1 – BORSA: ASIA IN ROSSO DOPO LE NUOVE MINACCE DI TRUMP SUI DAZI
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Borse di Asia e Pacifico pesanti in scia al riacutizzarsi delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti con il presidente americano, Donald Trump che ha avvertito che i nuovi dazi al 10% sui prodotti cinesi possono salire al 25%.
Tokyo con il Nikkei lascia sul terreno il 2,11%, Hong Kong il 2,15%, Shanghai l′1,45% e Shenzhen l′1,65%. Flessioni più contenute per Seul (-0,93%) e Sydney (-0,30%).
donald trump beve
Partenza in rosso anche per le Borse europee, che si allineano ai ribassi di Wall Street e dei listini asiatici. In avvio a Francoforte il Dax cede l′1,83%, a Londra il Ftse100 perde l′1,51% e a Parigi il Cac40 segna un -2,38%. A pesare sui mercati internazionali sono le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.
Non aiuta nemmeno la decisione del Giappone di rimuovere la Corea del Sud dalla sua lista di partner favoriti a partire dal prossimo 28 agosto. Il governo di Seoul non ha tardato a rispondere, dicendosi profondamente deluso dalla decisione del Giappone e pronto a reagire severamente.
DONALD TRUMP COME GEORGE WASHINGTON
La giornata sarà movimentata anche da alcune importanti indicazioni macro, tra cui spiccano i dati sul lavoro negli Stati Uniti. Nel primo pomeriggio italiano verranno diffusi il tasso di disoccupazione, l’andamento dei salari e la variazione degli occupati nei settori non agricoli (le cosiddette non farm payrolls).
L’agenda macro odierna prevede inoltre le vendite al dettaglio nell’Eurozona. Per quanto riguarda l’Italia, l’Istat diffonderà il dato su produzione industriale e vendite al dettaglio. A livello societario prosegue la stagione delle trimestrali a Piazza Affari, tra cui Ubi, A2A, Ferrari e Atlantia.
2 – TREGUA FINITA: TRUMP ANNUNCIA ALTRI DAZI SULL' IMPORT DALLA CINA
Marco Valsania per “il Sole 24 Ore”
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Donald Trump schiocca la frusta di nuovi, diffusi dazi contro la Cina, scuotendo i nervi di operatori economici e di Borsa preoccupati per il crescente impatto del conflitto commerciale su un' economia globale già molto debole.
Il presidente americano, all' indomani della conclusione con un nulla di fatto dell' ultimo round negoziale con Pechino, ha annunciato che dal primo settembre altri 300 miliardi di dollari di importazioni dalla potenza asiatica saranno soggetti a un "balzello" del 10 per cento. Una decisione che, sommata alle misure già prese nei mesi passati, imporrà una sovrattassa sull' intero ammontare del Made in China in arrivo negli Stati Uniti.
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La nuova offensiva dovrebbe colpire un ventaglio senza precedenti di prodotti: ad oggi nel mirino di Washington erano finiti 250 miliardi di import anzitutto di beni industriali e componentistica; adesso il raggio d' azione si allarga a moltissimi beni di largo consumo, dall' abbigliamento ai giocattoli, dall' elettronica agli smartphone.
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Un giro di vite da shock per Wall Street. Gli indici azionari hanno battuto in frenetica ritirata - con un' oscillazione di oltre 500 punti nel Dow Jones. La Borsa era in realtà partita ieri in rialzo, rincuorata dal taglio dei tassi d' interesse da parte della Federal Reserve e dopo aver meglio analizzato le parole del presidente della Banca centrale Jerome Powell, che nonostante la cautela ha mantenuto aperta la possibilità di ulteriori allentamenti di politica monetaria anche proprio in risposta al pericolo di contagio per l' economia in arrivo a causa delle forti tensioni commerciali.
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L' ottimismo però non ha retto ai colpi della mossa dell' amministrazione Trump. Dow, S&P 500 e Nasdaq verso fine seduta perdevano tutti attorno allo 0,9 per cento. Sotto pressione anche altre piazze: nelle commodities il petrolio ha ceduto l' 8 per cento. Mentre la caccia a beni rifugio ha premiato i titoli decennali del Tesoro Usa, con rendimenti scesi ai minimi dell' anno.
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Il nervosismo era già nell' aria nel mondo del business: i nodi dell' interscambio e i traumi alle catene dei fornitori sono stati denunciati da oltre un terzo delle imprese che hanno riportato i bilanci del secondo trimestre.
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Resta ora da verificare se la Casa Bianca intenda usare la sferzata quale sforzo estremo per aumentare la pressione al fine di raggiungere un accordo con Pechino, oppure se sia disposta a continue e drammatiche escalation di uno scontro che costa caro anche agli Stati Uniti, oltre che all' economia della Cina e alla stabilità globale.
DONALD TRUMP XI JINPING
Soprattutto quando sotto attacco finiscono beni di largo consumo. I dazi, oltretutto, sono pagati direttamente dalle imprese importatrici, quindi da società americane o da controllate americane di imprese internazionali.
Trump ha precisato di non aver rotto le trattative, il cui prossimo appuntamento è previsto a Washington il mese prossimo in concomitanza con gli annunciati dazi: ha detto di restare interessato a «un' intesa complessiva». Ha twittato che «i negoziati continuano e intanto gli Stati Uniti cominceranno, dal primo settembre, a imporre un piccolo dazio addizionale del 10% sui restanti prodotti in arrivo dalla Cina verso il nostro Paese».
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Il presidente degli Stati Uniti ha tuttavia accusato Pechino di non aver mantenuto le promesse di riprendere gli acquisti di beni agricoli americani; e di non aver rispettato l' impegno a bloccare vendite di Fentanyl negli Usa, un prodotto che legato a numerosi decessi. E il suo consigliere commerciale Peter Navarro ha ribadito che «i dazi sono una buona cosa, rastrellano entrate e spingono la Cina a negoziare».
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