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    NON SAPPIAMO COME FINIRÀ LA GUERRA MA SAPPIAMO CHE È INIZIATA CON UNA GRANDE CAZZATA DA PARTE DEI SERVIZI SEGRETI RUSSI – “WASHINGTON POST” CONFERMA LA SOTTOVALUTAZIONE DELLE CAPACITÀ DI RESISTENZA UCRAINE DA PARTE DEL CREMLINO – A MOSCA VENIVANO INOLTRATI RAPPORTI ROSEI, ERANO CONVINTI CHE L’OPERAZIONE SPECIALE SAREBBE COSTATA POCO – EPPURE IL DIRETTORE DELL’FSB ALEXANDER BORTNIKOV È RIMASTO AL SUO POSTO E L’UOMO CHE AVEVA CARTA BIANCA SULL’UCRAINA, SERGEY BESEDA, HA CONSERVATO LA POLTRONA...


     
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    Andrea Marinelli e Guido Olimpio per www.corriere.it

     

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    Non sappiamo come finirà la guerra, però sappiamo come è iniziata. Con un errore di valutazione da parte della Russia, a cominciare dalla sua intelligence. Il Washington Post ha dedicato un lungo articolo che conferma quanto trapelato negli scorsi mesi.

     

    Il Cremlino ha affidato la missione all’FSB e il servizio si è messo al lavoro. Ha aumentato la «sezione Ucraina» portandola a 160 funzionari, ha investito molto denaro mobilitando fonti coltivate da anni. Gli agenti si sono infiltrati per preparare il terreno. Hanno versato soldi nelle tasche degli informatori e di simpatizzanti, ma alcuni di questi hanno intascato il premio senza muovere un dito, altri hanno fornito indicazioni fuorvianti.

     

    Conclusione: venivano inoltrati a Mosca rapporti rosei, confortanti, erano convinti che l’operazione speciale sarebbe costata poco.

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    In alcuni casi gli emissari del servizio hanno invitato le loro sponde a preparare appartamenti, le case sicure, che dovevano ospitarli. E, stando a comunicazioni intercettate, sembra anche che avessero chiesto di «lasciare la chiavi» in modo da poterle usare rapidamente. Manco fossero alloggi di vacanze. Presunti segnali di arroganza enfatizzati dalla campagna propagandistica di Kiev.

     

    Il quotidiano ricorda come siano state due le figure di riferimento per Putin nel teatro ucraino. L’ex presidente Viktor Yanukovich, fuggito in Russia nel 2014, e l’oligarca Viktor Medvedchuk (in seguito arrestato).

     

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    Il progetto era quello di imporre un regime fantoccio a Kiev contando su questi ambienti e il bacino filo-russo. Il piano è saltato perché l’avanzata è stata bloccata dalla resistenza (inaspettata dall’Armata e dall’intelligence) mentre il presidente Zelensky è rimasto al suo posto.

     

    La struttura statale dell’Ucraina ha retto nonostante le previsioni negative americane, così come ha tenuto testa il dispositivo militare. La presunta cavalcata dei tank si è trasformata in una lenta agonia.

     

    Di nuovo i servizi hanno sbagliato nel presentare il quadro reale. Tuttavia, in quei giorni tumultuosi, team di sabotatori russi sono riusciti a organizzare colpi dietro le linee. È probabile che nella formulazione delle analisi l’FSB abbia ritenuto che l’apparato di sicurezza avversario, gigantesco, malato di corruzione e zeppo di individui disposti a collaborare con Mosca, fosse debole. Invece è sopravvissuto alla tempesta anche se in seguito ha subito epurazioni massicce, a riprova di infedeltà e faide personali.

     

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    Nella ricostruzione il giornale chiude sulle mancate conseguenze per i responsabili. Il direttore dell’FSB Alexander Bortnikov è rimasto al suo posto e l’uomo che aveva carta bianca sull’Ucraina, Sergey Beseda, avrebbe conservato la poltrona. Puntualizzazioni in contrasto con versioni trapelate in inverno: una sosteneva che Beseda fosse stato semi-pensionato, un’altra aggiungeva che il dossier era passato al Gru, l’intelligence militare, il «braccio» preferito dal neo-zar. Trattandosi di spie è sempre complicato avere le risposte precise, ancora di più se c’è di mezzo la Russia e il particolare momento. È stato detto e scritto che pochi sapevano della volontà di Putin di attaccare il «vicino», neppure tutti i generali, avvisati solo alla fine.

     

    Persino il ministro della Difesa Shoigu – ha scritto il Washington Post – aveva affermato in un colloquio con il collega britannico Wallace che l’invasione non ci sarebbe stata. Una bugia bella e buona, in contrasto con quanto aveva raccolto da mesi la Cia, sicura dell’aggressione imminente.

     

    Le nebbie attorno al conflitto restano fitte. La stessa Ucraina le alimenta per proteggere la propria strategia.

     

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    Dal terreno arrivano le «solite» notizie. Nuovi possibili raid, depositi di munizioni saltati per aria a Belgorod (Russia), attacchi alle basi in Crimea, incidenti dovuti alla cattiva manutenzione, missioni di commandos, tiri precisi delle artiglierie, droni-kamikaze, partigiani, sabotaggi, casualità, eventi non sempre decifrabili, annunci, smentite, colonne di fumo, binari divelti. Episodi diversi che finiscono nel medesimo «cesto» a prescindere dall’assunzione di responsabilità. Le news camminano da sole oppure sono sfruttate – non sempre - da Zelensky per dimostrare di avere capacità belliche e mantenere l’iniziativa. Gli ucraini fanno soffrire gli invasori, però, come rammenta un osservatore, ci vuole altro per riconquistare il terreno.

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