Anna Zafesova per "La Stampa"
abramovich_putinTutti pronti alle sanzioni. Il vice-premier Dmitry Rogozin è pieno di ottimismo: «L'industria lavorerà ancora meglio, senza le importazioni ci saranno nuovi spazi nel mercato interno». Il parere degli industriali non è stato reso noto, anche perché li ha incontrati a porte chiuse. Come un'altra riunione, svoltasi a Mosca ieri, alla quale Vladimir Putin ha invitato gli oligarchi e gli alti funzionari, e di cui non è stato dato annuncio ufficiale (l'indiscrezione però è uscita su Bloomberg).
Il Cremlino sta facendo l'inventario delle imminenti perdite. I più in vista sono ovviamente gli oligarchi. Dall'Eclipse, il mega yacht di Roman Abramovich, all'attico più costoso di New York, 88 milioni di dollari al 15 di Central Park West, della bionda ereditiera dei concimi Anastasia Rybolovleva, alle squadre di calcio, castelli, aerei, limousine,tutto è ora a rischio.
Uno dei pochi a essere stato previdente è Oleg Deripaska, il magnate dell'alluminio amico di Putin, che oltre alla villa Valchiria a Porto Cervo, al palazzo dei duchi di Berford a Belgravia e le tenute ad Aspen e a Cap Ferrat, si è fatto una dacia a Sochi. Ma mentre non è certo che le sanzioni colpiranno i magnati, è sicuro che punteranno all'establishment moscovita: ministri, deputati, funzionari.
Il colpo sarebbe dolorosissimo per tanti, da Vladimir Zhirinovsky, che nei suoi viaggi in Europa viene avvistato a bordo di una Maybach da un milione di euro, ad Andrey Isaev, ex sindacalista con ville in Germania (lui dice che sono «alberghi per pellegrini»). Dal capo della magistratura Serghei Bastrykin, bastonatore dell'opposizione, che ha ville e aziende nella Repubblica Ceca, al senatore Andrey Klishas, che si dice pronto a rinunciare alla casa in Svizzera, a Vladimir Pekhtin, boss di Russia Unita alla Duma, e Mikhail Marghelov, ex senatore e falco anti-Usa, entrambi con immobili milionari a Miami.
I ranghi inferiori della nomenclatura non sono da meno: il vicegovernatore di Nizhny Novgorod ha una villa a Cannes, quello di Pskov un appartamento a Nizza, il senatore della siberiana Khanty-Mansy un attico da 500 mq a Montecarlo.
Il lusso sfrenato dei leader ucraini svelato dalla rivoluzione probabilmente è solo un assaggio di quello che verrebbe fuori dal vaso di Pandora della corruzione russa. Con l'effetto di screditare il Cremlino, come è stato screditato Yanukovich quando i suoi conti in Svizzera sono stati bloccati mentre giurava in pubblico di non averne. Forse è in previsione della nuova guerra fredda che l'anno scorso Vladimir Putin ha proibito ai funzionari di avere beni all'estero.
Ma molti asset sono intestati alle mogli o a società di comodo. Non a caso le sanzioni Ue contro l'ex regime di Kiev hanno colpito anche i figli. Una misura analoga contro i russi sarebbe devastante. Basta prendere Serghei Ivanov, capo del gabinetto del Cremlino: i suoi due rampolli, appena trentenni, presiedono banche e assicurazioni legati a due potentati economici del regime, Gazprom e Veb, la banca di commercio estero. I comunisti sovietici erano burberi, frugali e consideravano il massimo del lusso una vacanza in Crimea. Con i loro nipoti il divieto a fare shopping in via Montenapoleone, mandare i figli nei college inglesi e curarsi nelle cliniche svizzere può rivelarsi più efficace dei missili.
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