Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
emmanuel macron
La Francia e l' Europa non sono più quelle di prima. Dal Paese bersaglio dei terroristi viene una grande domanda di riscossa e di cambiamento, che si biforca nella direzione populista di Marine Le Pen e in quella europeista di Emmanuel Macron. Il suo primo posto rappresenta una bella sorpresa, per quanto indicata da sondaggi di cui nessuno si fidava davvero.
Vista anche l' alta affluenza,la Francia ha dato una prova di partecipazione, slancio verso il futuro, rifiuto della condanna al declino e delle interferenze del terrore . Per la prima volta da quando esiste l' elezione diretta del presidente (De Gaulle-Mitterrand, 1965), la destra repubblicana non è presente al ballottaggio. Il candidato del partito socialista al governo esce umiliato, molto sotto il 10%.
MARINE LE PEN
Marine Le Pen coglie il frutto di un lungo percorso e arriva al massimo storico, sia pure senza sfondare. Il suo è un risultato importante, che va preso molto sul serio, che lascerà il segno, ma andrà verificato alla prova del ballottaggio. Il ritornello delle prossime due settimane è già partito: «La candidata del popolo contro il candidato del sistema». Emmanuel Macron compie un mezzo miracolo: a 39 anni, alla prima campagna elettorale della vita, senza esperienza politica tranne i due anni passati al ministero dell' Economia in un governo impopolare, il candidato riformista, favorevole all' integrazione europea, uscito dalla grande scuola dell' Ena, ex banchiere, contraddice tutti i segni del tempo e affronta in prima posizione il ballottaggio; dove dovrà compiere l' altra metà del prodigio.
BERNARD CAZENEUVE
La partita è aperta, ma il pronostico è chiaro. Stasera Macron diventa ufficialmente l' uomo da battere. Il primo a destra a esprimersi in suo sostegno è Christian Estrosi, presidente della Regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, uomo di Sarkozy. Il secondo è il premier socialista, Bernard Cazeneuve. Poi tocca al candidato Ps, Benoît Hamon. La nipote di Marine, Marion Maréchal-Le Pen, ha buon gioco a prevedere che «l' intera classe politica francese si mobiliterà contro mia zia. Vedremo se il popolo sceglierà lei o la casta».
Poi interviene François Fillon. Ha gli occhi lucidi. Lo si attendeva furioso per l' occasione perduta; appare provato, spento, rassegnato. Liquida in poche parole - «troppi ostacoli» - quella che ritiene una manovra contro di lui, architettata da settori dei servizi legati agli inquilini passati o presenti dell' Eliseo. Invita il partito a restare unito: dopo le presidenziali verranno le legislative di giugno; i repubblicani battuti stasera potranno avere la maggioranza in Parlamento.
FILLON
Ma prima bisogna eleggere un presidente. Nei giorni scorsi Fillon aveva attaccato soprattutto Macron, «l' impostore». Stasera si scaglia contro Marine e il suo partito «estremista, fondato da Jean-Marie Le Pen nel segno della violenza e dell' intolleranza, con un programma economico che porterebbe la Francia al fallimento, anche a causa dell' uscita dall' euro. Non c' è altra scelta che votare contro l' estrema destra. Io voterò Emmanuel Macron». Dalla sala si levano qualche fischio e molti applausi.
Alla Porta di Versailles, dove sono riuniti i sostenitori di Macron, si alza un boato. Lui si affaccia dal balcone, accanto alla biondissima moglie sessantenne Brigitte, a salutare i militanti, che intonano la Marsigliese.
FILLON MACRON LE PEN
Marine Le Pen ricorre al trucco pesante per nascondere la stanchezza. Più passano gli anni più somiglia al padre. È sorridente, non raggiante. Stringe un mazzo di rose blu. Con la voca roca da fumatrice rivendica a sé la «responsabilità immensa della difesa della nazione francese, della sua unità, della sua sicurezza, della sua indipendenza». L' alternativa è chiara: o lei o «i sostenitori del mondialismo, del denaro-re, dell' immigrazione di massa, della libera circolazione dei terroristi».
Poi chiude con l' ennesima svolta: una citazione di Charles De Gaulle, bestia nera del padre. Come a dire: la candidata neogollista al ballottaggio c' è, e sono io. Alla Bastiglia estremisti di sinistra che protestano contro di lei si scontrano con la polizia. Macron saluta dal predellino dell' auto, fa il segno della vittoria, la moglie lo invita a scendere per stringere la mano ai militanti.
marine e jean marie le pen
Jean-Luc Mélenchon, giacca abbottonata sin sotto il mento tipo Cina della Rivoluzione culturale, è molto meno netto di Fillon. Rifiuta di dare subito indicazioni di voto. Annuncia una consultazione online. Ammiratori in lacrime lo ascoltano a pugno chiuso. Macron parla per ultimo. È l' unico ad avere alle spalle anche la bandiera europea, e a citare l' Europa, cinque volte: «Dobbiamo rifondarla».
Arriva mano nella mano con Brigitte, commossa; con lei sale sul palco. Strizza l' occhio alla folla: «Voila!». «Oggi, domenica 23 aprile, il popolo di Francia ha parlato». Legge un testo scritto. Cita tutti i candidati eliminati. È attento a non commettere errori. Rigido come un prodotto di laboratorio. Lunghe pause. Si umanizza solo quando la folla invoca la moglie. Contrappone patrioti e nazionalisti: «Ricostruire la speranza francese» conclude, quasi urlando.
MELENCHON
L' ex premier di destra Juppé si schiera «senza esitare» contro Marine per salvare la Francia «dal disastro». Il presidente Hollande tace. Si esprimerà presto, e inviterà a votare Macron. L' avrebbe fatto già prima, se non avesse temuto di nuocergli. Il ballottaggio non è scontato. Non ci sarà certo il plebiscito che nel 2002 riportò Chirac all' Eliseo con l' 82,2%. Una parte dell' elettorato di destra ha già votato Macron al primo turno; un' altra parte lo sosterrà al secondo; ma molti si asterranno o appoggeranno Marine. Che tenterà di attrarre anche una parte dei voti di protesta andati ieri a Mélenchon.
FILLON SARKOZY JUPPE
Le incognite sono molte. Un eventuale dossier contro Macron, più volte paventato durante la campagna, anche da lui stesso. Un colpo di coda del terrorismo. L' astensione crescerà. Però non sembra che Marine abbia alle spalle quella spinta popolare che le servirebbero per arrivare al 51%. Il primo sondaggio le attribuisce il 38, forse sottovalutandola. Ma una sua vittoria a questo punto sarebbe una sorpresa clamorosa.
populisti d europa riuniti
La vita per Macron però non sarà facile. Se anche andrà all' Eliseo, avrà bisogno di una maggioranza all' Assemblea nazionale per governare. È molto difficile che il suo neonato partitino possa farcela da solo. I socialisti sono destinati a una diaspora: una parte andrà con lui, un' altra con Mélenchon, un' altra ancora cercherà di serrare le file.
Fillon, Juppé, Sarkozy sono delegittimati, ma il loro partito resta il più forte sul territorio. Si va verso un governo di coalizione. Un intero sistema politico è crollato; la storia di Francia si è messa in moto. E questo 2017, che doveva segnare la vittoria dei populisti in Europa, ne sta confermando la forza, ma forse ne sta preparando la sconfitta.