Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
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La Francia come la Cina. Donald Trump ha chiesto ai consiglieri «una reazione» all' imposta sui gruppi digitali approvata ieri dal Senato di Parigi. E il rappresentante per il Commercio, Robert Lighthizer, ha annunciato «l' apertura di un' indagine per stabilire se questa misura sia discriminatoria o irragionevole, se sovraccarichi o limiti il commercio con gli Stati Uniti».
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Lo strumento giuridico è l' Us Trade Act del 1974, usato già nel 2017 dall' amministrazione per denunciare «le scorrettezze» dei cinesi. Da lì è partita la guerra commerciale tra Washington e Pechino. La Francia è il primo Paese a imporre un' imposta sul fatturato dei big della Silicon Valley, il cosiddetto «Gafa», cioè Google, Apple, Facebook e Amazon, più di un' altra trentina di imprese digitali che hanno ricavi globali superiori a 750 milioni di euro, di cui 25 milioni accumulati a nel territorio transalpino.
Robert Lighthizer
L' iniziativa francese è stata letta come un tentativo per accelerare i negoziati multilaterali in corso all' Ocse, l' Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che ha sede a Parigi. L' effetto politico, però, non è quello atteso. La delegazione americana non ha mai mostrato particolare interesse alla trattativa. Ma ora le posizioni tra Francia e Stati Uniti diventano pericolosamente distanti.
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Trump stavolta può contare sull' appoggio di larga parte del Congresso e dei gruppi di pressione conservatori attivi a Washington. Ieri, per esempio, Groover Norquist, presidente dell' Americans for Tax reform, uno dei think tank più influenti della capitale, tanto da aver contribuito alla riforma fiscale di Trump, ha diffuso una nota durissima: «La nuova tassa rappresenta un drammatico e irreversibile cambiamento del sistema di tassazione internazionale. Noi auspichiamo che si possa evitare l' escalation. La tassa danneggia le relazioni transatlantiche e può innescare una spirale di rappresaglie economiche».
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In particolare gli americani contestano l' anomalia di un prelievo che colpisce il fatturato e non gli utili di impresa e che si scarica sulle filiali locali di gruppi internazionali.
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I francesi e gli europei, invece, stanno cercando da anni di fare versare a Google, Facebook una quota di tasse più in linea con il loro volume d' affari.
A questo punto gli sviluppi sono imprevedibili. Lighthizer, fautore di una linea intransigente, il gestore operativo dello scontro commerciale con la Cina, potrebbe suggerire di adottare dazi punitivi su alcuni prodotti tipici francesi. Si parla di vino, formaggi, ma anche articoli ad alto contenuto tecnologico.
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Nel frattempo sale la tensione politica. Il ministro dell' economia francese, Bruno Le Maire ha dichiarato: «Tra alleati storici non si dovrebbero usare minacce, quando ci sono dei problemi da risolvere. La Francia, comunque, è uno Stato sovrano, decide e continuerà a decidere in modo sovrano sulle sue regole fiscali».
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