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Giuseppe Del Bello per www.repubblica.it
Idrossiclorochina "vietata": 140 medici insorgono e attaccano l'Aifa. Sì, poi no, adesso non si sa. Regna incertezza e serpeggiano le ipotesi più disparate (anche maligne per eventuali interessi commerciali) sul farmaco che, da decenni in uso per la profilassi della malaria e nel trattamento di patologie reumatologiche, si sarebbe dimostrato efficace a contrastare gli effetti del coronavirus.
"Ma decidere se un protocollo terapeutico può essere prescritto o meno non è come sfogliare una margherita per sapere se lui o lei ti ama", premette Serafino Fazio, ex professore di Medicina interna alla Federico II di Napoli che, insieme ad altri colleghi, ha sottoscritto, mettendo con le spalle al muro l'Agenzia del Farmaco, la richiesta di "annullamento della nota del 26 maggio". La nota che sospese "l'autorizzazione all'utilizzo dell'idrossiclorochina per il trattamento del Covid-19 al di fuori degli studi clinici".
L'istanza di revoca
Molto più di un appello. L'istanza dei camici bianchi (quasi tutti impegnati come medici di medicina generale nell'emergenza Sars-Cov2, soprattutto nel nord del Paese), redatta dagli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino e indirizzata al ministero della Salute oltre che all'Aifa, parte dalla confusione scaturita dalle possibili conseguenze negative dell'idrossiclorochina. E mira alla revoca della nota, per consentirne la prescrizione precoce sotto controllo medico.
La storia
Clinici e farmacologi sapevano che l'idrossiclorochina, come tanti altri della sua classe, va somministrato con cautela ai soggetti il cui elettrocardiogramma rivela il cosiddetto "tratto Qt" più lungo del normale. Un'anomalia (spesso genetica) che, se non monitorata durante il trattamento, può sfociare in un'aritmia cardiaca. Agli inizi della pandemia, tra i tanti farmaci già utilizzati per altre patologie, si iniziò a somministrare anche il Plaquenil (nome commerciale dell'idrossiclorochina). Il risultato si dimostrò spesso positivo: se assunto nei primi giorni dall'insorgenza dei sintomi, riusciva a bloccare la progressione della malattia e, soprattutto, a evitare la conseguenza peggiore, cioè l'approdo in Terapia intensiva
I contrasti
La comunità scientifica subito si spaccò: da una parte i sostenitori della validità terapeutica ottenuta sui pazienti trattati, dall'altra gli scettici che esprimevano seri dubbi su casi ritenuti "aneddotici". Torto e ragione per entrambe le fazioni, di fatto l'idrossiclorochina sarà autorizzata dall'Aifa il 17 marzo, permettendo anche l'avvio della sperimentazione clinica e consentendo la somministrazione territoriale e ospedaliera.
Poi, il putiferio. L'Oms, il 25 maggio, blocca di punto in bianco le sperimentazioni avviate sulla scorta di un articolo (autore Mandeep Mehra) che, pubblicato sulla prestigiosa rivista britannica The Lancet, sottolinea la pericolosità del farmaco, soprattutto dal punto di vista cardiologico. L'Aifa si allinea, si rifà alla rivista e, a sua volta, ne limita la somministrazione ai soli studi già in corso, ma ne vieta la prescrivibilità: il medico che decidesse di somministrarlo se ne assumerebbe in proprio la responsabilità.
Il dietrofront
Un alt dunque generale a cui però seguono vari dietrofront. In primis quello di Lancet che ritratta con un audit alcune discrepanze colte nel lavoro pubblicato in precedenza. Una marcia indietro, persino degli stessi autori dello studio che hanno chiesto nelle ultime ore di ritirarlo. Li segue a ruota l'Oms che riammette le sperimentazioni intraprese, mentre non recede dal suo veto l'Aifa. Un'intransigenza che fa esplodere la rabbia dei medici. Così scrivono nell'istanza: "Atteso il rilevante impatto che tale sospensione ha e potrebbe avere nella gestione dell'epidemia da Covid-19, alla luce dell'assenza di valide alternative terapeutiche, contestiamo la decisione adottata superficialmente e in contrasto con le preliminari evidenze scientifiche, tra cui i rilevanti dati provenienti dal territorio (Novara, Piacenza, Alessandria, Milano e Treviso)".
L'uso precoce è utile
Osserva Pietro Luigi Garavelli, direttore di Malattie infettive dell'ospedale universitario Maggiore della Carità di Novara: "Il Plaquenil si è rivelato efficace nel curare i pazienti nelle fasi inziali della malattia. Mi riferisco ai soggetti che da poco tempo presentano febbre accompagnata da tonsillite e/o tosse secca e/o dispnea e, talvolta, da diarrea. Non altrettanto efficace si è dimostrato nelle fasi più avanzate dell'infezione, quindi in pazienti ricoverati. Insomma, il Plaquenil è valido se somministrato all'inizio e non successivamente. Tra l'altro, sotto controllo del medico è un farmaco maneggevole che ci ha consentito di trattare i pazienti a domicilio, evitandone il ricovero e il tracollo del sistema sanitario. È questa la base del protocollo "Covid a casa" definito nell'alessandrino.
Con la sospensione dell'Aifa è stata tolta un'alternativa. C'è il Remdesivir (circa 1000 euro a fiala, ndr), che inibisce alcuni meccanismi di replicazione del virus, ma è limitato all'uso ospedaliero, a pochi centri selezionati e non disponibile in grande quantità. Il meccanismo del Plaquenil? Da un lato rende l'ambiente cellulare ostile alla replicazione virale, dall'altro esercita un'azione immunomodulante, ben sapendo che gli effetti dell'infezione da Covid-19 in fase avanzata sono dovuti alla disregolazione del sistema immunitario".
L'ipotesi
Secondo l'avvocato Grimaldi, la situazione potrebbe evolvere con un ricorso al Tar. "Alla luce della richiesta di revoca della sospensione all'utilizzo dell'idrossiclorochina e della contestuale istanza di accesso agli atti - dice - la decisione definitiva, in assenza di risposta dell'Aifa, potrebbe passare alla competenza del Tribunale amministrativo. Lo renderebbe possibile, in tempi brevi, proprio il passo indietro compiuto dall'Oms".
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