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    “TI PREGO, PORTAMI VIA DA QUI. PAPÀ NON MI VUOLE BENE, VOGLIO AMMAZZARLO” - UN 53ENNE ROMANO FINISCE A PROCESSO PER MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: TENEVA I SUOI DUE FIGLI SEGREGATI IN CASA CON LE SERRANDE ABBASSATE IN APPARTAMENTO E GLI IMPEDIVA TUTTO – L’UOMO È STATO FERMATO DOPO LA RICHIESTA D’AIUTO DI UNO DEI NIPOTI ALLO ZIO: “TENEVA PRIGIONIERI NELLA CASA PIENA DI MUFFA. LA MOGLIE ERA SUA SUCCUBE. I RAGAZZI RISOLVEVANO I PROBLEMI PICCHIANDOSI” – LA MOGLIE: “NON RIUSCIVO AD AGIRE, ERO BLOCCATA IN QUELLA SITUAZIONE…


     
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    Da www.open.online

     

    La lista dei divieti era lunghissima: i bambini non potevano parlare con nessuno a scuola

    Teneva i suoi due figli segregati in casa alle Capannelle. Con le serrande abbassate in un appartamento fatiscente con la muffa alle pareti. E li prendeva anche a cinghiate. Il 53enne J. S. ora è imputato davanti al tribunale di Roma per maltrattamenti in famiglia. 

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    La denuncia, racconta oggi Il Messaggero, risale al 2020: «Uno dei miei nipoti ha detto a mia sorella: “ti prego, portami via da qui, voglio una vita normale – ha riferito lo zio dei due minori, nella testimonianza resa ieri -. Papà non mi vuole bene, voglio diventare grande e pagare il riscatto per mio fratello. Voglio ammazzare mio padre”. Lui teneva prigionieri e la moglie (sua moglie) era sua succube, prigioniera dell’amore che provava per lui». 

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    La lista dei divieti era lunghissima: i bambini non potevano parlare con nessuno a scuola. E sempre secondo lo zio i ragazzi «risolvevano i problemi picchiandosi», sempre su indicazione del papà. «Mio marito riprendeva i bambini con toni alti e parole offensive: “encefalitico, noncapisciunc…o”. Voleva che fossero al sicuro», ha raccontato la madre ai giudici. «Gli dicevo che dovevano socializzare e fare sport, ma lui mi minacciava di chiamare i carabinieri». 

     

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    Il 6 agosto del 2020 la violenza verbale è diventata anche fisica: «Stavo lavando i piatti e ho sentito delle urla dalla stanza da letto e quando sono andata a vedere ho trovato mio marito che stava con il braccio sul collo di mio figlio piccolo. Il più grande ha cercato di difendere il fratello, ma il padre gli ha detto: “Rimani lì se non vuoi finire in ospedale”. Io non riuscivo ad agire, ero bloccata in quella situazione». Lui ha si è difeso così: «Ero un padre e mi hanno sparato in faccia tutti. Esigo che venga tolto il mio cognome a quei ragazzi. Mi hanno strappato il cuore». 

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