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Da corriere.it
A un certo punto della notte, l’Aula del Senato americano è sembrata il parterre di Wall Street. Dalla tribuna stampa si sono visti i senatori discutere a piccoli gruppi, poi sempre più grandi, con i «pontieri» spostarsi da una parte all’altra, alla ricerca di un accordo in extremis. Tra i più attivi i repubblicani Lindsay Graham e Bob Corker.
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Una trattativa in extremis e in diretta televisiva. Però niente da fare: a mezzanotte, ora di Washington, del 20 gennaio il governo federale è rimasto ufficialmente senza fondi. È lo «shutdown» che sospenderà lo stipendio di migliaia di dipendenti pubblici; una serie di servizi non solo burocratici; l’attività dei ministeri, fino alla gestione dei Parchi nazionali o dei musei. Restano garantiti i servizi essenziali, le funzioni militari e di sicurezza, il controllo del traffico aereo, la sorveglianza ai confini. I soldati, però, non saranno retribuiti anche se dislocati in missioni di guerra.
Il meccanismo
Le leggi di bilancio devono essere approvate da una maggioranza qualificata al Senato: occorrono almeno 60 sì su 100. I repubblicani dispongono di 52 seggi, anche se John McCain è rimasto a casa per curarsi.
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Le accuse di Trump
Lo strappo è tutto politico. Il presidente Donald Trump ha accusato i democratici di ostruzionismo, di aver anteposto la difesa «dell’immigrazione illegale» alla «sicurezza dei confini». Il leader della minoranza democratica al Senato, Chuck Schumer ha respinto l’addebito al mittente, accusando il presidente di aver rifiutato bozze di intesa già raggiunte tra i due partiti. Nel pomeriggio Schumer era stato invitato alla Casa Bianca, «avevo messo con riluttanza sul piatto anche i finanziamenti per il Muro, ma Trump ha rifiutato. Questo è un “Trump shutdown”», dirà nella notte, prendendo la parola nell’emiciclo.
Il nodo «Dreamers»
I democratici volevano e vogliono una sanatoria per i «Dreamers», i figli degli immigrati illegali che rischiano la deportazione, visto che la normativa che li proteggeva, la Daca (Deferred Action for Children Arrivals) scadrà il prossimo 4 marzo, dopo che Trump l’ha disdettata. Il confronto si è incartato proprio sul pacchetto immigrazione. E, per usare le parole di un depresso senatore repubblicano Billy Cassidy, «certamente non ha aiutato» la battuta devastante di Trump sui migranti provenienti da Haiti e da altri «Paesi di m.».
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Trattative aperte
L’ultimo «shutdown» risale al 2013, fu causato dai repubblicani con Obama alla Casa Bianca. Durò 16 giorni. Nonostante i toni duri usati da una parte e dall’altra, i negoziati non si sono interrotti. Schumer chiede un vertice alla Casa Bianca, con il presidente e i quattro leader dei due partiti alla Camera e al Senato: lo stesso Schumer e Nancy Pelosi da una parte; Mitch McConnell e Paul Ryan dall’altra.
I conservatori
Poco prima, però, la portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders, aveva diffuso un comunicato per precisare che «nessun negoziato sarà riaperto» fino a quando i democratici non accetteranno di votare per il ripristino delle funzioni governative. McConnell lo ha richiamato per «censurare la ridicola strategia dei democratici». In realtà il voto ha messo in luce una fronda insidiosa anche tra i conservatori: quattro di loro hanno bocciato la mozione McConnell che riprendeva il testo approvato giovedì 18 gennaio alla Camera dei rappresentanti.
La festa
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Ora si deve ricominciare. Nel programma ufficiale di Trump di oggi 20 gennaio era previsto il volo verso a Mar-a-Lago, per celebrare il primo anno nello Studio Ovale con una cena di gala.