Cristina palazzo per repubblica.it
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Un altro colpo per i big della curva bianconera: il Daspo decennale. Sull’onda dell’inchiesta Last Banner, 38 esponenti di spicco del mondo ultrà sono stati colpiti dal provvedimento del questore di Torino, Giuseppe De Matteis. Per quattro di loro il "Daspo" - grazie alla prima attuazione in Italia della normativa del Decreto sicurezza Bis - varrà dieci anni con obbligo di firma perché i tifosi erano già stati colpiti da un dispositivo simile. Sono il capo dei Drughi Dino Mocciola, Umberto Toia dei "Tradizione", Salvatore Cava e Domenico Scarano. Ai primi due è vietato usare smartphone e dispositivi, ma anche armi e spray, nel contesto delle partite per tutta la durata del Daspo.
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“È uno strumento importantissimo che continueremo a utilizzare nel monitoraggio della tifoseria - spiega Carlo Ambra, capo della Digos di Torino che ha fatto scattare il blitz il 16 settembre nell’ambito dell’inchiesta Last Banner dopo un anno di indagini -. Oltre ai Daspo usiamo anche il regolamento di uso dell’impianto sportivo che qui a Torino abbiamo integrato di intesa con una serie di azioni per contrastare la violenza. Ma il nostro lavoro non è finito, continuerà con la massima attenzione, è importante che lo stadio sia un luogo sicuro”.
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“Prima il tempo massimo per il dispositivo Daspo era di 8 anni - spiega la dirigente della divisione polizia anticrimine di Torino, Barbara De Toma -. Con questo decreto è possibile applicare misure, come vietare l’uso di dispositivi tecnologici, previste finora solo per sorvegliati speciali e destinatari di avvisi orali. Inoltre si può applicare il Daspo per chi manifesta pericolosità in altri modi o luoghi, anche fuori dallo stadio perché potrebbe esserci la possibilità che in curva vengano compiute azioni violente”.
Quindici dei tifosi daspati hanno l’obbligo di firma in commissariato durante le partite per consentire di accertare la loro lontananza dagli stadi, per altri 23 il Daspo è quadriennale e non c’è obbligo.
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Il blitz della Digos di Torino risale a una settimana fa, dopo un anno di indagine del gruppo criminalità organizzata della procura torinese. I capi ultrà divisi tra carcere e obbligo della firma aspettano il tribunale del Riesame. Giuseppe Franzo, fondatore degli ultra “Quelli di via Filadelfia”, uno degli undici capi ultrà arrestati una settimana fa si è presentato ieri davanti ai giudici della sezione del tribunale alla quale si possono impugnare le misure cautelari. Così come Umberto Toia, altro “comandante” della curva bianconera, Massimo Toia e Corrado Vitale, che hanno l’obbligo di firma. Dino Mocciola, considerato il capo dei capi degli ultrà, ha depositato invece solo ieri l’istanza di scarcerazione al Riesame. Mocciola è in carcere a Ivrea da lunedì scorso. Il suo nome è centrale nell’inchiesta sulle estorsioni dei tifosi alla società bianconera per mantenere i privilegi in curva. Un’indagine che ha colpito i capi dei Drughi, dei Tradizione, dei Viking e dei Nucleo 1985, accomunati dagli stessi capi d’accusa ma non per l’associazione a delinquere che è contestata solo a Dino Mocciola e ai suoi “colonnelli”.
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