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    UBI BANCA DIVENTA UNA SPA CON UNA VALANGA DI SÌ DAI SOCI - DIPENDENTI E SINDACATI PREOCCUPATI PER LA TRASFORMAZIONE E PER LA POSSIBILE FUSIONE CON BANCO POPOLARE: “NON TOLLEREREMO FUSIONI CHE COMPORTINO UN BAGNO DI SANGUE IN TEMA DI ESUBERI”


     
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    Francesco Spini per “la Stampa”

     

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    Mesi di polemiche, appelli, ricorsi fatti e minacciati tra Tar e Corte Costituzionale. Ma alla prima storica assemblea che ieri a Brescia ha trasformato l' ormai ex Popolare Ubi Banca in una normale Società per azioni, la riforma passa con un consenso «bulgaro».

     

    Alla conta, i contrari si rivelano quattro amici al bar: solo 26 dei 5.032 soci presenti (2.500 fisicamente, gli altri per delega o collegati da Bergamo, Milano, Cuneo e Jesi) alzano la mano per dire di no. In 31 si astengono. Gli altri 4.975 soci (il 98,87%) danno un plebiscitario via libera alla prima trasformazione dettata dalla riforma Renzi.

     

    A Roma esultano. Dal ministero dell' Economia esprimono «grande soddisfazione» per la prima prova sul campo superata «con un elevatissimo consenso». E si augurano «che questa trasformazione inneschi un processo di rafforzamento del settore». Secondo il presidente del consiglio di sorveglianza, Andrea Moltrasio, il risultato deriva dalla «maturità» di chi era in platea. Dimostra «la preparazione e la comprensione sul tema della trasformazione» da parte dei soci, «frutto di un lavoro di ascolto e condivisione» fatto dalla banca.

     

    Anche perché, aggiunge il presidente del consiglio di gestione, Franco Polotti, «le maggioranze silenziose sono spesso più consapevoli delle minoranze chiassose».

    BANCA UBI BANCA UBI

    I 5 consiglieri «contro» Fuori dal coro dei «sì» ci sono anche 5 consiglieri di sorveglianza eletti dalla lista «Ubi, Banca Popolare!»: tra i 25 contrari ci sono infatti Luca Cividini e Dorino Agliardi; tra i 31 astenuti figurano Maurizio Zucchi, Marco Gallarati e Andrea Resti. Ma il seguito in platea è assai scarso. Da giorni si respirava «un' aria di rinuncia», racconta un sostenitore del no.

     

    «I più preoccupati della trasformazione erano i dipendenti, ma con il voto palese si sono trovati fuori gioco. Provi lei a fare una sfilata davanti ai colleghi con la carta di identità in mano per registrare il voto contrario...». La prossima assemblea che, in primavera, eleggerà i nuovi vertici sarà molto diversa. Conteranno le azioni (fino al 2017 ci sarà un limite ai diritti di voto al 5%), non le teste.

     

    UBI BANCA index UBI BANCA index

    E, al di là dei soci che «si organizzeranno tra loro», come dice Moltrasio, potranno farsi valere anche i 70 mila azionisti non soci (che non votavano) e i fondi che hanno il 45% del capitale. In assemblea c' è malinconia (anche l' ex presidente Emilio Zanetti, a margine, dichiara la sua «emozione») ma pochissima tensione: «Massiah, mi fido di lei, non ci tradisca!», dice una socia 85enne all' ad, che si attende un limitato esercizio del diritto di recesso.

     

    Intervengono molti sindacalisti, tra loro il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni. Il quale avverte: «Non tollereremo fusioni che comportino un bagno di sangue in tema di esuberi».

    Cautela sulle aggregazioni Già le fusioni. L' ad Victor Massiah è cauto: «Non è ovvio che un' operazione di aggregazione equivalga alla creazione di valore», dice. La nomina degli advisor, afferma, «la faremo quando avremo una maggior comprensione di quanto accade sul mercato, che è complesso. Basta vedere che, in tema di fusioni, si è gridato "al lupo!" per un anno e non è successo niente».

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    L' ad spiega che comunque Ubi «parla con diverse banche, tra cui il Banco Popolare», anche se «è prematuro qualsiasi tipo di commento». E il Monte dei Paschi? «Escludo che il governo possa» imporre a Ubi di intervenire su Siena. «Non possono mettersi loro a organizzare le aggregazioni e non lo fanno. Possono auspicare, sollecitare, ma scegliamo noi». E se Mps bussa alla porta «non ho motivo di non rispondere».

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