Paolo Mastrolilli per ''La Stampa''
«Vedrete che alla fine i palestinesi verranno al tavolo, e dopo le elezioni anche gli iraniani chiederanno di fare un'intesa». È stato lo stesso Trump a spiegare la logica degli «Accordi di Abramo», firmati ieri alla Casa Bianca da Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein per normalizzare le relazioni. Il presidente ha aggiunto che «altri cinque o sei Paesi sono pronti a fare altrettanto». Infatti i principali obiettivi politici, oltre ai vantaggi economici, sono tre: costringere Abu Mazen a riaprire le trattative di pace, magari con la spinta dell'Arabia Saudita; isolare Teheran, obbligandola a negoziare un nuovo accordo con gli Usa; frenare le ambizioni della Turchia, impedendo a Erdogan di fomentare l'instabilità regionale attraverso i suoi alleati Fratelli musulmani.
L'alleanza con i sunniti
trump con netanyahu con i ministri degli esteri di bahrein e emirati arabi uniti
La politica mediorientale di Trump ha ruotato fin dall'inizio intorno al rilancio dell'alleanza con l'Arabia, e in generale con i sunniti, per bloccare l'espansionismo iraniano e sciita. La sua speranza era che in cambio di questa scelta re Salman lo avrebbe aiutato a convincere Abu Mazen ad accettare il piano di pace scritto dal genero Jared Kushner, perché gli arabi erano stanchi del conflitto perenne, volevano sviluppare le proprie economie, e fermare la Repubblica islamica era una priorità più importante di garantire ai palestinesi il loro stato.
Washington aveva forzato la mano tagliando i finanziamenti ad Abu Mazen, spostando l'ambasciata americana a Gerusalemme e riconoscendo l'occupazione israeliana del Golan. Quindi Kushner aveva presentato il suo piano in due fasi: quella economica, che attraverso i miliardi offerti doveva oliare le resistenze; e quella politica, che prevedeva i due Stati, ma deludeva le aspettative dei palestinesi. Abu Mazen non aveva ceduto, e gli Usa avevano aperto all'annessione dei Territori occupati in Cisgiordania da parte di Israele.
Questa mossa avrebbe messo in grave imbarazzo i Paesi arabi sunniti, perché avrebbe significato la fine del progetto dei due Stati, e aiutato Erdogan a scatenare la reazione dei Fratelli musulmani. Inoltre avrebbe regalato all'Iran altre munizioni per infiammare la regione. Davanti a tale prospettiva Mohammed bin Zayed, principe ereditario degli Emirati, ha fatto la sua proposta: congelate l'annessione, e noi normalizziamo le relazioni con Israele.
benjamin netanyahu e donald trump presentano il piano di pace per il medio oriente
In aggiunta, ha chiesto di comprare dagli Usa i caccia F35, che erano un ostacolo perché cambiavano i rapporti di forza a sfavore dello Stato ebraico. Kushner, finito in un vicolo cieco col suo piano di pace, ha capito che questa era una via d'uscita conveniente a tutti, e ha convinto Trump a seguirla. È' quella che l'ex inviato Usa per il Medio Oriente Martin Indyk ha definito su Foreign Affairs «diplomazia accidentale», nel senso che da un fallimento è nata un'opportunità. Dopo l'annuncio degli Emirati si è aggiunto il Bahrein, e si è arrivati alla cerimonia di ieri, che in realtà non è un accordo di pace perché i firmatari non erano in guerra.
Le pressioni su Abu Mazen
Un'autorevole fonte della Casa Bianca, durante un briefing con i giornalisti, ha spiegato quello che poi Trump ha detto in chiaro: l'obiettivo degli Accordi è cementare una coalizione anti-iraniana, ottenendo in cambio di spingere i palestinesi a fare la pace con Israele nei termini voluti da Kushner e Netanyahu. Questo darebbe anche un colpo alle ambizioni turche.
Il passo più importante per centrare l'obiettivo sarebbe il riconoscimento dello Stato ebraico da parte dell'Arabia Saudita, che la fonte della Casa Bianca non ha escluso: «Siamo ottimisti su tutti i colloqui in corso». L'adesione del Bahrein, satellite di Riad, viene percepita come la benedizione saudita. L'interpretazione più diffusa però è che re Salman sia contrario, e quindi il principe ereditario MBS dovrà aspettare, pur lanciando segnali inequivocabili.
donald trump con lo sceicco mohamed bin zayed al nahyan 6
Anche se questi passi decisivi sono rimandati, era importante firmare l'accordo prima delle presidenziali Usa per dare una mano a Trump. Tutti i protagonisti suppongono che se Biden vincerà il 3 novembre, riaprirà i canali diplomatici con l'Iran, tornerà a fare pressioni sui sunniti per questioni tipo il rispetto dei diritti umani, e complicherà la vita a Israele, pur non riportando l'ambasciata a Tel Aviv. Trump però scommette di restare alla Casa Bianca, ed è convinto che dopo il voto palestinesi e iraniani torneranno al tavolo alle sue condizioni