuno parla della morte. Si vive come imbrogliandosi, perdendo tempo».

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    Lei ne ha perso tanto?

    «Ho cercato il meno possibile. Non ho mai dormito fino alle 9, neppure la domenica».

     

    Al Museum für Gestaltung di Zurigo c’è una sua mostra. È andato a vederla?

    «Ha battuto tutti i record: doveva finire a metà settembre e invece la prolungano fino alla fine dell’anno. Pensare che ci passavo davanti, quando ero studente, ammirando chi riusciva a esporre lì. E adesso ci sono io. Non sono ancora andato. Magari, quando torna, mi ci accompagna Ali. E poi magari proseguo il viaggio con Cappato. Farebbe molto ridere».

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