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    BASTA CON LA CASTA - TRA I SINDACALISTI DEL PUBBLICO IMPIEGO C’È CHI, GRAZIE AL MODO IN CUI VIENE INTERPRETATA UNA LEGGE DEL 1996, È RIUSCITO AD AVERE UNA PENSIONE TRE VOLTE MAGGIORE DI QUELLA CHE AVREBBE DOVUTO PERCEPIRE IN BASE AI CONTRIBUTI VERSATI - NON SOLO: GLI ANNI DI ATTIVITÀ SINDACALE POSSONO CONTARE, AI FINI PENSIONISTICI, SU UNA NORMATIVA MOLTO VANTAGGIOSA PERCHÉ IL CALCOLO DELLA PENSIONE VIENE FATTO SULLA BASE DELL'ULTIMA RETRIBUZIONE E NON SULLA MEDIA DEGLI ULTIMI 10 ANNI…


     
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    Marco Ruffolo per “la Repubblica”

     

    corte dei conti1 corte dei conti1

    C'è tra i sindacalisti del pubblico impiego chi, grazie al modo in cui viene interpretata una legge del 1996, è riuscito ad avere una pensione tre volte maggiore di quella che avrebbe dovuto percepire in base ai contributi versati . In media, se venisse abolito questo "favore", l' assegno scenderebbe del 27%. In tutti questi anni il problema delle "pensioni d' oro" sindacali è venuto fuori, risprofondato e riemerso decine di volte.

     

    Finché nel 2016 la Corte dei Conti ha stabilito che quel "favore" deve cessare. Adesso una circolare dell' Inps sembra rispondere a quella sentenza, ma secondo l' ex presidente dell' Istituto, Tito Boeri, non fa che confermare quella prassi estendendola a tutti i sindacalisti.

    TITO BOERI TITO BOERI

    Chi viene distaccato o si mette in aspettativa per svolgere attività sindacale, può ricevere dal proprio sindacato una "contribuzione aggiuntiva" rispetto a quella del proprio datore di lavoro. Può così recuperare gli aumenti di stipendio che si è perso con il distacco.

     

    Ma gli anni di attività sindacale, anche se svolti dopo il 1992, possono contare, ai fini pensionistici, sulla normativa pre-92, molto più vantaggiosa di quella successiva, perché il calcolo della pensione viene fatto sulla base dell' ultima retribuzione (quota A) e non sulla media degli ultimi 10 anni (quota B). Non poche volte è successo così che nell' ultimo mese prima di lasciare il lavoro il sindacalista ottenga forti aumenti di stipendio, elargiti proprio per gonfiare il suo assegno previdenziale.

     

    Raffaele Bonanni Raffaele Bonanni

    Così è andata per Raffaele Bonanni (ex leader Cisl), che ha visto la sua retribuzione salire fino a 336 mila euro lordi, tanto da poter andare in pensione con 8 mila euro al mese. Da un campione Inps di sindacalisti, viene fuori che, ricalcolando la loro pensione sulla base degli ultimi dieci anni, l'assegno scenderebbe in media del 27%, con un picco del 66%. Il picco riguarda un "pensionato d' oro", ex sindacalista ed ex dirigente pubblico, con assegno annuo di 114 mila euro.

     

    Senza il calcolo di favore scenderebbe a 39 mila. Nel 2016 qualcosa cominciò a muoversi quando la Corte dei Conti intervenne respingendo il ricorso di un segretario della Gilda insegnanti. L'Inpdap aveva riconosciuto ai fini pensionistici solo una parte della sua retribuzione. Lo stipendio di questo sindacalista si era in realtà quadruplicato nell' ultimo anno. Altro caso: è di poco tempo fa l' archiviazione dall' accusa di truffa per due rappresentanti degli insegnanti palermitani, che durante il loro periodo di distacco presso lo Snals, avevano percepito una retribuzione- extra solo l'ultimo anno.

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    Il sistema non sembra in realtà violare le leggi. La discussione è invece sulla opportunità che circa duemila sindacalisti del pubblico impiego (questa è la stima di Boeri) possano avere un trattamento economico ben più generoso dei loro pari-grado e pari-mansione che non lavorano nel sindacato e che hanno la pensione calcolata sull' ultima retribuzione solo per gli anni precedenti il '92, non dopo.

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