Antonio Riello per Dagospia
evelyne axell
Chi decidesse di fermarsi a leggere i nomi degli sponsor della Tate Modern di Londra o del MoMA di New York potrebbe trovare anche il nome di Grazyna Kulczyk. Si tratta di una abile imprenditrice polacca, oggi settantenne, che concretamente sostiene l'Arte Contemporanea della sua terra (e non solo) ed è, allo stesso tempo, molto sensibile alle tematiche di genere, infatti promuove con instancabile entusiasmo tutte le possibili forme di creatività femminile.
Ha fondato (vicino Poznan, nella Polonia occidentale) la Art Stations Foundation che dal 2004 è un riferimento mondiale per la coreografia e la Performing Art.
Nel 2019 ha voluto a Susch (un piccolo villaggio tra le montagne elvetiche) un Museo di Arte Contemporanea che, appena nato, fa già parlare di sè. Gli architetti Chasper Schnidlin e Lukas Voellmy, utilizzando un preesistente monastero medievale e le annesse birrerie, hanno scavato la montagna, costruito, ri-costruito, collegato e restaurato.
Ne è scaturito uno spazio per l'arte modernissimo e quasi titanico: un certo grado di intelligente mistero si mescola ad una ergonomia rigorosa, il tutto rifinito da atmosfere storiche fedelissime all'obbligatorio Km 0. Le parti interne, spesso sotterranee, e le potenti viste esterne si rincorrono in un assoluto trionfo di "emozioni architettoniche". Unico neo: il personale, in questi mesi, forse potrebbe indossare le mascherine di protezione (ma in Svizzera parecchi fanno ancora finta che il Covid non ci sia mai stato....).
Evelyne Axell 1
Una parte è dedicata ad una collezione permanente, opere in gran parte realizzate sul posto e per questo luogo. Adrian Villar Rojas con un suo grande pilastro (un imponente potpourri di strati architettonici ed oggetti raccolti in giro) gioca a visualizzare il tempo-che-passa. Magdalena Abakanowicz approfitta di una specie di profonda cantina per l'ineffabile installazione "Flock": una riunione di simulacri. Monika Sosnowska crea installazioni ambientali che oscillano tra lo psichedelico e il razionalista. Heidi Bucher inventa spazi usando stoffa e latex e costruisce, in poche parole, "la pelle" di stanze solo immaginate.
Evelyne Axell 2
Joanna Rajkowska ha in mostra alcune delle sue armi da guerra realizzate in resina poliuretanica mescolata con delle pasticche di farmaci ansiolitici. Miroslaw Balka è un maestro del motto "massima resa con la minima spesa", ovvero sa, con l'uso di poche geniali invenzioni, intensificare gli spazi ordinari fino al parossismo. Spettacolare e attualissimo l'antro che accoglie ben 164 fotografie di attori di cinema mentre interpretano la parte di qualche nazista mescolate con 200 foto di repertorio di (veri) esponenti del nazismo, l'opera, di Piotr Uklanski, si chiama "Real Nazi".
L'artista polacca Zofia Kulik propone un ampio display sullo sterminio etnico delle guerra civile yugoslava attraverso un mix di teschi ed elementi decorativi. Intensissimo. Infine "Listening by Eye" è una stanzona apposita dove "arte & suono" la fanno da padrone; da segnalare, oltre agli spartiti di John Cage e ai lavori acustico-concettuali di Jaroslaw Kozlowski (mentore del NET Manifesto") anche uno spettacolare pianoforte semi-distrutto frutto delle cosiddette "Piano Activities" del gruppo Fluxus.
Evelyne Axell 3
Il progetto espositivo temporaneo, inaugurato il 1 Agosto e curato da Anke Kempkes e Krzysztof Kosciuczuk, invece si occupa dell'artista belga Evelyne Axell (1935-1972). Un nome non molto conosciuto al grande pubblico. Una formazione Surrealista (è stata allieva per più di un anno di René Magritte) ed una lunga amicizia con Pierre Restany. Una scatenata ed allegra attitudine Pop (all'europea). Una sostanziosa attività politica, anche sulle piazze, contro il colonialismo e il razzismo di stato del Belgio (che fu particolarmente feroce).
Un incondizionato e precoce impegno femminista pieno di imprevedibili sguardi e invenzioni eterodosse (non certo le classiche rivendicazioni talvolta un po' barbosette). Una voce attiva anche nel mondo del cinema ("Le crocodile en Peluche", del 1963) e nel teatro, soprattutto quello legato all'universo culturale Franco-Africano (La Compagnie des Griots).
Susch Museum 2
La Axell si esprime grazie ad una coloratissima ricerca che passa attraverso materiali molto differenti. In questa mostra è la fotografia (in genere stampata su perspex) che primeggia. Opere che sembrano partorite oggi, attualissime e perfettamente in linea con le emergenze artistiche del nostro presente.
L'unica cosa che sembra stonare è l'abbondante uso dei materiali plastici (negli ingenui anni '60 comunque una fresca metafora della modernità). E' proprio la plastica (declinata in tanti modi: lucida, opaca, traslucida, opalina) il solo fattore che, in qualche modo, invecchia queste opere e, forse, toglie anche un po' della "grinta" che avevano originariamente.
EVELYNE AXELL VALENTINE
Il soggetto principale è praticamente il corpo femminile. A volte il suo, a volte quello di altre donne. Caratterizzato da tratti europei o da tratti africani. La liberazione (anche polemica) di un corpo comunque sempre seducente e sexy. Forme che vengono semplicemente ritratte come sono oppure (molto più spesso) duplicate o addirittura quadruplicate.
O insomma, in qualche forma, "potenziate". "La Gourmandise" (1964), "Championne Droite & Championne Gauche (1966), "La Fille de Feu" (1967) "Cercles Vicieux Rouge et Noir (1968). C'è anche un omaggio a Valentina Tereshkova (la prima astronauta di sesso femminile).
susch museum
Una sessualità al limite dello sfrontato e dell'erotismo, all'interno di composizioni in ogni caso formalmente molto eleganti. Qualche psicoanalista dell'epoca parlò a proposito della Axell (con biasimevole banalità) di "personalità sdoppiata". Lei, giustamente, se ne vantava e procedeva per i fatti suoi. In realtà ai conservatori dava soprattutto fastidio il suo pubblico e profondo disagio per le incredibili malefatte inflitte alle popolazioni del Congo dal Belgio.
La donna nella visione, forse anche un po' utopistica, dell'artista diventa una irruenta fonte di vitalità e di prosperità. Un approccio prettamente dionisiaco. Ma non senza qualche ombra scura, nell'opera "La Veuve Noire" (1971) un minaccioso ragno nero incombe sul cervello di una bella signora.
Nella mostra si può assistere anche ad un interessante dialogo inter-generazionale. "Marcel et Robert" (2009), opera di una artista svizzera Pop-Femminista dei nostri giorni (Sylvie Fleury) rimanda problematicamente e direttamente alle atmosfere care alla Axell.
kulik
Un altro Leitmotiv della mostra è il mondo vegetale visto come un rigoglioso paradiso terrestre. Giungle, boschi, giardini, foglie, fiori. Una "Libertà Bio-Botanica" già immaginata sessanta anni fa. Basta guardare "L'Herbe Folle" (1972). Qui il bello è proprio che molti lavori sembrano quasi sbucare dal nostro immediato futuro....
EVELYNE AXELL: BODY DOUBLE
MUZEUM SUSCH
Surpunt 78, CH 7542 Susch
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Fino al 6 Dicembre 2020
adrian villar rojas ANTONIO RIELLO ANTONIO RIELLO ANTONIO RIELLO